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Versione del 22 Mag 2005 alle 11:37 di Odisseo (Discussione | contributi) (Le Categorie Palstiche)

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LE CATEGORIE PLASTICHE

Lo studio dell’espressione del livello plastico di un’immagine richiede innanzitutto degli strumenti di descrizione. Dobbiamo avere cioè una serie di punti di riferimento fissi che ci accompagnino in tutte le nostre analisi: le cosiddette categorie plastiche. Di fronte all’impossibilità di creare un elenco limitato di categorie che possano descrivere tutti i significati di un universo culturale, dobbiamo concentrarci sulle categorie pertinenti ad un determinato micro-universo dato, bisogna assumere un approccio un po’ “minimalista” nel descrivere le categorie plastiche. In buona sostanza, queste servono ad identificare quelli che potremmo chiamare “tratti distintivi”. Questi sono delle caratteristiche elementari che, unendosi, danno origine ad un’unità minimale dell’espressione plastica (una figura plastica). Secondo Thürlemann le categorie plastiche si possono innanzitutto distinguere in:

  • costituzionali: sono quelle che ci permettono di considerare gli elementi come unità isolabili, indipendentemente dal contesto in cui si trovano. Le categorie costituzionali ci permettono di descrivere forme (nel senso comune del termine) e colori.
  • non costituzionali: sono di natura topologica e definiscono alcuni aspetti relativi dell’elemento (posizione, orientamento, ecc.).

Facciamo un esempio. Prendiamo un triangolo giallo. Se parliamo di un “triangolo” (forma) “giallo” (colore) ci stiamo limitando alle categorie costituzionali, che descrivono l’elemento per le sue caratteristiche proprie, quelle che (per intenderci) lo definiscono sempre e ovunque si trovi. Ovviamente questo triangolo potrà poi essere rivolto verso il basso o la destra (orientamento) o trovarsi in alto o al centro di un dipinto (posizione): questi sono aspetti relativi, dipendenti dal contesto e non dall’elemento che stiamo considerando e, quindi, descrivibili attraverso categorie non costituzionali.

Le categorie costituzionali si distinguono poi in due ulteriori tipi: costituenti e costituite. Al livello della manifestazione, infatti, la superficie di un quadro ci appare ricoperta da semplici aree di colore. E’ solo lo sguardo dell’osservatore che, in base a determinate caratteristiche (ad esempio il fatto che la lunghezza sia di molto superiore alla larghezza), è in grado di riconoscere superfici che hanno una funzione “isolante” e “discriminante” e superfici che hanno una funzione “individuante” e “integrante” . Insomma, prima del nostro riconoscimento esistono solo macchie di colore: i colori vengono descritti dalle categorie cromatiche che, quindi, sono costituenti.

Le linee e i contorni (che nel linguaggio comune chiamiamo forme) vengono solo in un secondo momento: per questo sono categorie costituite e vengono descritte attraverso le categorie eidetiche. L’analisi delle categorie eidetiche non presenta particolari problemi e si basa su opposizioni come rettilineo/curvilineo, continuo/discontinuo, ecc. Facendo variare di volta in volta il valore di una sola categoria plastica, otteniamo figure eidetiche differenti (ovviamente "lungo" e "corto" si riferiscono alle dimensioni relative, mentre una linea sarà segmentata quando cambia direzione).Le categorie eidetiche, però, rappresentano già un discorso relativamente avanzato, in quanto possiamo iniziare a parlare di analisi plastica già con il semplice punto.Questo, nel momento in cui si presenta all’occhio, produce un duplice effetto: introduce in un campo visivo, fino a quel momento neutro, un elemento di discontinuità e permette che si pervenga a conoscenza dello stesso campo visivo all’interno del quale esso si presenta . I punti hanno un ruolo decisivo soprattutto nella testura. Essa è appunto costituita da un motivo grafico a struttura costante, formato dalla ripetizione su una superfice di elementi base di minime dimensioni. La tesatura varia a seconda della grandezza e della quantità dei punti; può essere decisiva per la definizione della forma e della profondità . Un insieme di punti ravvicinati creano una linea, la quale può essere più o meno lunga, spessa, angolata, ma è importante analizzarla soprattutto in funzione rispetto alla definizione delle forme. In alcuni casi, la linea è forma a sé stante ( tipo nelle pitture rupestri primitive ), ma normalmente, l’individuazione delle forme si basa sulle indicazioni fornite dalle linee che formano il contorno. Infatti, alla definizione della forma contribuiscono macchia e linea, mentre è decisamente più aperto il rapporto con testura e colore. Possiamo individuare diversi criteri di classificazione delle forme:

  • Andamento del contorno: valgono i criteri della linea (diritto, curvo..)
  • Caratteri geometrici: Presenza di assi, simmetrie, ecc..
  • Formato: grandezza relativa alle altre forme ed alla cornice.
  • Funzione: mimetica o astratta, geometrica o non.

