Teoria dei Sistemi Complessi Articolari Chiusi(SCAC)
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La teoria dei Sistemi Complessi Articolari Chiusi(SCAC)è stata elaborata a partire dagli anni sessanta da Giulio Flaminio Brunelli e nasce allo scopo di spiegare le caratteristiche fondamentali di un sistema biologico, prima fra tutte la persistenza. SCAC è l'acronimo di Sistema Complesso Articolare Chiuso. Molto sommariamente, lo SCAC elementare è una struttura complessa, oscillante, in modo stazionario, intorno a un equilibrio, che ne determina la forma e la identifica. Una struttura composta da 5 termini, strettamente integrati da una serie di legami, in grado di annullare, entro limiti precisi, qualsiasi perturbazione sia di origine interna, sia di origine esterna. È questa capacità che permette allo SCAC di conservare la propria struttura fondamentale, ossia la propria identità. La teoria dei SCAC è molto complessa, fa uso di un linguaggio tecnico discretamente sofisticato e non può essere qui riassunta in poche righe.
Formalmente lo SCAC è un sistema dinamico di 5 termini che soddisfano una relazione seriale circolare molto complessa, detta K-relazione, formalmente analizzabile in due componenti cicliche opposte, (k+ e k-), sfasate di 2π/5, ciascuna formalmente scomponibile a sua volta in 5 componenti (P(k+), Q(k-)), tali che una sia l'opposta dell'altra (per es., se P è la relazione STIMOLA, allora Q è la relazione INIBISCE o viceversa). La lista delle condizioni formali che le relazioni P e Q devono soddisfare è piuttosto lunga e noiosa e si guadagnerà tempo, spazio e gratitudine sostituendo la lista delle condizioni con qualche grafico che le rappresenti, rendendone la percezione più semplice e immediata.
Ciascun termine del grafico (grf.02) supporta una sola funzione e non vi sono due termini con la stessa funzione. Inoltre, come si può vedere dal grafo, per ogni termine vi sono due segnali in ingresso e due in uscita. I due segnali in ingresso hanno azione opposta su la funzione supportata dal termine, i due in uscita hanno azioni opposte su le funzione supportate da qualche altro termine del complesso, secondo un criterio distributivo ben preciso. In sintesi, se P è la serie di riferimento, Q, allora, è una serie alternante. Ovvero, Q sussiste fra un termine di P e un termine precedente, saltandone uno (grf.01). Come si può vedere dai grafici, molto schematicamente, lo SCAC può essere considerato come una catena chiusa di feed-back che realizza, nel complesso, un effettore a tendenza, la cui finalità è la costanza. In pratica, qualsiasi perturbazione di origine interna o esterna, di uno dei cinque termini, sarà equamente ripartita fra i due circuiti uscenti - dal termine in questione - e fatta circolare, con la conseguenza che da un determinato momento in poi arriveranno, su ciascun termine, quote della perturbazione di eguale valore assoluto ma di segno opposto; il risultato sarà che a turno, su ciascun termine, una frazione della perturbazione originale verrà annullata.
Si può dimostrare che questo sistema:
1-Azzera asintoticamente una perturbazione acuta in un tempo definito abbastanza breve. 2-Integra una turba cronica ridistribuendo il carico e attestandosi su un livello energetico diverso da quello di partenza e ciò comporta una variazione di forma apparente, che lascia invariata la topologia del sistema (fig.01). 3-Ottiene il processo di adattamento in modo additivo, calcolando la distribuzione dei valori della perturbazione relativa a stimoli distinti, che impattino tutti su un dato elemento o su elementi diversi del sistema.
Pertanto, la teoria dei SCAC si scosta dalle correnti teorie della complessità sistemica, almeno, in quattro punti fondamentali:
1-Mostra che la complessità non nasce necessariamente dai grandi numeri, visto che lo SCAC, il quale sicuramente è un sistema complesso, non richiede più di cinque termini. 2-Mostra che è possibile trattare la complessità con metodi lineari utilizzando vettori e matrici (modello algebrico). 3-Introduce come fondamentale una distinzione tra complessità e complicazione, facendo dipendere la complicazione dalle difficoltà computazionali, relative al numero di variabili e parametri in gioco in un sistema, e dalla impossibilità di collegare adeguatamente tutti i termini del sistema. La complessità viene, invece, derivata dalla tipologia delle relazioni esistenti tra i termini del sistema. 4-Afferma che i sistemi complessi della categoria degli esseri viventi sono sistemi chiusi, nell'unico senso che rende utile parlare di apertura e di chiusura a proposito del vivente: quello che riguarda l'informazione.
