Intervista Bruce Sterling

Tratto da EduEDA
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Intervista tratta da www.mediamente.rai.it


Domanda 1

Bruce, in Italia non si sa molto della sua vita e della sua esperienza letteraria... Ci può dire qualcosa in merito alla sua professione di scrittore, alla sua vita, a come si è ritrovato scrittore?


Credo che la mia vita non sia particolarmente interessante. Ho delle idee interessanti, ma la mia vita è piuttosto noiosa. La si potrebbe riassumere in una frase: "Ha vissuto, ha letto molti libri, ha passato parecchio tempo davanti allo schermo di un computer, infine è morto". E' molto semplice. Però credo di avere delle idee piuttosto bizzarre.


Domanda 2

Ci può dire qualcosa a proposito dell'origine del termine cyberpunk?


Veramente cyberpunk è una definizione che si deve ad un critico di fantascienza, Gardiner Deswell, l'editorialista di una rivista che si chiama "Asmar", una rivista che si occupa di fantascienza. E' stato lui il primo ad usare il termine cyberpunk per riferirsi a me parlando con alcuni suoi colleghi del "Washington Post". Stiamo parlando di cose avvenute negli anni '80.


Domanda 3

E' d'accordo con la definizione di cyberpunk a proposito del suo lavoro?


In realtà non mi dispiace affatto. Ho scritto un libro che è una specie di antologia del cosiddetto "immaginario cyberpunk", ed è così che Bruce Sterling è diventato "uno scrittore cyberpunk", ma in realtà io scrivevo libri di fantascienza prima che il termine cyberpunk fosse mai stato usato, e che divenisse poi una parola alla moda. Non saprei dire altro. Io continuo a scrivere libri, posso solo pensare che forse c'è qualcosa di vero in quella definizione.


Domanda 4

Come spiega che si è fatto coincidere i concetti di pirateria informatica e cyberpunk?


Questa è una domanda a cui è difficile rispondere. Credo sia un'idea messa in circolazione da qualche giornalista-pirata informatico, o da qualche tecnico informatico pirata... Qualcuno che voleva dare un nome a dei ragazzi che trovavano il modo di accedere ai loro computer, anche senza intenzioni di pirateria, soltanto per provarci e farlo, una specie di gesto rivolto contro l'autorità. Così queste persone hanno pensato che in queste intromissioni vi fossero delle intenzioni cattive. Credo che allora non si rendessero davvero conto che esistesse una realtà cyberpunk: si trattava probabilmente di giornalisti che provocavano altri giornalisti e scrittori. Ricordo quando ho incontrato per la prima volta K.D. Hafner. Aveva appena scritto un libro che si chiamava "Cyberpunk e hacker, alla scoperta delle ultime frontiere dei computer". Io le ho detto: "Sono uno scrittore di fantascienza", e lei è rimasta davvero scioccata, ha detto: "Lui esiste davvero!". E' stato un momento davvero difficile. Nel mondo dei computer ci sono molte persone che stabiliscono contatti fra loro, che prima si trovavano ad anni luce di distanza fra loro, abitavano in società totalmente diverse, e che improvvisamente si trovano a vivere nello stesso spazio-tempo.


Domanda 5

Che significato ha per lei il concetto di pirateria informatica? Ed in particolare, come giudica l'opinione che la maggior parte delle persone ha su questo argomento? Cos'è per lei, veramente, un crimine informatico?


Credo ci sia da fare una distinzione precisa tra crimine informatico e pura e semplice goliardia informatica, seppur bizzarra. Non c'è da farne un dramma, non si può parlare di crimine informatico se solo uno ha a disposizione un modem e lo usa. Per parlare di crimine ci deve essere del denaro di mezzo, degli interessi economici. Se qualcuno si comporta con il computer come lo fanno i hacker, non è un crimine, è solo un divertimento. Esistono cose che sono sicuramente illegali, ma che non si possono definire crimini. Esistono viceversa situazioni in cui delle persone, organizzate, sfruttano altre persone, inserendosi ad esempio nei loro interessi economici e mettendosi in tasca milioni di dollari, cioè del denaro che si sono procurati illegalmente, e quello sì che è un crimine.


Domanda 6

Lei crede che gli hacker siano dei criminali informatici?


