Benjamin Walter

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Walter Benjamin

Benjamin Walter è uno scrittore asistematico, che privilegia la forma del saggio e dell'aforisma, e concepisce come compito specifico del critico il prendere posizione e la negazione dell'ordine esistente.


Biografia

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Walter Benjamin nasce a Berlino il 15 luglio 1892, da Emil, antiquario e mercante d'arte, e Paula Schönflies, di famiglia d’origine ebraica e d’alta borghesia.

Dei suoi primi anni rimane il visionario scritto autobiografico degli anni Trenta Infanzia berlinese intorno al millenovecento.

Dal 1905 per due anni si reca al "Landerziehungsheim" in Turingia, dove fa esperienza del nuovo modello educativo impartito da Gustav Wyneken, il teorico della Jugendbewegung, il movimento giovanile di cui Benjamin farà parte fino allo scoppio della Grande Guerra.

Nel 1907 torna a Berlino, terminando gli studi secondari nel 1912.

Nello stesso anno comincia a scrivere per la rivista "Der Anfang", influenzata dalle idee di Wyneken.

Dall'università di Berlino si trasferisce a quella di Friburgo in Bresgovia, dove, oltre a seguire le lezioni di Rickert, stringe un forte sodalizio col poeta Fritz Heinle, che morirà suicida due anni dopo.

Dopo l'inizio della guerra, riesce a scampare l'arruolamento, ma rompe con Wyneken perché quest'ultimo aderisce entusiasticamente al conflitto.

Si trasferisce a Monaco nel 1915, dove segue i corsi di fenomenologia di Moritz Geiger e inizia un'amicizia con Gerschom Scholem, che mantiene fino alla fine dei suoi giorni.

L'anno dopo incontra Dora Kellner, che sposa nel 1917: dalla relazione nasce nel 1918 il figlio Stefan.

La coppia si trasferisce a Berna, quando Benjamin è già autore d’importanti saggi (Due poesie di Friedrich Hölderlin; Sulla lingua in generale e sul linguaggio degli uomini).

Nel 1919 si laurea in filosofia con Herbertz, discutendo una tesi sul Concetto di critica d'arte nel Romanticismo tedesco.

In Svizzera fa la conoscenza di Ernst Bloch, con cui avrà fino alla fine un rapporto controverso, tra entusiasmi e insofferenza.

Nel 1920, tornato a Berlino, progetta senza successo la rivista "Angelus Novus", scrive Per la critica della violenza e traduce Baudelaire.

Nel 1923 conosce il giovane Adorno Theodor.

Il suo matrimonio entra in crisi nel 1924, durante un lungo soggiorno a Capri dove conosce e s'innamora d’Asja Lacis, una rivoluzionaria russa che lo induce ad avvicinarsi al marxismo.

Pubblica un saggio su Le affinità elettive per la rivista di Hugo von Hoffmanstahl.

Nel 1925 l'università di Francoforte respinge la sua domanda d’abilitazione all'insegnamento accademico, accompagnata dallo scritto Sull'Origine del dramma barocco tedesco, pubblicato infine tre anni dopo, insieme agli aforismi di Strada a senso unico.

In questo periodo Benjamin si mantiene con la sua attività di critico e recensore per la "Literarische Welt" e traduttore (di Proust, con Franz Hessel) e viaggia tra Parigi e Mosca, cominciando a maturare il progetto (destinato a rimanere incompiuto) di un'opera sulla Parigi del XIX secolo (il cosiddetto Passagenwerk).

Nel 1929 stringe un profondo rapporto con Brecht Bertolt, che negli anni Trenta, dopo l'avvento del Terzo Reich, lo ospita a più riprese nella sua casa in Danimarca.

Il 1933 segna, infatti, la definitiva separazione dal territorio Germanico.

Esule a Parigi, trascorre lunghi periodi ad Ibiza, Sanremo e Svendborg.

Per la "Jüdische Rundschau" esce Franz Kafka, ma le sue condizioni economiche si fanno sempre più precarie: l'assegno garantitogli dallo "Zeitschrift für Sozialforschung" d’Adorno e Horkheimer, quindi pubblica nel 1936 L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica e Eduard Fuchs, il collezionista e lo storico nel 1937, diventa il suo unico mezzo di sussistenza.

Nel 1938-39 lavora su Baudelaire (D’alcuni motivi in Baudelaire) e dopo su "tesi Sul concetto di storia" perchè lo scoppio della seconda guerra mondiale lo induce a scrivere di getto quest’ultimo testo.

Internato nel campo di prigionia di Nevers perché cittadino tedesco, è rilasciato tre mesi dopo.

Abbandona tardivamente Parigi e cerca di ottenere un visto per gli Stati Uniti.

Nel settembre del 1940 è bloccato alla frontiera spagnola dalla polizia: nella notte tra il ventisei e il ventisette si toglie la vita ingerendo una forte dose di morfina.

Ai suoi compagni di viaggio viene concesso di passare il confine il giorno seguente.

Opere

Nel 1916 scrive Sulla lingua in generale e sulla lingua degli uomini; Benjamin descrive una situazione originaria di perfetta corrispondenza fra parole e cose, realtà e linguaggio, conseguenza dell'attribuzione da parte di Dio dei nomi alle cose.

Questa iniziale trasparenza delle cose nei nomi s'interrompe col peccato originale.

L'originaria lingua divina si frantuma in una pluralità di linguaggi umani privi ormai della forza rivelatrice della lingua divina e ridotti a semplici strumenti di comunicazione.

Un testo molto interessante, ma meno famoso è L’infanzia berlinese, che è un'anomala autobiografia rielaborata più volte (fra il 1932 e il 1938) sulla base della precedente "Cronaca berlinese" e d’articoli apparsi sulla "Frankfurter Zeitung".

Al centro della narrazione sta un mondo d’immagini, luoghi e oggetti sepolti e ritrovati, attraverso cui la città pare educare il bambino scelto come interlocutore segreto.

Nei trentadue brani della raccolta, Benjamin ha la pazienza di dare nuovamente voce ai viali, agli stagni, al giardino zoologico, ai mercati coperti, alla pista di pattinaggio, alla residenza estiva presso Potsdam.

Il saggio del 1924-25 intitolato Affinità elettive è incentrato sull’interpretazione dell’opera d’arte: la “conciliazione” proposta o suggerita dall’opera d’arte è solo un’apparenza mistificante; la pretesa totalità dell’arte è falsa e smentita dall’intima frammentarietà del prodotto artistico.

Nell’opera d’arte non è immediatamente visibile neppure una dimensione utopica-positiva; questo è semmai presente nella forma dell’inespresso, del non-detto dell’arte, in altre parole in una speranza, che può cogliere solo chi n’è radicalmente privo.

Benjamin nel 1928 scrive L’origine del dramma barocco: questo saggio presenta un discorso sui concetti di simbolo e allegoria, giunge ad una rivalutazione dell'arte allegorica e ad una corrispondente svalutazione dell'arte simbolica.

Questa opera non servì a far ottenere a Benjamin l'abilitazione in filosofia all'Università di Francoforte, che in ogni modo continuò a lavorare come saggista e traduttore.

Una delle opere principali scritte da Benjamin Walter è L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica, un testo molto affascinante, ma piuttosto ambiguo.