Lo SCAC minimo è un sistema complesso chiuso di cinque termini, che garantisce la finalità autoconservativa della propria forma auto-distruggendosi e per cui, la conservazione della sostanza, richiede un adeguato apporto esterno. Tuttavia, se il sistema si aprisse perderebbe la forma che lo identifica e perirebbe.
La soluzione di questo dilemma richiede che, alla serie chiusa di 5 termini, sia correlata una serie aperta di tre termini (funzione di ingresso, di elaborazione e di uscita ) gestita dal complesso pentadico, la quale permetta al sistema di assumere ciò che gli è necessario (permeabilità selettiva) senza doversi aprire realmente.
La realizzazione concreta di questa soluzione, nel corso dell'evoluzione biologica, è il vacuolo cellulare con tutte le sue successive trasformazioni, fino all'apparato digerente dei mammiferi (uomo compreso). Per quanto vistose siano le differenze fenomeniche tra gli apparati digerenti di esseri viventi diversi, la logica fondamentale che sottostà all'organizzazione di questo apparato, e ne vincola le possibilità di trasformazione evolutiva, non è mai cambiata in tre miliardi di anni ed è la stessa per tutti gli esseri viventi che ne sono forniti.
Come mostra la figura 2, la digestione si svolge fuori dal sistema in un ambiente esterno internalizzato, che resta comunque esterno. Solo quando la destrutturazione del materiale fagocitato avrà recuperato componenti assimilabili, questi passeranno selettivamente all'interno del sistema. La stessa logica assimilativa costituisce un aspetto importante dei processi di acquisizione cognitiva.
La teoria dei SCAC chiarisce che lo sviluppo dei sistemi complessi articolari chiusi, (sistemi biologici) segue una precisa legge quadratica e una gerarchizzazione altrettanto determinata dei complessi funzionali, per cui l'ordine di complessità successivo, a quello dello SCAC minimo di cinque termini, non sarà costituito da 6, 7 o 9 termini ma da 17 termini. L'ordine ancora successivo da 257 termini e così via.
Quindi, se Tn è il numero di termini implicato da un livello di complessità, il numero dei termini del livello successivo è: (Tn – 1)2 +1(leggi: [(Tn-1)al quadrato, +1] Questo sviluppo è reso inevitabile dalla tassativa necessità di mantenere la coerenza interna del sistema che ne garantisce la chiusura (la necessità, cioè, che ciascun sottosistema sia collegato con ciascun altro soddisfacendo le condizioni di una K relazione).
Un aspetto importante di questa modalità è lo sviluppo di sottostrutture di espansione delle FUNZIONI UNIVERSALI primarie. Da ciascun termine primitivo si differenzia una struttura che ne modula la funzione specifica, restando in costante correlazione con le strutture derivate dagli altri termini del sistema primitivo. Al tempo stesso, questo permette il differenziamento di sottofunzioni più specializzate.
Avremo così:
* Una struttura che modula la conservazione delle risorse (delle quali fa parte il progetto)Sr * Una struttura che modula la realizzazione del progetto (substrati) Su (uscite) * Una struttura che modula la permeabilità selettiva del sistema e provvede alla conservazione del complesso S2 * Una struttura che modula l'equilibrio sistemico elaborando il flusso di dati e modulando la distribuzione dell'elaborato Se * Una struttura che modula la comunicazione Sc (circolazione dell'informazione, flusso dei dati nei canali, rappresentazioni e rappresentanze)
La più rilevante di queste strutture è Sr (conservazione delle risorse).