Il colore, altra categoria fondamentale, veniva tradizionalmente considerato come un’unità elementare. Per l’ analisi plastica, invece, si tratta di una figura e può essere quindi analizzato in tratti distintivi. In altre parole, bisogna trovare un modo per scomporre i colori in alcune caratteristiche fondamentali. Le categorie cromatiche sono sostanzialmente tre:

  • i radicali cromatici, cioè quelli che in altre terminologie vengono chiamati “toni”: rosso, verde, giallo, ecc.;
  • la saturazione;
  • il valore, cioè la luminosità di una tinta.

Per quanto riguarda i radicali cromatici, Thürlemann, sulla base di ricerche di altri autori, ne identifica undici: nero, bianco, rosso, verde, giallo, blu, bruno, viola, rosa, arancione e grigio. E’ possibile però procedere ad un’ulteriore classificazione, visto che, evidentemente, l’opposizione fra blu e rosso non può essere considerata dello stesso ordine di quella esistente fra rosso e rosa. Bisogna innanzitutto distinguere i termini acromatici (nero, bianco e grigio) da quelli cromatici. Fra questi due insiemi si colloca il bruno, che viene considerato a metà fra il cromatico e l’acromatico. I termini acromatici si distingueranno poi in base alla luminosità (che quando viene utilizzata come categoria fondamentale insieme a saturazione e radicali prende, come abbiamo visto, il nome di valore), che vede opporsi il bianco e il nero, con il grigio in posizione intermedia. Rimangono ancora sette radicali. Fra questi possiamo isolarne quattro che, per il rilievo percettivo che hanno, verranno detti primari psicologici: rosso, verde, blu e giallo. Questi primari possono essere messi in serie, ponendo, affianco ad ogni termine, due altri termini verso i quali esso tende. Così avremo una serie di questo tipo: blu, rosso, giallo, verde, blu... Il rosso, ad esempio, potrà tendere, con gradualità, sia al giallo che al blu. Si nota inoltre che questi due particolari punti di passaggio ricoprono un ruolo particolare: l’arancione, infatti, può essere considerato come il termine complesso originato dal rosso e dal giallo, mentre il viola sarà dato da rosso e blu. Il particolare rilevo del rosso, che assume un ruolo centrale fra i radicali cromatici, viene ribadito da un’altra osservazione: il rosa (unico radicale a non essere stato ancora inquadrato) può essere considerato come una variante desaturata del rosso. L’ultimo tipo di categorie plastiche è costituito dalle categorie topologiche. Quando guardiamo un dipinto ci troviamo di fronte a due tipi di spazio. Innanzitutto abbiamo lo spazio che viene rappresentato (per esempio, una sala in cui si sta consumando l’ultima cena). Oltre allo spazio rappresentato abbiamo anche lo spazio rappresentante: quello bidimensionale consistente nel piano su cui sono stati tesi i colori. Le categorie topologiche servono a descrivere questo spazio e gli elementi che si trovano su di esso. Le utilizziamo, per esempio, per rendere conto delle posizioni (alto/basso, centrale/periferico, ecc.) o dell’orientamento (su/giù, destra/sinistra, ecc.) degli elementi sulla tela. Parliamo di categorie topologiche rettilinee quando abbiamo opposizioni come alto/basso, destra/sinistra; le categorie topologiche curvilinee sono invece quelle tipo centrale/periferico, inglobante/inglobato. Una parte importante della topologia planare è lo studio del formato del dipinto. Nel caso della pittura classica europea, si nota la posizione privilegiata del formato rettangolare. I lati che lo compongono ci forniscono già delle opposizioni topologiche, quali alto/basso e destra/sinistra. E’ in base ad esse che possiamo individuare degli assi verticali ed orizzontali. Ad essi si aggiungono a volte anche le diagonali, che uniscono i vertici opposti della tela.