Benjamin dice: L'opera d'arte prima dell'avvento dell'epoca della sua riproducibilità tecnica, all’incirca fine ottocento primi novecento, aveva statuto d’autenticità ed unicità.

Un prodotto artistico, ad esempio un quadro, era un pezzo unico e originale, non fabbricato in serie, ed autentico, ossia irripetibile e destinato ad un godimento estetico esclusivo nel luogo in cui si trova.

Questo hic et nunc dell'opera, questa sua originalità, unità, autenticità, irripetibilità, esclusività di godimento estetico viene da Benjamin chiamata "aura".

L’”aura” è concepita come qualcosa d’irripetibile che era presente nelle opere antiche, un qualcosa di originario che ne garantiva l’autenticità, proveniente da manipolazioni tecniche che gli dovevano apparire ogni volta uniche e non totalmente imitabili e dal fatto che l’espositività dell’opera, quella che oggi si chiamerebbe la sua fruizione, era limitata a pochi, non percepita come oggi da ognuno e ovunque, come accade per ogni immagine che sia realizzata in serie.

La riproducibilità, secondo Benjamin, distruggerebbe l’”aura” dell’opera d’arte.

L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica è sottoposta ad un processo di "decadenza dell'aura".

Tanto è unico un quadro quanto labile e ripetibile la foto.

Ma se il godimento dell'aura di un'opera d'arte è tutto sommato una prerogativa aristocratico-umanistica, ossia un'esperienza estetica privilegiata di un fine connaisseur o di una ristretta cerchia di happy few, l'opera d'arte riprodotta è invece nata avendo come destinazione le masse: molteplici, ingorde, mutevoli per definizione.

La contraddizione del testo di Benjamin nasce proprio qui. Poiché egli -nella Premessa teorica di questo testo e nella conclusione - si propone di formulare dei concetti nuovi nel campo della teoria dell'arte accordabili alle «esigenze rivoluzionarie» del materialismo storico, non si vede come possa tale finalità accordarsi invece con un processo definito di "decadenza" dell'esperienza estetica - sempre più priva di "aura"-, con le esigenze comunque sempre più pressanti delle masse di poter adire l'estetico.

Per quanto ci si sforzi di leggere tra le righe del testo non si capisce insomma fino a che punto la perdita dell'aura sia un bene o un male per Benjamin e dunque un bene o un male per le masse o un bene o un male in sé e per sé.

Importanti sono anche le Tesi sulla filosofia della storia (1940) in cui il tradizionale concetto di tempo, caratterizzato da linearità, continuità e necessario progresso, viene rifiutato in nome di una più originaria esperienza della temporalità, in cui il rapporto tra passato e futuro è fatto d'interruzioni e rotture.

Egli delinea una concezione della storia opposta a quella di Hegel.

Secondo Benjamin è infondata la rappresentazione della storia come un processo finalistico, dove il futuro ci riserva necessariamente un progresso rispetto al passato: l’esperienza umana, individuale e collettiva, smentisce la pretesa hegeliana.

Potremmo avere un futuro diverso se diventeremo consapevoli dei drammi della civiltà, del “cumulo di macerie” che ci siamo lasciati alle spalle e se sapremo cogliere gli istanti messianici di cui è ricco il tempo presente.

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Poetica

Benjamin è scrittore asistematico che avvantaggia la forma del saggio e dell'aforisma, e concepisce come compito caratteristico del critico il prendere posizione e la negazione dell'ordine esistente.

Nei suoi lavori di critica letteraria recupera la pratica del commentario ebraico, diretta a restituire all'originale la forza distruttiva di cui neppure il suo autore era cosciente.

Il linguaggio, ha una funzione espressiva e non strumentale perciò attraverso questo, l'uomo deve dare voce alle cose mute.

Teoria critico-materialistica e ideale utopico-messianico si congiungono in modo originale nell'opera di Benjamin.

Nella genesi del suo spirito sono presenti tre motivi della filosofia romantica (argomentazione della sua tesi di laurea sul Concetto di critica d'arte nel romanticismo tedesco, del 1918).

1. Il pensiero nietzscheano (per le osservazioni alle pretese sistematico-totalizzanti della ragione).

2. L'atteggiamento ermeneutica critico nei confronti della tradizione culturale e della realtà sociale.

3. L'attenzione per il rapporto tra i contenuti del pensare e i suoi modi espressivi, l'esperienza delle avanguardie artistico-letterarie, (per tutto ciò di rivoluzionario e di dirompente nei confronti di una concezione ottimistica-retorica dell'uomo).

Un elemento fondamentale per la formazione e del pensiero di Benjamin è il suo ebraismo.

Questo giudaismo rivive in molteplici aspetti (a cominciare dalla lacerante tensione tra attesa messianica e rivalutazione della memoria storica), attraverso il rapporto con Gershom Sholem, un grande studioso della mistica ebraica.

E' al tema di una lingua pura, immediatamente simbolica (cui si oppone la violenza operata dall'astrazione e dal giudizio concettuale proprio delle moderne concezioni del pensiero e del linguaggio) che sono dedicati i primi saggi di Benjamin:

Sulla lingua in generale e su quella degli uomini (1916).

Per la critica alla violenza (1921); Il compito del traduttore (1923).

Sull'interpretazione dell'opera d'arte è incentrato invece il Saggio sulle affinità selettive di Goethe (1924-1925).

In quel saggio s'annunciano i presupposti decisivi per le riflessioni estetiche di Benjamin.

La conciliazione proposta o suggerita dall'opera d'arte è solamente un'apparenza mistificante.

La pretesa totalità è falsa e smentita dall'intima (benché talora non evidente) frammentarietà del prodotto artistico.

Nell'opera d'arte non è immediatamente visibile una dimensione utopico-positiva.

Questa è presente semmai nella forma dell'inespresso, "del non detto" dell'arte, in altre parole in una speranza che peraltro può soltanto cogliere solamente chi n'è radicalmente privo.

L'opera più compiuta di Benjamin, unica che egli poté portare a termine è “L'origine del dramma barocco tedesco” (1928).

Questo celebre saggio, attraverso una ricca analisi delle forme e figure del dramma barocco (Trauerspiel), svolge un acuto ed emozionante discorso sui concetti di simbolo e allegoria e più in generale sull'essere e sul conoscere umano.

Il saggio si presenta come impossibile tentativo di ripetere storicamente la tragedia greca.

Benjamin presenta, difatti, l'allegoria barocca come critica dell'aspirazione classicista a riunificate la scissione originaria prodottasi nell'uomo ed espresso secondo due schemi:

A. Nella simbologia tecnologica (il creatore e la creatura, la caduta e la redenzione…).

B. In alcune accoppiate antinomie della tradizione occidentale (il finito e l'infinito, il sensibile e il soprasensibile…).

L'opera di Benjamin fornisce sotto un rinnovato profilo, la chiave preziosa per interpretare alcune fondamentali e insolubili produzioni dell'arte (e della coscienza) moderna.

Benjamin fa, vedere come la tensione a raggiungere nell'esperienza artistica il "simbolo" (e quindi l'unificazione effettiva di cosa, linguaggio e significato) irrompe continuamente in "allegoria".

In altre parole esiste una dialettica eccentrica (priva di centro) tra il figurato nell'espressione, le intenzioni soggettive che lo hanno prodotto e i suoi autonomi significati.

Per questo scacco del simbolico la malinconia diviene, nell'indagine di Benjamin, l’impulso fondamentale del soggetto moderno.