Sr è la struttura che perpetua la vita, della quale vita un individuo vivente è per così dire un'esemplificazione concreta. Sr assicura perciò la sopravvivenza, e non solo la sopravvivenza materiale, ma anche quella culturale. Essa è la base del bisogno di trascendenza[2], delle trasformazioni evolutive dell'individuo e della specie e dell'integrazione autentica individuale. Ciò che fa dell'Uomo un essere particolare è l'importanza e il ruolo che questa struttura assume (con la comparsa dell'Umanità) al livello individuale. Il bisogno di trascendenza è un bisogno fondamentale dell'Uomo e fra i bisogni fondamentali è un bisogno primario. Qualsiasi bisogno fondamentale primario è qualche cosa che riguarda esclusivamente il corpo, al quale non è possibile raccontare favole o fornire gratificazioni virtuali. Brunelli sosteneva che, finché ciò non sarà riconosciuto esplicitamente e finché non sarà sviluppata una tecnica adeguata, per affrontare i problemi relativi al bisogno di "trascendenza", con le sue componenti e vicissitudini corporee, nessuna tecnica psicoterapica potrà aspirare alla guarigione del paziente, ovvero alla sua liberazione.
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SISTEMA
È solo nell'ultimo mezzo secolo che, almeno nell'ambiente scientifico, il termine "Sistema" è stato usato con un significato che aspiri ad essere meno intuitivo, ma più specifico e referenziale. Tuttavia, l'interesse diffuso per processi polifattoriali, di natura non immediatamente intuibile, ha condotto all'applicazione del concetto di sistema a insiemi di eventi molto diversi, tra i quali, a volte, risulta difficile individuare qualsiasi analogia che giustifichi una comune denominazione e ciò toglie molto del suo potenziale valore a questo concetto.
Letteralmente sistema vuol dire "riunione di più cose". Tuttavia, rispetto al termine insieme (che rappresenta anch'esso una riunione di più cose), sembra implicare qualche cosa di più che una mera numerabilità. Nell'uso corrente un sistema è un insieme definito da qualche proprietà, non semplice, implicante qualche genere di finalità o di strategia (sistema di gioco, sistema del totocalcio, sistema di vita). Spesso indica anche un insieme di parti aggregate in maniera determinata per svolgere una funzione specifica, contenente, cioè, un'idea di organizzazione (sistema solare, sistema di idee ecc.). Un insieme di termini, che costituisce un sistema, dovrebbe quanto meno implicare qualche genere di sistemicità: ovvero qualche attributo posseduto da qualsiasi sistema. Nonostante ciò, quando tentiamo di delimitare il campo d'applicazione di questo concetto, sembra non vi sia alcuna caratteristica che possa essere attribuita a qualsiasi insieme che qualche addetto ai lavori sia incline a considerare un sistema.
Chiameremo sistema, quindi, un insieme di termini la cui la proprietà caratterizzante è una funzione della struttura, di cui l'insieme è il campo (in generale questa proprietà si identifica con un comportamento o con un processo). Questo enunciato deve essere considerato una definizione generale di sistema [Seminario Rivaldi, 1976]. In parole povere, un sistema è un insieme, il quale è il campo di qualche struttura, e in genere si tratta della struttura di qualche processo. Un sistema, quindi, può essere aperto o chiuso, ma non può essere privo di struttura. Potrà, inoltre, essere più o meno o per nulla complicato, ma non potrà mai essere privo di parti. Così definito un sistema potrà anche essere complesso.
Qualsiasi complesso è un sistema, ma non sempre è vero il contrario e se per il fisico è importante cercare di capire la dinamica della complicazione, che si presta assai bene al frazionamento, per chi si occupa del comportamento umano è assai più rilevante chiarire la natura della complessità.
COMPLESSO
In generale, chiameremo complesso un insieme quando questo è il campo di una relazione complessa, e una relazione è in generale complessa quando la sua definizione implica necessariamente più di due termini. Una relazione diadica (cioè fra due termini) non è mai complessa (per definizione) ma, in quanto relazione, è sempre semplice (non può essere, cioè, scomposta in relazioni con un minor numero di termini). Inoltre, una relazione diadica non è mai elementare dato che un ELEMENTO è sempre complesso.
I casi interessanti, per Brunelli, sono stati quelli nei quali la relazione complessa fosse anche una serie circolare. I sistemi viventi appartengono, progettualmente, tutti a questo tipo di complessità, ma richiedono che si imponga, alla precedente definizione che è molto generale, qualche specifica restrizione. La ragione di ciò risiede nelle peculiarità che distinguono il CONFINE dell'essere vivente. Per queste ragioni, e sulla base dell'analisi del rapporto fra il tutto e le sue parti, che dal vasto bacino della complessità siamo indotti ad isolare la complessità articolare chiusa. È in questo ambito, infatti, che il problema della persistenza dell'identità individuale assume un significato preciso e ha qualche probabilità di ricevere una risposta utile. K-Complesso è un sistema complesso organizzato da una K-relazione.