Certo che no. Credo che la definizione di hacker sia molto elastica, si attaglia a persone assai diverse tra loro. Voglio dire, conosco per esperienza persone che si auto definiscono hacker e che sono dei miliardari per i quali in computer non è assolutamente una forma di guadagno, che insomma sono semplicemente delle persone creative, una sorta di "intellighenzia" del computer. E poi conosco altre persone che si definiscono hacker e che invece sono fondamentalmente dei pirati. Questi non dovrebbero essere autorizzati a definirsi "hacker", ma non glielo si può impedire. Voglio dire che non esiste una polizia che tuteli l'uso proprio di questo termine.


Domanda 7

Che cosa ne pensa dei diritti d'autore, dell'informazione telematica e dei prodotti offerti sul mercato ad uso dei computer?


Tengo molto all'argomento del diritto d'autore. Noi adepti del cyberpunk abbiamo uno slogan, che dice: "L'informazione consiste nell'essere liberi", che non abbiamo inventato noi, ma un signore che si chiama Stewart Bryant, che fa l'editore, il giornalista ed è anche maledettamente ricco. Ma a me interessa scoprire tutti gli aspetti dell'esistenza umana, mi interrogo molto sulla sofferenza umana, su come le persone vengono mercificate, trasformate in oggetti di proprietà, e sui libri, che come le idee, appartengono alla categoria specifica che riguarda la proprietà intellettuale. C'è qualcosa di preciso nel concetto di proprietà intellettuale. Per quanto riguarda l'informazione, non è la stessa cosa. E' come il rapporto che c'è tra questa sedia, o questa panchina su cui sono seduto ora, e l'albero con cui è stata costruita. C'è qualcosa di più: qualcuno ha preso l'albero e ci ha costruito la panchina. L'informazione è come l'albero, cresce da sola. Io vivo facendo lo scrittore, vendendo i miei libri, ma non invento un linguaggio, forse ho inventato qualche parola, forse tre o quattro parole, come "podo-plastic". E poi ci sono alcuni neologismi che hanno attraversato il mio lavoro come un filo rosso, come "circum-alluner". Si tratta di concetti che associati tra loro ne creano altri, diversi, ma di solito uso termini già esistenti.


Domanda 8

Crede che il diritto d'autore sia, di fatto, un incentivo alla pirateria informatica? Ha delle opinioni in proposito, o dei suggerimenti, delle regole che secondo lei andrebbero applicate?


Ritengo che le reti telematiche non siano oggetti di proprietà di qualcuno: sono come le lingue, che esistono e che le persone usano per comunicare tra loro. Prendiamo ad esempio la lingua italiana. Nessuno è proprietario della lingua italiana, non c'è un manager che gestisca la lingua italiana, non c'è un consiglio di amministrazione che decide le sorti della lingua italiana. Voglio dire, esistono dei professori di italiano, e delle persone che insegnano la lingua italiana, cosicché si possono fare dei soldi attraverso l'impiego della lingua italiana, la puoi sfruttare, la puoi sviluppare, ma non ne puoi fare oggetto di diritto d'autore, non devo chiedere il permesso a nessuno per coniugare un verbo in italiano. Così credo che si debba stabilire una cosa, cioè che si debba fare molta attenzione quando si mescola il denaro con l'informazione. L'informazione è una cosa attraverso la quale siamo in grado di fare le cose in modo più efficiente. E' una vecchia storia. Le biblioteche sono un bene della gente. E che cos'è una biblioteca? E' qualcosa che il governo sovvenziona, dove la gente va per raccogliere informazioni senza dover pagare. Io sono un autore. Potrei dire: "Le biblioteche rubano il mio sangue, la mia vita, tutti quelli che vanno in biblioteca e vi leggono i miei libri non mi fanno guadagnare un soldo". Potrei mettermi davanti alle biblioteche e chiedere a ciascuno che ci va a leggere i miei libri di pagarmi. Potrei dire che quello è un crimine intellettuale, io sono il proprietario di quel libro, non ci sono scusanti. E lo stesso vale anche per i negozi di libri usati, non so nulla dei miei libri che vengono venduti lì. La gente va nei negozi di libri usati e ruba qualcosa di mia proprietà. Potrei chiedere che le loro case venissero perquisite. Potrei chiedere che a queste persone venisse fatto l'obbligo di provare come sono venuti in possesso dei miei libri... E questo avviene per quanto riguarda il software, ad esempio. Questa è la politica che applicano i produttori di software e i loro amici che ritengono il software degno di tali misure di protezione. Ma, vede, nel mondo dell'editoria ci si è venuti a misurare in termini di grosse tirature già molto tempo fa. Non ritengo che i miei lettori "clandestini" siano miei nemici. Non mi preoccupa il fatto che la gente vada nei negozi di libri usati. Se leggi un mio romanzo, e poi lo presti a un amico, sei mio ospite. Non mi devi dare la prova di come sei venuto in possesso del mio libro, non sono un intellettuale con un'idea fascista della proprietà.