Ad un altro livello, ciò che il trionfo dell'allegoria rivela è un'insanabile rottura, una sempre più radicale perdita di senso, un decadimento dell'umanità e della storia.

Dagli anni Trenta Benjamin si avvicinò alla "Scuola di Francoforte" e pur senza entrare a far parte organica del gruppo, egli collaborò con la "Rivista per la ricerca sociale". Ed ebbe un'intensa, seppur travagliata, amicizia con Adorno.

Le molteplici differenze tra i due pensatori non devono far dimenticare (come talora è accaduto) alcune loro innegabili prossimità d'interessi e pure, entro certi precisi limiti, di convinzioni teoriche.

Benjamin, al pari d'Adorno, respinge il privilegiamento dell'esistente, l'ubriV della ragione positivista, la barbarie dell'organizzazione capitalistica e della società.

Entrambi (ma soprattutto Benjamin) rifiutano un'interpretazione e una pratica della riflessione come ricerca del sistema, del fondamento assoluto.

La filosofia, secondo entrambi, deve soprattutto mettere in luce le contraddizioni celate sotto le ingannevoli apparenze della realtà con il bisogno di felicità e d'emancipazione insito nel mondo umano.

Tale bisogno si esprime (spesso in modo cifrato) nelle situazioni, nei testi, negli eventi più disparati.

Perciò, ambedue i pensatori producono filosofia interrogando le testimonianze o i segni più eterogenei e talvolta sconcertanti.

Uno dei più caratteristici ed emozionanti saggi di Benjamin, è l'incompiuta opera su Parigi come "capitale del XIX secolo".

Benjamin tenta di afferrare il senso di un'intera epoca storica giustapponendo l'analisi della poesia di Baudelaire e quella dell'assetto urbanistico parigino, l'interpretazione di nuove figure psico-antropologiche (il "flaneur", il "dandy", la prostituta) e l'esame dei caratteri della produzione e circolazione delle merci.

Egli dedica Molta attenzione alla figura di Baudelaire, di cui fu traduttore.

In particolare, distingue il concetto di "esperienza" dal significato di "esperienza vissuta" perché la seconda permette di rielaborare razionalmente, attraverso la riflessione, gli "shock" della vita, così da impedirne la penetrazione nel profondo e da difenderne la coscienza dal loro assalto.

La semplice "esperienza" è invece quella subita direttamente dallo shock, senza mediazione.

Quest'ultimo è il caso di Baudelaire, che nella vita cittadina subisce incessantemente l'esperienza delle "scosse" prodotte dagli urti della folla, dalle luci, dalle novità dei prodotti e delle situazioni e dall'esistenza stessa dentro una metropoli moderna.

La folla sarebbe perciò la "figura segreta " (il suggello e insieme la potenza nascosta) della sua poesia.

Quella moltitudine, pur non essendo mai compiutamente rappresentata, è tuttavia una presenza ossessiva nell'opera di Baudelaire.

Quella Folla non va ricercata tanto nei temi e nei contenuti, quanto nella forma poetica, nel ritmo nervoso, ora ondulato, ora franto, del verbo baudelairiano.

Benjamin scrive: "Questa folla, di cui Baudelaire non dimentica mai l'esistenza, non funse da modello a nessuna delle sue opere ma essa è iscritta nella sua creazione come figura segreta ".

Nella propria anatomia della modernità, si è spesso rivelato più aperto e spregiudicato d'Adorno.

Benjamin prima s' interroga sul fenomeno della droga e dopo analizza con simpatia le produzioni socio-culturali in apparenza minori, come la letteratura per l'infanzia e il "feuilleton", la fotografia e i giocattoli.

Un'altra e più sostanziale diversità fra i due filosofi è l'atteggiamento nei confronti dell'arte.

Adorno è convinto che il fenomeno artistico sia un'esperienza particolarmente eloquente del disagio della civiltà, Benjamin ne ha una visione meno aristocratico-elitaria rispetto a quella dell'amico.

Una rilevante testimonianza di ciò è offerta dal saggio L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica (1936-37).

In questo, Benjamin contrappone ad ogni interpretazione mistico-esoterica del fenomeno artistico una concezione secolarizzata del fatto.

Prodotta da uomini per altri esseri umani, l'arte deve essere studiata "materialisticamente ", sia nei suoi modi d'elaborazione e di rappresentazione finanche tecnica (non esclusi quelli fotografici e cinematografici) sia nei particolari schemi percettivi del suo beneficiario.

Lo sviluppo delle forze produttive, rendendo tecnicamente possibile la riproducibilità delle opere d'arte (pensiamo alla televisione, ai cd, alla radio, al computer, ecc), ha messo fine all'alone d'unicità, originalità e irripetibilità dell'opera d'arte.

Quest'unicità è come un '"aura " che circonda l'opera di sacralità agli occhi della borghesia, la quale proietta nella realizzazione artistica i suoi sogni e ideali aristocratici.

L'aura è quindi l'alone ideale che rende sensibile al fruitore l'unicità non replicabile dell'atto creativo.

Nella società di massa, in cui regna la riproducibilità dell'opera d'arte, il fare artistico "può introdurre la riproduzione dell'originale in situazioni che all'autentico stesso non sono accessibili.

In particolare, gli permette di andare incontro all'utente, nella forma della fotografia o del disco.

La cattedrale abbandona la sua ubicazione per essere accolta nello studio di un amatore d'arte e il coro che è stato eseguito in un auditorio, oppure all'aria aperta può venir ascoltato in una camera.

Ciò che viene meno è quanto può essere sintetizzato con la nozione di "aura" e si può dire: ciò che viene meno nell'epoca della riproducibilità tecnica è “l'aura dell'opera d'arte”.

La riproducibilità tecnica segna il trionfo della copia e del "sempre uguale", per uomini rimasti privi di saggezza.

Nella riproducibilità, secondo Benjamin, si annida un potenziale rivoluzionario, perché questa apre alle masse, nelle forme del cinema e della fotografia, l'accesso all'arte e alle sue capacità di contestazione dell'ordine esistente.

Solamente attraverso la distruzione violenta di quest'ordine, ormai disumano, può aprirsi lo spazio per la redenzione e la felicità.

Benjamin contesta le concezioni ottimistiche del progresso, condivise finanche dal marxismo dei socialdemocratici tedeschi, secondo cui la storia è un cammino lineare di sviluppo crescente.

Esse, difatti, si pongono dal punto di vista dei vincitori nella storia, anziché rimettere in questione le vittorie di volta in volta toccate alle classi dominanti.

Si tratta, invece, di "spazzolare la storia contropelo", strappandola al conformismo delle classi dominanti, in altre parole accostandosi al passato come profezia di un futuro e arrestando la continuità storica con un salto e una rottura.

Nella storia, non c'è un teloV, un "fine" garantito: e, difatti, pure sugli sviluppi della società sovietica Benjamin è pessimista.

Soltanto recuperando e prendendo al proprio servizio la teologia e il messianismo sarà possibile liberarsi dalla fede cieca in un progresso meccanico.

La differenza più sostanziale tra Benjamin e Adorno si manifesta con l'atteggiamento nei confronti del pensiero dialettico.

Profondo conoscitore ed estimatore della cultura tedesca, Benjamin "ignora" Hegel.