ELEMENTO
Le proprietà elementari di una cosa sono quelle che si conservano quando la frazioniamo, poiché il CONFINE del tutto ha la stessa natura del confine delle parti. Un atomo [3] della cosa sarà, allora, la più piccola parte di essa, capace di conservare un confine autonomo (cioè chiuso), che ne faccia una complessità unitaria. Questo, però, significa che un atomo non è mai semplice (cioè privo di struttura), ma ha delle parti differenziate e organizzate da una relazione complessa specifica. La rottura dell'autoconfine altera completamente, generalmente in modo irreversibile, la natura dell'elemento.
Il legame altera in qualche misura la forma di un elemento, ma le alterazioni indotte dal legame sono in genere più facilmente reversibili, infatti non alterano la topologia del sistema. In sintesi tutto ciò che è elementare è anche complesso, ma non è necessariamente vero il contrario, visto che esistono complessità aperte.
Un complesso è definito elementare quando possiede un confine autonomo, intrinsecamente determinato, ed è chiuso. Quando un complesso è chiuso nulla può attraversarne il confine senza subire qualche trasformazione. Se qualche cosa attraversa il confine, senza essere trasformata, o viene ignorata (non interagisce) oppure il complesso si guasta fino, a volte, alla disintegrazione.
CONFINE
Si può definire un confine in molti modi diversi, tutti utili in contesti specifici, ma in nessun modo il confine di un essere vivente può essere definito come una sorta di recipiente contenente i suoi componenti. Tuttavia, pensare il confine dell'essere vivente in questi termini è un'abitudine mentale molto diffusa e un grosso impedimento a comprenderne la natura specifica.
Una caratteristica rilevante di qualsiasi essere vivente è che il suo "l'involucro" (corteccia, membrana o pelle che sia) è autonomo, autarchico e necessariamente connesso alle parti del sistema. Questa è una differenza fondamentale rispetto ai recipienti nei quali il fisico mette qualche quantità di gas, quando costruisce un sistema termodinamico.
Il confine di un apparato sperimentale termodinamico viene stabilito dal fisico; il confine di un'ameba, invece, non è stabilito né dal biologo, né dal fisico. Chi lo determina è l'ameba stessa e, come può rendersi conto chiunque non abbia smarrito completamente il buonsenso, questo comporta un'enorme differenza. Il confine, nella teoria dei Sistemi Complessi Articolari Chiusi (SCAC), è un autoconfine gestito dallo SCAC e ciò che si dovrebbe cercare di comprendere è come lo SCAC (organismo) esercita questa gestione.
In maniera più formale, possiamo dire che il confine nella teoria dei Sistemi Complessi Articolari Chiusi (SCAC) è un concetto seriale. Uno Scac-Confine è una serie di termini, organizzati da una K-Relazione, ciascuno dei quali è bipolare ed è, a sua volta, l'estremo polare di una coppia antipodica. Questo enunciato equivale a una definizione di Sistema Complesso Articolare Chiuso. Infatti, la chiusura comporta una pressoché totale identificazione fra lo SCAC e il suo confine.
PERSISTENZA
In che modo si mantiene la forma che permette di identificare un sistema dinamico soggetto a un continuo rinnovamento dei suoi componenti? Nell'arco di due anni, il corpo distrugge o trasforma le molecole che lo compongono nel momento attuale, eppure, nonostante ciò, mantiene, pressoché la medesima forma. Cosa è che ne garantisce la persistenza? È facile intuire che il problema della persistenza è un problema pregiudiziale, la cui soluzione non può essere tacitamente attinta dal comune buonsenso. Anche se vari e potenti strumenti esplicativi sono stati forniti dalla chimica e dalla fisica, nel secolo scorso, applicare questi strumenti alla biologia non è stato facile, come potrebbe sembrare a prima vista, e il problema di come persistano le cose, campo del quale si occupa la scuola di Brunelli, (se non persistessero non potrebbero occuparsene), resta fondamentalmente aperto.
Per quanto si riesca a comprendere, il problema non riguarda le cose ma il linguaggio col quale se ne parla: è un problema che prima di tutto riguarda la logica. Si parla con grande disinvoltura del rapporto fra le parti e il tutto, ma si ha un'idea vaga di quale sia la natura di questa relazione?