Domanda 9

Mi dica: sugli scaffali della sua libreria, nella sua casa, quali sono i volumi a cui tiene di più?


Ci sono molti libri che non trattano di narrativa. Mi interessa molto la storia, credo che la storia abbia molte lezioni da darci, molte risposte, e che se non si comprende il passato, non si comprende nemmeno la direzione verso la quale ci stiamo indirizzando. Mi piace molto Freeman Diesen, credo sia uno scrittore davvero molto visionario. E' uno scrittore americano, un fisico che lavora all'Università di Princeton, dove studia il calcolo delle probabilità. Leggo molti libri di scrittori che sono dei visionari del computer, come Alan Kay, come Pubble Curtis. In questi giorni, passo molto tempo a leggere la E-Mail, c'è una quantità spaventosa di materiale sulle reti telematiche. A volte non è chiaro neppure chi davvero le scriva, quelle cose. E' come una specie di "Readers' Digest", un compendio del sottobosco informatico, mi tengono davvero sul filo di quello che sta succedendo. Poi leggo molte riviste, ho una quindicina di abbonamenti a vari periodici. Credo che le riviste oggi siano il più interessante mezzo di comunicazione, credo siano un investimento in denaro più interessante, ad esempio, del CD-Rom, anche se siamo nell'era del CD. Ho un sacco di abbonamenti, davvero tantissimi.


Domanda 10

L'incremento dello sviluppo della società informatica è comunemente ritenuto un fenomeno positivo. Al contrario, molti libri di fantascienza propongono un immagine negativa dell'informatizzazione. Come lo spiega?


Noi cyberpunk abbiamo uno slogan: "Guarda sempre prima a quello che c'è sotto". Voglio dire, molte persone nella nostra società sono davvero oneste, ma per mestiere ci vendono macchine, ci vendono ogni tipo di gadget, ci fanno ingoiare ogni sorta di ritrovato tecnologico. Il loro mestiere è farci accettare tutto questo, e fare soldi in questo modo, facendoci comprare di tutto, con l'idea di poter migliorare la qualità della nostra vita. Ma per alcuni intellettuali "minori", come io mi considero insieme ad alcuni colleghi, tutto questo ci fa essere un po' scettici. Credo si tratti di uno sviluppo in senso salutare. Se fai un rapporto, noi siamo dieci, dodici persone rispetto a legioni di persone riunite in corporazioni, strutturate, organizzate, con budget pubblicitari altissimi a loro disposizione, e tutti cercano di venderci i loro Walkman Sony, i loro computer portatili, i loro telefoni cellulari, i video per i bambini. Hanno delle armi in mano e cercano di buttare tutto questo dritto dentro le nostre gole. Questo accade nella società in cui viviamo. E così alcuni di noi dicono: "Aspetta un momento: cosa significa tutto ciò?". Credo che questa sia una domanda saggia da porsi.


Domanda 11

Un'altra domanda. La tecnologia informatica è sicuramente un aiuto e una rivoluzione nell'ambito del processo della comunicazione. Probabilmente lo rende migliore. Ma, nella sua opinione, è possibile che ciò significhi invece un peggioramento, riducendo la comunicazione a un piatto sottofondo senza senso?


Sono d'accordo con lei, se per mezzo di comunicazione si riferisce alla televisione: cosa c'è di peggio? Voglio dire, almeno abbiamo un'alternativa, un modo per cui ciascun individuo può trasformare lo schermo in qualcosa che lo riguarda, invece di vedere cose che attraversano lo schermo come sfilate. La tecnologia informatica, invece, è qualcosa di totalmente nuovo, e rende tutto molto promettente, più vicino all'individuo, dà più spazio alle persone, le lascia più libere di seguire i propri istinti, le proprie idee, non è paralizzante. Non è tutto in mano ad un'organizzazione tirannica, come è vero per la televisione e come è stato vero per la radio. Mi sento abbastanza ottimista rispetto alla prospettiva della comunicazione via computer, ma se uno crede che questo risolva tutti i nostri problemi politici, ovviamente costui vive nel paradiso dei beoti, e in questo senso le macchine finirebbero per complicare i nostri problemi politici.