Il suo silenzio esprime un rifiuto che, lungi dal condannare i soli aspetti conciliativi e totalizzanti dell'hegelismo criticati finanche da Adorno, investe la stessa concezione hegeliana dell'immanenza della ragione nel reale e, soprattutto, della storicità dialettico-progressiva di quest'ultimo.

La critica benjaminiana dello storicismo (e, più in generale, della concezione moderna della temporalità e del suo senso) è radicale.

Benjamin la esprime la sua condanna in "Tesi di filosofia della storia" (1940).

Benjamin afferma che ogni rappresentazione di tempo e di storia secondo moduli fisici e lineari è fuorviante.

Egli ritiene falso, che la ricostruzione del passato sia un processo continuo e uniforme nel tempo e che tale successione sia accrescitiva e progressiva.

Perciò i traguardi e le aspirazioni degli uomini si debbano necessariamente ed esclusivamente collocare "davanti".

L'umanità deve spingere alla redenzione umana e sociale, stimolata dalla visione del passato.

Un trascorso che, è tanto orrendo da esercitare uno stimolo irresistibile verso un futuro diverso in chi sa voltarsi a guardarlo (come l'Angelus Novus raffigurato in un acquerello di Paul Klee molto amato da Benjamin).

Se il rifiuto di un "tempo e storia" monodimensionale e spaziale fa pensare a certe analoghe posizioni assunte da Bergson o da Dilthey, occorre subito aggiungere che Benjamin polemizza aspramente con entrambi i filosofi.

A suo avviso, la storia, ben lungi dall'essere riconducibile ad un'"Erlebnis" soggettiva, è qualcosa di così oggettivo e corposo da costituire una realtà in larga misura estranea, o almeno "altra" rispetto al soggetto.

La Storia è simile ad un "cumulo di macerie" con giochi di forze tanto terribili e che riescono a mascherarsi sotto le forme di miti seducenti.

Sotto un altro aspetto, essa contiene però principi e valori non solamente preziosi, ma imprescindibili e insostituibili.

Purtroppo, non sempre il presente vuole e sa interrogare il tempo che è stato.

Soltanto certe epoche riescono ad inoltrarsi per tale itinerario interrogativo e solamente in certi casi si riesce ad entrare in rapporto con ciò cui, quasi consapevolmente, si tende.

Ma la ricerca di codesto rapporto è un compito al quale non ci si può e ci si deve sottrarre.

La decifrazione del passato consente, di cogliere e dare nuova vita idee e "unità di senso" che rimanevano come sepolte e bloccate nei loro possibili sviluppi.

Le domande che rivolgiamo al passato sono i nostri quesiti e soltanto comprendendo il tempo andato comprendiamo noi stessi.

Solamente liberandone le virtù nascoste liberiamo noi stessi.

Il Novecento appare a Benjamin abitata da grandi potenzialità sia buone (le possenti azioni auto-emancipatorie degli oppressi) sia malvagie (i totalitarismi, il potere tecnologico non adeguatamente controllato).

In veste di marxista sui generis, Benjamin sostiene la necessità che le classi rivoluzionarie sappiano svolgere approssimativamente il loro compito teorico e pratico senza cullarsi nell'illusione di riforme graduali e indolori esenza sottomettersi ai miti del progresso e della tecnica, ma assumendo una responsabilità "epocale", cioè quella di capire e di far capire che viviamo in uno "stato d'emergenza".

Nelle Tesi di filosofia della storia, composte negli ultimi mesi della sua vita in Francia, Benjamin si richiama (dal titolo) alle undici Tesi su Feuerbach di Marx. Benjamin, in queste tesi, conduce una dura critica nei confronti dello storicismo, che giustifica gli eventi storici e assume quindi il punto di vista di chi ha vinto nella storia.

Egli indica, invece, una possibilità di vittoria per il materialismo storico, se questo "prende al suo servizio la teologia", che oggi è "piccola e brutta".

Il recupero della tradizione messianica consente, di concepire il tempo come un processo non lineare, bensì solcato da improvvisi istanti rivoluzionari che frantumano la continuità storica.

Benjamin scrive: "la coscienza di far saltare la sequenza ininterrotta e ordinata della storia è propria delle classi rivoluzionarie nell'attimo della loro azione. […]

Al concetto di un presente che non è passaggio, ma in bilico nel tempo ed immobile, il materialista storico non può rinunciare.

Poiché tale concetto definisce appunto il presente in cui egli per suo conto scrive la storia.

Lo storicismo postula un'immagine eterna del passato, il materialista storico, un'esperienza unica con ciò.

Egli lascia che altri sprechino le proprie energie con la prostituta "C'era una volta nel bordello dello storicismo.

Egli rimane signore delle sue forze: uomo abbastanza da far saltare il 'continuum' della storia ".


Bibliografia

I. Lavori di Walter Benjamin (in Tedesco e Inglese)


Lavori in Raccolta


Gesammelte Schriften [GS], Unter Mitwirkung von T.W.Adorno u. G.Scholem, hrsg.v. R.Tiedemann u. H. Schweppenhäuser, Frankfurt a.M., Suhrkamp Verlag, (Bde. I-VII). [1972-1989]

Bd. I/1: Abhandlungen, S. 1 - 430.

Bd. I/2: Abhandlungen, S. 435 - 796.

Bd. I/3: Abhandlungen, S. 797 - 1272.

Bd. II/1: Aufsätze, Essays, Vorträge, S. 1 - 406.

Bd.II/2: Aufsätze, Essays, Vorträge, S. 407 - 813

Bd. II/3: Aufsätze, Essays, Vorträge, S. 815 - 1526.

Bd. III: Kritiken und Rezensionen, 727 S.

Bd. IV/1: Kleine Prosa/ Baudelaire Übertragungen, S. 1 - 605.

Bd. IV/2: Kleine Prosa/ Baudelaire Übertragungen, S. 607 - 1108.

Bd. V/1: Das Passagen-Werk, S. 1 - 654.

Bd. V/2: Das Passagen-Werk, S. 655 - 1350.

Bd. VI: Fragmente, Autobiographische Schriften, 840 S.

Bd. VII/1: Nachträge, S. 1 - 519

Bd. VII/2: Nachträge, S. 525 - 1024


Lavori Individuali in Tedesco:


Walter Benjamin, Angelus Novus: Ausgewählte Schriften 2, Frankfurt am Main, Suhrkamp Verlag, 1966, 546 pp. [cloth edition]

Walter Benjamin, Aussichten Illustrierte Aufsätze, Frankfurt a.M.: Insel/Suhrkamp Verlag, 1977, 106 S.

Walter Benjamin, Der Begriff der Kunstkritik in der deutschen Romantik, hrsg. v. H. Schweppenhäuser, Frankfurt a. M., Suhrkamp Verlag, 1973.

Walter Benjamin, Briefe (2 Bde.), hrsg. v. Gershom Scholem u. Theodor W. Adorno, Frankfurt a.M., Suhrkamp Verlag, 1978.

Walter Benjamin/ Gershom Scholem, Briefwechsel 1933-1940, hrsg. v. G. Scholem, Frankfurt am Main: Suhrkamp, 1980.

Walter Benjamin, Charles Baudelaire: Ein Lyriker im Zeitalter des Hochkapitalismus (nachw. R. Tiedemann), Frankfurt a.M., Suhrkamp Verlag (1955), 1974.