Brunelli reputava che a monte di ogni altra considerazione, il problema centrale comune alla fisica e alla biologia, ivi compresa la psicologia, fosse: "Che genere di rapporto è il rapporto fra il tutto e le sue parti?". E ancora: "In che modo questo rapporto in certe circostanze si mantiene costante?". (La persistenza di una totalità infatti non è che la costanza delle relazioni fra le sue parti). Qualsiasi spiegazione scientifica di ciò che capita nel mondo (in particolare nel mondo della biologia) sarà sempre precaria finché non sarà chiara la natura di questo problema e finché non si disporrà di qualche risposta accettabile a queste domande.
La teoria dei SCAC è una risposta a queste domande, certamente ancora incompleta e tutt'altro che definitiva; è una risposta sufficiente a mostrare che vi sono da esplorare strade più vicine alle necessità umane di quelle che la fisica e la biologia hanno esplorato finora.
ARTICOLARE
Per afferrare tutta la portata del concetto di ARTICOLAZIONE è necessario mettere da parte le definizioni e le distinzioni anatomiche, dato che queste distinzioni hanno una rilevanza esclusivamente meccanica, che sicuramente ha la sua utilità, ma che tende a oscurare l'aspetto essenziale della funzione articolare nei sistemi viventi.
Considerando insiemi di segnali modificabili, chiameremo articolazione qualsiasi dispositivo capace di trasformare o annullare la forma di un segnale emesso da una sorgente e renderlo contestualizzabile in un ricevitore.
In generale, almeno nelle forme più evolute di articolarità, l'articolazione è un elaboratore ANALOGICO che, alterandone la forma, adegua il contenuto del segnale emesso da una sorgente alle capacità di gestione (elaborazione) di un ricevitore. L'articolazione svolge questo compito elaborando, nei modi consentiti dalla sovradeterminazione sistemica, la perturbazione creata da qualche evento nella sua dinamica interna; l'elaborazione persegue sempre la finalità di ristabilire il proprio equilibrio. Ciò che sorgente e ricevitore devono avere in comune è, in genere, un invariante topologico rilevante nell'intenzione comunicativa (è la radice del senso profondo della comunicazione). In altri termini, l'articolazione bada a se stessa, ma lo può fare solo nei modi consentiti dal sovrasistema cui appartiene e questa restrizione rende il lavoro autoconservativo dell'articolazione utile allo sviluppo e al mantenimento del sistema di appartenenza.
Per quanto riguarda l'articolazione scheletrica, si tratta di un Elaboratore analogico nel quale entrano grandezze fisiche e dal quale escono grandezze fisiche (in generale un'articolazione scheletrica converte grandezze meccaniche in grandezze elettriche e viceversa). Ciò che rende utile la possibilità dell'articolazione scheletrica di gestire queste grandezze è il suo isomorfismo con altri sottosistemi dell'organismo, e il fatto che le articolazioni sono nodi di una rete di legami, della quale non fanno parte soltanto altre articolazioni scheletriche ma anche altri sottosistemi o apparati dell'organismo: in particolare apparati e sottosistemi viscerali (ciascuna articolazione contiene una mappa somatotopica più o meno dettagliata dell'intero organismo). Una conseguenza importante della definizione di articolazione è che, secondo Brunelli, non si può più parlare dell'articolazione come di un dispositivo che separa due ossa, ma si dovrà parlare di un osso come di qualche cosa che collega due articolazioni. Nella Fisiopatologia Biotransazionale (FBT)[1] l'osso è il più rilevante componente del LEGAME breve tra due articolazioni. Un ginocchio isolato fra i due monconi del femore e della tibia non ha, infatti, alcun senso.
Il senso del ginocchio deriva dal fatto che svolge un ruolo nel dialogo analogico tra l'anca e la caviglia, dialogo nel quale il femore e la tibia sono canali di trasporto di energia e d'informazione. Ciò che è importante, in una visione macroscopica dell'organismo, è che l'articolazione scheletrica è un substrato adeguato a memorizzare vari tipi di informazione. Vale a dire che un'articolazione contiene sempre varie memorie o componenti di memorie del sistema (organismo). Inoltre, è fondamentale capire che l'articolazione non è un utile accessorio accidentale, ma una necessità pregiudiziale per il sorgere di qualsiasi sistema complesso chiuso autoregolato, ossia per qualsiasi organismo vivente.
