Esperienze di controinformazione: dal ciclostile al network eterno

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Autore: Vittore Baroni

Tratto da : conferenza a cura di Tommaso Tozzi per il progetto

Anno: 1997

titolo del brano: Esperienze di controinformazione: dal ciclostile al network eterno


C’é chi fa risalire le origini della comunicazione controculturale su stampa a tempi molto remoti, addirittura Nico Ordway cita come precursori in un suo saggio (in Zines! vol.1, V-Search, San Francisco 1996) i Vangeli apocrifi e i libelli di sette religiose medioevali, o anche le riviste delle avanguardie storiche, dadaisti e futuristi, che diffondevano idee in totale contrapposizione con quelle dell’arte ufficiale del tempo.

[1] delle tribù hippie (protesta antimilitarista, misticismo orientale, musica rock, grafica e fumetto, liberalizzazione di marijuana, esperimenti con LSD, ecc.). Con qualche anno di ritardo rispetto agli Stati Uniti, la stampa sotterranea è approdata anche in Italia, con le pubblicazioni di Stampa Alternativa, una piccola casa editrice romana diretta da Marcello Baraghini, ancora oggi viva e vegeta, e numerose altre riviste più o meno effimere, fra cui le più note furono all’epoca Fallo! (con i fumetti di Matteo Guarnaccia, che ha curato nel 1988 proprio per Stampa Alternativa il volume storico-retrospettivo 1968-1988 Arte psichedelia e controcultura in Italia), Re Nudo, Get Ready, Om, Puzz, Tampax, Pianeta Fresco.




Nei primi ’80, contemporaneamente all’annacquarsi delle fanzines legate ai fermenti punk e new wave, si assiste però anche ad un nuovo ricambio generazionale nella stampa controculturale, in concomitanza con la disponibilità a prezzi abbordabili dei primi Personal Computer, che determinano un ulteriore passo in avanti nell’ottica del fai-da-te: la possibilità di fotocomporre i testi a casa propria e di impaginarli in maniera professionale, con gran varietà di caratteri e soluzioni grafiche a portata di mouse. Grazie alle nuove meraviglie del desk-top publishing chiunque può facilmente preparare una rivista con caratteristiche similari alle pubblicazioni da edicola, ed è possibile gestirne la tiratura con assoluta fluidità, producendo dieci come diecimila copie.


La mia scoperta dell’arte postale è avvenuta in maniera quasi casuale. Sul finire dei ’70, sulla rivista Flash Art sono apparse pubblicità a piena pagina di un certo Guglielmo Achille Cavellini, un artista bresciano ora scomparso, che offriva gratuitamente a chiunque li richiedesse i cataloghi delle proprie esposizioni. Cavellini appariva in sella ad una buffissima bicicletta e la cosa mi ha incuriosito al punto di richiedere tali libri, da cui ho appreso dell’esistenza di questo invisibile circuito alternativo. La pratica dell’arte postale mi ha certamente aiutato ad aprire gli occhi sulla possibilità, anche abitando in provincia, di tessere contatti con il mondo intero, senza alcun complesso di inferiorità rispetto a quanti operano in grandi metropoli. Quel tipo di esperienza che oggi chiunque è in grado di fare mediante un abbonamento ad Internet, ho avuto la fortuna di poterla sperimentare già vent’anni fa. L’arte postale ha poi generato nel tempo tutta una serie di sotto-circuiti ad essa collegati, più specialistici nei materiali diffusi, come il tape network, formato da musicisti che invece di bussare alla porta delle case discografiche si autoproducono piccole edizioni casalinghe su cassetta, da scambiare tra di loro o vendere e circolare per posta.

La controcultura si serve quindi, in ogni periodo storico, di quei canali capaci di offrire il più alto grado di comunicazione libera e indipendente, al minor prezzo. Col volgere dei decenni però, quelle produzioni editoriali che un tempo erano facilmente identificabili come alternative e di opposizione (per caratteristiche formali e canali distributivi utilizzati), si sono gradualmente assimilate e mimetizzate con le produzioni overground, di modo che risulta sempre più difficile distinguere, in una testata trovata in libreria come in un sito web, tra contenuti di prima mano e riciclaggio più o meno interessato dei medesimi, secondo una pratica ormai consolidata di assorbimento e recupero istantaneo di mode e proposte culturali provenienti dall’underground.