Walter Benjamin, Einbahnstraße, Frankfurt am Main: Suhrkamp Verlag, 1955.

Walter Benjamin, Geschichtsphilosophische Thesen und Briefe, edition archiv in memoriam 1995 [Liechtenstein, Postfach 13890].

Walter Benjamin, Illuminationen: Ausgewählte Schriften, Frankfurt a.M., Suhrkamp (taschenbuch 345),1977.

Walter Benjamin, Das Kunstwerk im Zeitalter seiner technischen Reproduzierbarkeit, Frankfurt am Main: Suhrkamp Verlag, 1977.

Walter Benjamin, Über Haschisch, hrsg. v. T. Rexroth, Einleitung, H. Schweppenhäuser, Frankfurt am Main: Suhrkamp Verlag, 1972.

Walter Benjamin, Über Kinder, Jugend und Erziehung, Frankfurt: Suhrkamp, 1969.

Walter Benjamin, Ursprung des deutschen Trauerspiels , hrsg. R. Tiedemann, Frankfurt a.M., Suhrkamp Verlag (1955), 1974.

Walter Benjamin,Versuche über Brecht (nachw. R. Tiedemann), Frankfurt a.M., Suhrkamp Verlag, 1978.

Walter Benjamin, Zur Kritik der Gewalt und andere Aufsätxe (nachw. H.Marcuse), Frankfurt a.M., Suhrkamp Verlag, 1965.


Articoli & Composizioni di Benjamin in Tedesco


Walter Benjamin,"Der Flaneur" in Neue Rundschau (Berlin: Fischer Verlag), 1967 (Viertes Heft), S. 549-574.

Walter Benjamin,"Goethes Wahlverwandtschaften" (1924) in Goethe, Wahlverwandtschaften, Frankfurt am Main: Insel Verlag, 1980, S. 253-333.

Walter Benjamin, "Haschisch in Marseille," Frankfurter Zeitung (Frankfurt am Main), Vol. 4, Nr. 12, Dec. 4, 1932 (faxed photocopy of a photocopy -- extremely poor reproduction)

Walter Benjamin,"Über das Programm der kommenden Philosophie" in Zeugnisse: Theodor W. Adorno zum sechzigsten Geburtstag, Im Auftrag des Instituts für Sozialforschung, hrsg. Max Horkheimer, Frankfurt a.M., Europäische Verlagsanstalt, 1963, pp. 33-44.

Walter Benjamin, "Die Wiederkehr des Flaneurs" in Franz Hessel, Ein Flaneur in Berlin (Fotographien von Friedrich Seidenstücker, und Heinz Knoblauch "Waschzettel"), Berlin: Das Arsenal, 1984, 283 S.

Walter Benjamin,"Zwei Gedichte von Friedrich Hölderlin" ( 'Dichtermut' und 'Blödigkeit') [1914/1915]in Hölderlin: Beiträge zu seinem Verständnis in unserm Jahrhundert, Tübingen: J.C.B. Mohr, 1961, S. 32-52 [ from Schriften, Frankfurt am Main: Suhrkamp 1955, Band 2, 375-400]

Walter Benjamin in Inglese: Libri

Walter Benjamin, The Arcades Project, Translated byt Howard Eiland & Kevin McLaughlin, Cambridge, Massachusetts & London, England, Belknap Press of Harvard University Press, 1999, 1074 pages.

Walter Benjamin,Charles Baudelaire: A Lyric Poet in the Era of High Capitalism, trans. by H. Zohn, London: New Left Books (Verso), 1983.

Walter Benjamin & Theodor W. Adorno, The Complete Correspondence 1928 - 1940 , Cambridge,Massachusetts, Harvard University Press, 1999, 383 pp.

Walter Benjamin,The Correspondence of Walter Benjamin, trans. by M.R. & E.M. Jacobson, ed. & annot. by G. Scholem & T. Adorno, Chicago: Univ. of Chicago Press, 1994.

Walter Benjamin,Illuminations, trans. by H. Zohn, ed. with intro. by Hannah Arendt, NY: Schocken, 1969. [Contains the most quoted essay by Walter Benjamin, The Work of Art in the Age of Mechanical Reproduction]

Walter Benjamin,Moscow Diary, trans. R. Sieburth, ed. by G. Smith, Preface by G. Scholem, Cambridge, Mass.: Harvard University Press, 1986.

Walter Benjamin: On Hashish [Über Haschich] by Walter Benjamin (published Frankfurt a.M., Suhrkamp Verlag, 1972); translated into English by Scott J. Thompson (1996).

Walter Benjamin,The Origin of German Tragic Drama, trans. by J. Osborne, intro. by George Steiner, London: New Left Books, 1977.

Walter Benjamin,Reflections, trans. by E. Jephcott, intro. by Peter Demetz, NY: Harcourt Brace Jovanovich, 1978.

Walter Benjamin,Selected Writings, Vol. I: 1913-1926, Cambridge, Mass. & London: Bellknap Press of Harvard University Press, 1996.

Walter Benjamin, Selected Writings, Vol. 2: 1927 - 1934, ed. Michael W. Jennings, Cambridge, Mass. and London, Belknap Press - Harvard University Press, 1999, 870 pp.

Walter Benjamin, Selected Writings, Volume 3: 1935-1938, Cambridge, Massachusetts & London: Belknap Press of Harvard University Press, 2002, 462 pp.

Walter Benjamin, Selected Writings, Volume 4: 1938-1940, ed. Michael W. Jennings & Howard Eiland, Cambridge, Massachusetts & London: Belknap Press of Harvard University Press, 2002, 477 pp.

Walter Benjamin,Understanding Brecht, trans. by A. Bostock, intro. by Stanley Mitchell, London: New Left Books (Verso), 1983.

Benjamin in Inglese: Articoli, Composizioni ed Estratti

Walter Benjamin, "The Author as Producer," trans. Edmund Jephcott in The Essential Frankfurt School Reader, ed. by A. Arato & Eike Gebhardt, NY: Urizen Books, 1978, pp. 254 - 269.

Walter Benjamin, from A Berlin Childhood (excerpt), trans. Mary-Jo Leibowitz in Art and Literature (Société Anonyme d'Editions Littéraires et Artistiques, Lausanne, Switzerland), No. 4, Spring 1965, pp. 37 - 46.

Walter Benjamin, "A Discussion of Russian Filmic Art and Collectivist Art in General" (1927), in The Weimar Republic Sourcebook, ed. by A. Kaes, M. Jay & E. Dimendberg, Berkeley, CA: Univ. of California Press, 1994, pp.626 - 628.

Walter Benjamin, "Eduard Fuchs: Collector and Historian" in The Essential Frankfurt School Reader, ed. by A. Arato & Eike Gebhardt, NY: Urizen Books, 1978, pp. 225 - 253.

Walter Benjamin,"8 Notes on Brecht's Epic Theatre" trans. by Edward Landberg in Western Review, Vol. 12, No. 1 (Spring, 1948), pp. 167-173.

Walter Benjamin, "Goethe: The Reluctant Bourgeois" trans. by Rodney Livingstone, New Left Review, No. 133, (May-June 1982), pp. 69-93.

Walter Benjamin, "Highlights of the Second Hashish Impression", trans. Scott J. Thompson, in Cabinet, Issue 8, Fall 2002, pp. 98-99.