Un sistema complesso di tale tipo è in sostanza un circuito, i cui nodi sono articolazioni nel senso della definizione appena data.
ANALOGICO
Nella comunicazione analogica è, ovviamente, essenziale l'analogia e in particolare l'analogia strutturale. Per esempio, quando si registra un disco di polivinile (i vecchi 33 giri) ciò che arriva al microfono è un'onda acustica (meccanica), il dispositivo di registrazione trasforma queste variazioni di una grandezza meccanica in variazioni di grandezza elettromagnetiche, e queste, adeguatamente elaborate, vengono ritrasformate e incise sul disco come variazioni di una grandezza meccanica (la struttura del solco). Il processo inverso ricostruisce la voce del cantante.
Tutto ciò si fonda sulla conservazione, lungo tutto il procedimento, della struttura del processo originale. Vale a dire che la struttura della serie di variazioni elettriche, magnetiche, ecc. è analoga alla struttura della serie di variazioni vocali e così via.
Nella comunicazione analogica, il segnale ha uno spettro di variazioni continuo (nasce da uno spettro continuo di differenze) e i segnali sono correlati in modo concreto agli elementi che ricevono l'informazione. Così, un significato può essere trasmesso (in tempo reale) con tutte le sue sfumature. Siamo qui nel campo dell'analogia e della differenza, della sintesi e dell'opposizione, del continuo, del concreto e del rappresentativo (isomorfo). Non vi è zero e non vi è negazione, né denominazione.
Stabilire e mantenere il rapporto fra sorgente e ricevitore è, per le teorie di Brunelli, un aspetto primario del ruolo svolto dalla comunicazione analogica.
Un calcolatore analogico trasforma le quantità che entrano nel calcolo in potenziali meccanici, elettrici o di altro genere, rendendo possibile l'elaborazione da parte di qualche circuito di variabili senza intermediari simbolici, ma come altre quantità e grandezze e questo in funzione, appunto, di qualche analogia strutturale (come per il disco di polivinile).
Rispetto al DIGITALE l'analogico sembra avere qualche problema riguardo alla sintassi. Ciò è stato creduto da Brunelli per molto tempo, finché egli non ha scoperto che la funzione più originale dell'IO è una funzione digitale e l'Io filtra tutto attraverso questa funzione. Così, le presunte difficoltà sintattiche dell'analogico si riducono a un mero pregiudizio e a una incapacità costituzionale dell'IO DIGITALE di utilizzare una sintassi complessa come quella del SE' analogico.
DIGITALE
La comunicazione digitale combina elementi discreti, presi come segni arbitrari, con una forte componente di convenzionalità (le proposizioni del linguaggio verbale ne sono un esempio). Si presta a un preciso trattamento combinatorio, che ne rende elevata la possibilità di codificazione ma anche la possibilità di aumentare la complicazione sintattica e inoltre è, in generale ed a priori, priva di significato. Il significato deve essere associato ai segni e alle combinazioni di segni, mediante l'uso di memorie per così dire esterne e regole specifiche delle quali non può essere dimostrata, fino in fondo, la consistenza. Il digitale è discontinuo (discreto), astratto, arbitrario, combinatorio; è il campo del significante, della distinzione, dell'analisi, dell'identità e della contraddizione. In confronto all'analogico, il digitale ha qualche problema con la semantica e questo sembra un difetto alla base di tanti smarrimenti intellettuali.
Gli aspetti funzionali, più rilevanti, sono: connotazione, scambio di informazione, scambio di idee e concetti, o loro equivalenti, tra sorgente e ricevitore.
Un calcolatore digitale richiede enunciati verbali, e con un bagaglio di tali enunciati, è in grado di fare molte cose interessanti, a volte sorprendenti, ma non è in grado di elaborare la comunicazione di un livello pre-linguistico, visto che elabora l'informazione solo in forma simbolica e convenzionale. Dato che le variazioni di grandezza possono essere espresse in numeri, un calcolatore digitale potrà sempre simulare un calcolatore analogico, ma avrà bisogno di una traduzione simbolica. Questa intermediazione simbolica ha una conseguenza importante: la programmazione di un digitale potrà essere assai semplice e veloce, ma l'elaborazione assai lenta. Viceversa per l'analogico.