Domanda 12

Nel suo libro "Isole nella rete", uscito ora anche in Italia, ma che lei ha scritto nel 1987, si trova una strana coincidenza con un fatto avvenuto qui in questi giorni. Vi si parla di manomissione dell'informazione via rete telematica; lei è al corrente di ciò che è di recente successo all'ADN-Kronos. Che opinione si è fatto? Lei ha detto che l'Italia è il primo paese al mondo in fatto di inquinamento dell'informazione.


E' sicuramente uno sviluppo bizzarro, che la gente nel mondo segue con grande attenzione. Ma non mi sorprenderebbe del tutto se la prossima settimana arrivasse un ragazzino e dicesse: "Va bene, mi dispiace tanto, ho solo 14 anni, pensavo fosse un'idea divertente...". Voglio dire, è strano che sia successa una cosa del genere, ma si tratta di una strana coincidenza, è vero, ma non è poi così strano. Io sono uno scrittore di fantascienza, prendo molte delle mie idee dalle cose che leggo sui quotidiani, che vedo sulle riviste. Devo solo distorcerle, estrapolarle, renderle in qualche modo più intense. Mano a mano che il tempo in cui vivi trascorre, il tempo ti cattura, ti assorbe. Non è particolarmente sorprendente che nel 1994 le cose siano molto più simili a quelle descritte nel libro, di quanto non lo fossero nel 1987, quando ho scritto il libro. E' una cosa naturale. Voglio dire: è spaventoso, non è un affare piacevole, ma non è strano, c'era quasi da aspettarselo.


Domanda 13

Con il suo amico di Palo Alto, Pavlov Curtis, lei ha sostenuto che nel 2010 ci sarà un computer per ogni cittadino del pianeta. Quale pensa sarà allora il nostro modo di vivere?


Vede, io possiedo tre computer. E' come chiedere quante macchine che funzionano a energia elettrica uno ha in casa. L'unica risposta possibile è: "Non ne ho la minima idea". Ma se uno va in casa propria, alla ricerca di macchine elettriche, probabilmente ne troverà almeno trenta. Vede, ho qui un computer che neppure sembra un computer, lei non direbbe mai che questo è un computer... Per me è come chiedere: "Hai il telefono a casa?". I telefoni sono talmente presenti nelle nostre vite che se non ce l'hai, sei considerato un eccentrico. La gente viene a casa tua e chiede: "Dov'è il telefono?", "Non hai il telefono?". Lo stesso sarà per i computer.


Domanda 14

So che lei ha una figlia piccola. Che futuro si augura per lei? Considerando il tipo di società in cui viviamo, quali sono le sue paure per il futuro di sua figlia?


Le auguro di avere un tetto sopra la testa. Questo è stato un lungo secolo buio e, stando alle esperienze storiche, spero che non le capiti di finire in una fossa comune. La mia prima preoccupazione è una casa con un po' di verde, nel senso che comunque abbia un giardinetto dove poter andare. Quando lei avrà otto o nove anni, o magari quindici o sedici, il pianeta sarà surriscaldato. Ero convinto che Roma a novembre fosse fredda e scura, e questa sembra primavera! Che sta succedendo? Anche se tutti al mondo avessero un computer, che significherebbe se poi non piove? Farà troppo caldo anche per uscire di casa.


Domanda 15

Lei ha detto oggi alla conferenza stampa che la comunicazione ad alto grado di tecnologia, come quella di cui si parla nel suo libro, ci può far comodo. Può rendere migliore, per esempio, la qualità della vita dei Tuareg. Ho capito bene?


Credo di sì. Ecco, si deve avere un minimo di fiducia e di speranza negli esseri umani. Quando si vede che le persone sono messe nelle condizioni di fare le cose, è bello che quelle cose riescano. Quando invece si pensa che quelle persone sono cattive, e gli si danno delle possibilità che loro useranno per danneggiarsi, allora si sta pensando in un modo autoritario, a mio avviso. Si dovrebbe dare per scontato che esistono persone migliori della maggioranza che può dire agli altri come gestire le loro vite, ma credo che si siano già viste molte situazioni in cui qualcuno si autonomina leader e crede di essere l'unico a conoscere la verità, mentre il resto della popolazione non è ancora pronta per conoscerla. Questo non funziona, è sempre una brutta cosa. Voglio dire, molti esseri umani sono stupidi e cattivi, ma ogni essere umano che si mette a governare è dieci volte più stupido e cattivo. Così, ecco che abbiamo la possibilità di aiutare le persone a cercare di capire che c'è la possibilità di migliorare le loro vite. Credo che questo sia un fatto positivo.