Walter Benjamin, "On the Program of the Coming Philosophy" in Benjamin: Philosophy, Aesthetics, History, ed. by Gary Smith, Chicago: University of Chicago Press, 1989, pp. 1-12.

Walter Benjamin, "Paris- Capital of the 19th Century", New Left Review, Number 48, March-April 1968, pp. 77-88.

Walter Benjamin, "A Radio Talk on Brecht" trans. by David Fernbach, New Left Review, No. 123, Sept.-Oct. 1980, pp. 92-96.

Walter Benjamin,"Short History of Photography" trans. by Phil Patton, in Artforum 15, 6 (February, 1977), pp. 46-51.

Walter Benjamin, "Theories of German Fascism" (1930), trans. Jerold Wikoff in The Weimar Republic Sourcebook, ed. by A. Kaes, M. Jay & E. Dimendberg, Berkeley, CA: Univ. of California Press, 1994, pp. 159 - 164.

Walter Benjamin, "Theses on the Philosophy of History" in Critical Theory Since 1965 ed. by Hazard Adams & Leroy Searle, Tallahassee, Florida, Florida State University Press, 1986, pp. 680 - 685.

Walter Benjamin, "The Work of Art in the Age of Mechanical Reproduction," trans. Harry Zohn in Film Theory and Criticism, ed. Gerald Mast & Marshall Cohen, London, New York, Toronto, Oxford University Press, 1976, pp.612 - 634.


II. Letteratura secondaria [in Tedesco e Inglese]


Letteratura secondaria in Tedesco: Libri, Monografie, Dissertazioni


Adorno, Theodor W., Über Walter Benjamin, Frankfurt am Main: Suhrkamp Verlag, 1970.

Bucklicht Männlein und Engel der Geschichte: Walter Benjamin Theoretiker der Moderne: Eine Ausstellung des Werkbund Archivs im Martin-Gropius-Bau (28. Dezember 1990 bis 28. April 1991), Berlin, 1990.

Jeanne-Marie Gagnebin, Zur Geschichtsphilosophie Walter Benjamins: Die Unabgeschlossenheit des Sinnes, Erlangen: Verlag Palm & Enke, 1978.

Jochen Hörisch, Die Theorie der Verausgabung und die Verausgabung der Theorie, Benjamin Zwischen Bataille und Sohn-Rethel (Auszug), Buchladen Wassmann, S. 5-29.

Dietrich Hoß & Heinz Steinert, hrsg., Vernunft und Subversion, Die Erbschaft von Surrealismus und Kritischer Theorie, Westfälisches Dampfboot, 199(?) [Auszüge]: Ralf Zschachlitz, "Surrealistischer Traum und materialistische Deutung.

Walter Benjamins ,Traum von einer Sache'" (59-75); Gerard Raulet, "Barbarei, Barbarismen und , positive Barbarei'" (76 - 95).

Gerhard Kaiser, Benjamin.Adorno. Zwei Studien, Frankfurt a.M., Athenäum Fischer Taschenbuch Verlag, 1974. ["Walter Benjamins 'Geschichtsphilosophische Thesen' Zur Kontroverse der Benjamin-Interpretation" (1 -78) u. "Theodor W. Adornos 'Ästhetische Theorie'" (79-168)].

Asja Lacis, Revolutionär im Beruf: Berichte über proletarisches Theater, über Meyerhold, Brecht, Benjamin und Piscator, hrsg. Hildegard Brenner, München, Rogner & Bernhard, 1971, S. 155.

Reinhard Markner & Thomas Weber, hrsg., Literatur über Walter Benjamin, Kommentierte Bibliographie 1983-1992, Hamburg, Argument Verlag (Sonderband Neue Folge AS 210), 1993.

Brigitte Marschall, Die Droge und ihr Double: Zur Theatralität anderer Bewußtseinszustände, Köln,Weimar, Wien, Böhlau Verlag, 2000, S.302. [ 5. Der Drogen-Esser und Schwellen-Hüter Walter Benjamin. S. 179 - 268]

Winfried Menninghaus, Walter Benjamins Theorie der Sprachmagie, Frankfurt am Main: Suhrkamp Verlag, 1980.

Marianne Muthesius: Mythos, Sprache, Erinnerung: Untersuchungen zu Walter Benjamins Berliner Kindheit um neunzehnhundert, Basel, Stroemfeld Verlag, 1996.

Albrecht Götz von Olenhusen, >>Der Weg vom Manuscript zum gedruckten Text ist länger, als er bisher je gewesen ist.<< Walter Benjamin im Raubdruck 1969 bis 1996, [1996-1997?]


Letteratura secondaria in Tedesco: Articoli

Theodor W. Adorno, "Um Benjamins Werk: Briefe an Gershom Scholem, 1939-1955," in Frankfurter Adorno Blätter V (Im Auftrag des Theodor W. Adorno Archivs, hrsg. v. Rolf Tiedemann, Edition Text + Kritik), 1998(?).

Gereon Asmuth, "Keine Walter-Benjamin-Straße in Wilmersdorf: CDU-Mehrheit im Bezirk verhindert Ehrung und revidiert BVV-Beschluß" [TAZ-BERLIN Nr. 4930 Seite 22 vom 23.05.1996 ]

Rita Bischof, "Ein Mystiker der Apparate: Eine Kritik der Reproduktionstheorie" [TAZ Nr. 3220 Seite 16-17 vom 26.09.1990] Andreas Bock, "Das feudale Volksbildungsmittel: Anmerkungen und Abschweifungen rund um das 'Kaiserpanorama´ im Berlin-Museum" [TAZ-BERLIN Nr. 3229 Seite 25 vom 08.10.1990 ]

Dietrich Böhler, "Walter Benjamin in seinen Briefen, Neue Rundschau, 78. Jahrgang 1967, 4.Heft, (Berlin & Frankfurt a.M., S. Fischer Verlag), S.664 - 673.

Norbert W. Bolz, "Vorschule der profanen Erleuchtung" in Walter Benjamin: Profane Erleuchtung und rettende Kritik, hrsg. von N. Bolz & R. Faber, Würzburg: Königshausen + Neumann, 1985, S. 190-222.

Horst Bredekamp, "Der simulierte Benjamin: Mittelalterliche Bemerkungen zu seiner Aktualität," Frankfurter Schule und Kunstgeschichte, hrsg. v. Andreas Berndt, Peter Kaiser, Angela Rosenberg & Diana Trinkner (unter Mitarbeit v. Julia Feldtkeller & Christine Wahn), Berlin, Dietrich Reimer Verlag, S. 117- 140.

Momme Brodersen, "Kostspielige Aperçus: Zum Band VII der Gesammelten Schriften Walter Benjamins" [TAZ Nr. 3006 Seite 27 vom 13.01.1990 ]

Bernd-Michael Brunssen, "Europäische und sowjetische Kunst: Ein hier bisher unveröffentlichtes Interview mit Walter Benjamin" [TAZ Nr. 3220 Seite 16 vom 26.09.1990]

Harald Fricke, ""Ich wollte ihn nicht studieren: Dani Karavan im Gespräch über seine Gedenkstätte für Walter Benjamin" [TAZ Nr. 4313 Seite 3 vom 14.05.1994]

Eva Geulen, "Zeit zur Darstellung. Walter Benjamins Das Kunstwerk im Zeitalter seiner technischen Reproduzierbarkeit," in MLN [Johns Hopkins University Press, Baltimore, Maryland], Vol. 107/Nr.3, April 1992, S. 580 - 605.