Inoltre, è vero che qualsiasi significato può essere veicolato in un significante (codice) digitale, ma ciò è vero solo teoricamente. Infatti, la quantità di bit richiesti e il tempo di trasmissione renderebbero in taluni casi del tutto assurda l'impresa (cioè inutilizzabile l'informazione).
LEGAME
Tutti gli adattamenti precoci sono in definitiva vincoli che escludono delle potenzialità. La valutazione dei vincoli articolari e dell’articolarità globale residua è più importante di un’etichetta diagnostica.
Si può avere un grosso vincolo articolare e una discreta particolarità residua, poiché si è appreso a gestire quel vincolo in modo che lasci accessibili tutte le altre possibilità. Tuttavia, allo stesso tempo, si può non avere un vincolo così grave, ma essere vincolati in 3-4 articolazioni in modo tale che non vi siano alternative di comportamento utili da selezionare.
CHIUSO
I termini di un sistema complesso, del tipo SCAC, sono tenuti insieme da una relazione legante. Ciascun termine ha 4 legami disponibili, ciascuno dei quali deve necessariamente essere impegnato con i restanti 4 termini.
Ogni termine è oggetto dell’interesse equilibrato, positivo o negativo, degli altri 4 termini e questo significa che è attirato e respinto in maniera equilibrata, per cui non può sfuggire dalla sua posizione, ma significa anche che questo girotondo di termini doppiamente legati è completo: a nessuno avanza una mano per far entrare nel girotondo un 6° termine. Nessuno può uscire e nessuno può entrare.
In questo senso, il girotondo è chiuso e finché tutti si tengono per mano è autoconfinato.
Quella che segue è una definizione più formale della CHIUSURA di un complesso.
CHIUSURA
Un sistema complesso è chiuso se ciascun termine, contiguo a un termine del suo k-CONFINE, è un termine del suo k confine e se nessun termine può essere aggiunto o tolto senza violare le condizioni di esistenza del confine, ossia le condizioni di esistenza della K relazione. CONTIGUO qui significa che ha, con l'altro termine, un legame breve. La condizione stabilisce, perciò, che se un termine ha un legame breve con un membro del confine, allora ha gli altri tipi canonici di legame con gli altri membri del confine.
Non è difficile comprendere che un sistema del genere non risiede dentro il suo confine ma è il suo confine, non si tratta di una scatola. Il sistema non ha un confine, è un confine.
Lo SCAC (organismo) è tutto confine, è solo confine: fegato, stomaco milza, ossa, emozioni, pensieri, enunciati, e tutto quanto si possa concepire come un aspetto rilevante intrinseco, fa tutto parte del suo confine. Superata la sorpresa, questa visione offre un enorme vantaggio, quello di non trascurare fattori essenziali quando si cerca di comprendere le vicissitudini esistenziali di un individuo, le quali, senza eccezione, sono tutti eventi di confine.
Il concetto di confine è intimamente correlato al concetto di legame. Infatti, il confine nasce dalla regolazione cooperativa di una distanza e il legame nasce dalla regolazione cooperativa di un confine. Questo implica la regolazione di una tensione e di un flusso d'informazione.
Il confine di un essere vivente non è un contenitore esterno, ma piuttosto una serie di azioni compiute dall'essere vivente e coerenti rispetto ad una finalità ben determinata: quella di conservare la propria integrità. Questo equivale a dire che il proprio equilibrio specifico è rappresentato dal proprio confine.
CONTIGUO
Nella teoria dei Sistemi Complessi Articolari Chiusi si definisce la contiguità e la contiguità stretta. Due termini sono contigui se hanno un legame forte. Una definizione più semplice di contiguità è: due termini sono contigui se hanno almeno 1 dei 4 tipi fondamentali di legame. Ne segue che due termini sono K-integrati se hanno un K-legame lungo e almeno uno dei due appartiene a un K-complesso. La contiguità di due termini è qui un concetto funzionale.
Due termini contigui possono essere spazialmente molto distanti. Se fra due termini spazialmente molto lontani si mantiene una comunicazione continua e veloce, c'è più contiguità fra quei due termini che tra altri due termini, magari spazialmente adiacenti, ma poco e male comunicanti.