Helga Geyer-Ryan, Paul Koopman, Klaas Yntema, Benjamin Studies/Studien 1: Perception and Experience in Modernity, Amsterdam: Editions Rodopi, 2002, 225 pp.

Rolf-Peter Janz, "Mythos und Moderne bei Walter Benjamin" in Mythos und Moderne, hrsg. K.H. Bolvo (sp.?), Frankfurt a.M., Suhrkamp, 1983, 363-381.

Heinrich Kaulen, "Walter Benjamin und Asja Lacis: Eine biographische Konstellation und ihre Folgen" in Deutsche Vierteljahrsschrift für Literaturwissenschaft und Geistesgeschichte, 69. Jahrgang, 1995 (Heft 1/März), S. 92-122.

Petra Kohse, "Schwierigkeiten mit Benjamin: Über einige Publikationen zum 100.Geburtstag von Walter Benjamin und den mißglückten Versuch, dem Denker ein Denkmal zu setzen" [TAZ Nr. 3756 Seite 12 vom 15.07.1992]

Jörg Lau, "Zum Andenken eines Abgewiesenen" [TAZ Nr. 4313 Seite 3 vom 14.05.1994]

Peter Laudenbach, "Texte in Bewegung--Grenzfall. Walter Benjamin zum 100. Geburtstag Eine Ausstellung im Institut für Heuristik"[TAZ-BERLIN Nr. 3752 Seite 23 vom 10.07.1992]

Burkhardt Lindner, "Derrida. Benjamin. Holocaust. Zur Politischen Problematik der Kritik der Gewalt, " Zeitschrift für kritische Theorie, 3. Jahrgang, 5/1997, 65 - 100.

Gérard Raulet, "Chockerlebnis, mémoire involuntaire und Allegorie zu Benjamins Revision seiner Massenästhetik in Über einige Motive bei Baudelaire, " Zeitschrift für kritische Theorie, 2. Jahrgang, 2/1996, 5 - 28.

Sabine Schiller-Lerg, "Walter Benjamin in Moskau: Ein wichtige Ergänzung zum 'Moskauer Tagebuch'" [TAZ Nr. 3220 Seite 16 vom 26.09.1990] Hannelore Schlaffer, "Abendland am Rande des Untergangs: Robert Calassos mythopoetisches (Roman-)Buch ,Der Untergang von Kasch'".(?) Gershom Scholem, "Walter Benjamin" in Neue Rundschau, 1965 (Erstes Heft), S. 1-21.

Thomas Schröder, "Die hilflosen Tricks der Dekadenz" [Auch das Werkbund-Archiv präsentiert nun eine Walter-Benjamin-Ausstellung: 'Bucklicht Männlein und Engel der Geschichte,´ TAZ-BERLIN Nr. 3302 Seite 25 vom 10.01.1991]

Christian Schulte, "Das jederzeit mögliche Erkennen: ,Wahrnehmung und Erfahrung in der Moderne': Ein Kongreß über den Philosophen und Essayisten Walter Benjamin," in Frankfurter Rundschau, July 31, 1997.

Stephan Wackwitz, "Kino und Kathedrale: Auch der Film hat eine Aura: Ein Geistergespräch zwischen Walter Benjamin und Erwin Panofsky" [TAZ Nr. 4274 Seite 17-18 vom 26.03.1994]

Gerhard Wagner, "Politisierung der Tradition: Walter Benjamin und die deutsche radikal-demokratische Literatur um 1800"Zeitschrift für kritische Theorie, 5. Jahrgang, 8/1999, S. 49 - 60.

Heiner Weidmann, "Geistesgegenwart. Das Spiel in Walter Benjamins Passagenarbeit," in MLN : Walter Benjamin: 1892 - 1940. [Johns Hopkins University Press, Baltimore, Maryland], Vol. 107/Nr.3, April 1992, S. 521 - 547.

Sigrid Weigel, "Passagen und Spuren des ,Leib - und Bildraums' in Benjamins Schriften," in S. Weigel, hrsg., Leib - und Bildraum, Köln/Wien, 1992, 49-64.


Letteratura secondaria in Inglese: Libri


Robert Alter, Necessary Angels: : Tradition and Modernity in Kafka, Benjamin & Scholem, Cambridge, Mass.: Harvard University Press, 1991.

Norbert Bolz & Willem Van Reijen, Walter Benjamin, trans. by L. Mazzarins, New Jersey: Humanities Press, 1996.

Momme Brodersen, Walter Benjamin: A Biography, trans. by M.R. Green & I. Ligers, London & NY: Verso Press, 1996.

Susan Buck-Morss, The Dialectics of Seeing: Walter Benjamin and the Arcades Project, Cambridge, Mass.: The MIT Press, 1989.

Susan Buck-Morss, The Origin of Negative Dialectics: Theodor W. Adorno, Walter Benjamin, and the Frankfurt Institute, NY: The Free Press, 1977.

Marcus Paul Bullock, Romanticism and Marxism: The Philosophical Development of Literary Theory and Literary History in Walter Benjamin and Friedrich Schlegel, NY (NY, Bern, Frankfurt, Paris), Peter Lang (American Univ. Studies Series I, Vol. 51), 1987.

Howard Caygill, Alex Coles, Andrzej Klimowski, Introducing Walter Benjamin, New York, Totem Books, 1998.

Howard Caygill, Walter Benjamin: The Colour of Experience, New York & London, Routledge, 1998.

Margaret Cohen, Profane Illumination: Walter Benjamin and the Paris of Surrealist Revolution, Berkeley, CA: University of California Press, 1993.

Terry Eagleton, Walter Benjamin or Towards a Revolutionary Criticism, London: New Left Books (Verso), 1981.

Beatrice Hanssen, Walter Benjamin's Other History: Of Stones, Animals, Human Beings, and Angels, Berkeley, California, University of California Press, 1998, 207 pages.

Carol Jacobs, In the Language of Walter Benjamin, Baltimore & London: Johns Hopkins University Press, 1999, 136 pp.

Martin Jay, The Dialectical Imagination: A History of the Frankfurt School and the Institute of Social Research, 1923 - 1950, Boston & Toronto, Little, Brown and Company, 1973, 382 pages [Cloth, 1st edition].

Michael W. Jennings, Dialectical Images: Walter Benjamin's Theory of Literary Criticism, Ithaca & London: Cornell University Press, 1987, 233 pp.

Esther Leslie, Walter Benjamin: Overpowering Conformism, Pluto Press, London and Sterling, Virginia, 2000, 298 pages.

John McCole, Walter Benjamin and the Antinomies of Tradition, Ithaca & London, Cornell Univ. Press, 1993.

Jeffrey Mehlman, Walter Benjamin for Children: An Essay on His Radio Years, Chicago: University of Chicago Press, 1993.

Pierre Missac, Walter Benjamin's Passages, trans. by Shierry Weber Nicholsen, Cambridge, Mass.: MIT Press, 1995 [trans. of Passage de Walter Benjamin, Paris: Editions du Seuil, 1987].

Gerhard Richter, ed., Benjamin's Ghosts: Interventions in Contemporary Literary and Cultural Theory, Stanford: Stanford University Press, 2002, 365 pp.

Rainer Rochlitz, The Disenchantment of Art: The Philosophy of Walter Benjamin, trans. Jane Marie Todd, New York & London: The Guilford Press, 1996, 298 pp.

Gershom Scholem, Walter Benjamin: The Story of a Friendship, trans. by H. Zohn, NY: Schocken Press, 1981.

"Walter Benjamin and Franz Rosenzweig," 228 - 246; Leo Lowenthal, "The Integrity of the Intellectual: In Memory of Walter Benjamin," 247 - 259;

Gary Smith, "Walter Benjamin in English: A Bibliography of Translations," 260 - 263.

Rolf Wiggershaus, The Frankfurt School: Its History, Theories, and Political Significance, trans. Michael Robertson, Cambridge, Mass., MIT Press, 1994.

Bernd Witte, Walter Benjamin: An Intellectual Biography, trans. by J. Rolleston, Detroit: Wayne State Univ. Press, 1991.

Richard Wolin, Walter Benjamin: An Aesthetic of Redemption, Berkeley, CA: University of California Press, 1994.


Letteratura secondaria in Inglese: Articoli e Revisioni


Ackbar Abbas, "Walter Benjamin's Collector: The Fate of Modern Experience," Modernity and the Text: Revisions of German Modernism, ed. Andreas Huyssen and David Bathrick, New York, Columbia University Press, 1989, pp.216 - 239.

Theodor W. Adorno, "Letters to Walter Benjamin," trans. Harry Zohn, New Left Review, No. 81, September-October 1973, pp. 46-80.

Carrie L. Asman, "Theater and Agon / Agon and Theater: Walter Benjamin and Florens Christian Rang, in MLN : Walter Benjamin: 1892 - 1940. [Johns Hopkins University Press, Baltimore, Maryland], Vol. 107/Nr.3, April 1992, pp. 606 - 624.

Dagmar Barnouw, "Marxist Creationism: Walter Benjamin and the Authority of the Critic," in Weimar Intellectuals and the Threat of Modernity, Bloomington & Indianapolis, Indiana University Press, 1988, pp. 152 - 193.

David Bathrick, "Reading Walter Benjamin From West to East" in Colloquia Germania, 12,3 (1979): 246-255.

Michael André Bernstein, "One-Way Street," [Reviews of the Harvard University Press edition of Benjamin's Selected Works, Momme Brodersen's Walter Benjamin: A Biography, and the novel Benjamin's Crossing by Jay Parini] in The New Republic, December 8, 1997, pp. 38 - 46.

Harvey Blume, "For Benjamin: The Theses on the Philosophy of History" in Telos, No. 41, Fall 1979, pp. 155-157.

Horst Bredekamp, Excerpt from "From Walter Benjamin to Carl Schmitt, via Thomas Hobbes" [From Critical Inquiry, Winter 1999, Volume 25, Number 2]

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Susan Buck-Morss, "Aesthetics and Anaesthetics: Walter Benjamin's Artwork Essay Reconsidered," October 62, Fall 1992, MIT Press, pp. 3-41.

Susan Buck-Morss, "Benjamin's Passagenwerk: Redeeming Mass Culture for the Revolution", New German Critique, Number 29, Spring/Summer 1983, pp. 211-240.

Stanley Cavell, Excerpt from "Benjamin and Wittgenstein: Signals and Affinities" [From Critical Inquiry, Winter 1999, Volume 25, Number 2]

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Alexander J. Cohen,Clockwork Orange and the Aestheticization of Violence, xcohen@garnet.berkeley.edu James Cowan, Review of Ernst Bloch, Georg Lukacs, Bertolt Brecht, Walter Benjamin, Theodor Adorno. Aesthetics and Politics in Telos, No. 41, Fall 1979, pp.205-213.

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Helga Geyer-Ryan, "Effects of Abjection in the Texts of Walter Benjamin," in MLN : Walter Benjamin: 1892 - 1940. [Johns Hopkins University Press, Baltimore, Maryland], Vol. 107/Nr.3, April 1992, pp. 499 - 520.

Frederic V. Grunfeld, "Ultima Multis" in Prophets Without Honor: A Background to Freud, Kafka, Einstein and Their World, New York, Holt, Rinehart & Winston, 1979, pp. 220 - 263.

Jürgen Habermas, "Walter Benjamin: Consciousness-Raising or Rescuing Critique (1972)," in Habermas, Philosophical-Political Profiles, trans. Frederick G. Lawrence, Cambridge, Mass., MIT Press, 1983, pp. 129 - 164.

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Fredric Jameson, Excerpt from "The Theoretical Hesitation: Benjamin's Sociological Predecessor" [From Critical Inquiry, Winter 1999, Volume 25, Number 2]

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Gary Tedman, Walter Benjamin & the Possibilities of 'Productive' Aesthetics (1997)

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Hent de Vries, "Anti-Babel: The 'Mystical Postulate' in Benjamin, De Certeau and Derrida," in MLN : Walter Benjamin: 1892 - 1940. [Johns Hopkins University Press, Baltimore, Maryland], Vol. 107/Nr.3, April 1992, pp. 441 - 477.

Walter Benjamin, Surrealism and Photography [Paper presented at Workshop on 'Literature as Revolt in Twentieth Century Europe', 17 August 1998, The University of Haifa, Israel (6th ISSEI Conference)]

O. K. Werckmeister, "Walter Benjamin's Angel of History, or the Transfiguration of the Revolutionary into the Historian" Excerpt from Critical Inquiry, Winter 1996, Vol. 22, No. 2.

Kenda Willey, "Walter Benjamin and the Drug Vision" in Psychedelics, compiled by T. Lyttle, NY: Barricade Books, 1994, pp. 145-160.

Irving Wohlfarth "On the Messianic Structure of Walter Benjamin's Last Reflections" in Glyph: Johns Hopkins Textual Studies 3, Baltimore: Johns Hopkins University Press, 1978, pp. 148 - 212.

Richard Wolin, "An Aesthetic of Redemption: Benjamin's Path to Trauerspiel," Telos, No. 43, Spring 1980, pp. 61-90.

Richard Wolin, Walter Benjamin's failed messianism: One-Way Street [The New Republic On-line Issue date: 01.24.00], Essay- review of The Arcades Project by Walter Benjamin, translated by Howard Eiland and Kevin McLaughlin, Harvard University Press, 1,054 pp. and The Complete Correspondence, 1928-1940: Theodor Adorno and Walter Benjamin, edited by Henry Lonitz, translated by Nicholas Walker, Harvard University Press, 384 pp.

Richard Wolin, Review of Gershom Scholem's Walter Benjamin - Story of a Friendship in Telos, no. 58, Winter 1983 - 1984, 219 - 227.

New German Critique: No. 48, Fall 1989, Benjamin Issue [Includes: Beth Sharon Ash, "Walter Benjamin: Ethnic Fears, Oedipal Anxieties, Political Consequences," 2 - 42; Ackbar Abbas, "On Fascination: Walter Benjamin's Images," 43 - 62; Rey Chow, "Walter Benjamin's Love Affair with Death," 63 - 86; Margaret Cohen, "Walter Benjamin's Phantasmagoria," 87 - 108; Christiane von Buelow, "Troping Toward Truth: Recontextualizing the Metaphors of Science and History in Benjamin's Kafka Fragment," 109 - 134;]


Webliografia

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http://www.alchemind.org/2JCL/2JCL21.htm

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