Arte e sessantotto
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Nella stagione della contestazione i comportamenti artistici più rilevanti sono quelli anti-artistici,ovvero quelli che che si battono per una funzione sociale dell’arte,che denunciano il sistema borghese della mercificazione privatistica degli oggetti.Si lottava essenzialmente contro il sistema arte,in quanto mondo chiuso nelle proprie logiche e nelle proprie sacralità istituzionali,mosso soltanto dalla volontà di creare un mercato di oggetti vendibili al miglior compratore,sacrificando tutte le necessità di ricerca e sperimentali che sono proprie del linguaggio artistico;soprattutto contro galleristi,curatori,critici,tutti ingranaggi oleati della macchina artistica,il quale interesse principale è vendere e mantenere il potere decisionale all’interno del circuito.Arte che si fa politica,programmaticamente,rendendo esplicito l’impegno,manifestando nella direzione di un’arte di ricerca che ristrutturi le funzioni delle attività artistiche,in rapporto con la trasformazione di una cultura “nuova”,rivoluzionaria.
I luoghi deputati di esposizione e di compravendita dei manufatti vengono disertati a favore di situazioni nuove,adatte a creare una nuova percezione degli eventi artistici,spazi in cui poter socializzare la propria creatività e divulgare in maniera orizzontale,concretamente,il fare arte come esperienza liberata dalle mistificazioni culturali.Il “ruolo nuovo” è quello della spinta reale verso una utilità sociale dell’arte.Nascono le collaborazioni con gli istituti psichiatrici e le scuole,dove è possibile liberare le forze creative e innestare un percorso di formazione e recupero,e la militanza come operatori estetici all’interno delle masse scioperanti di studenti e operai creando manifesti,striscioni,slogan,situazioni,tutte esperienze che lavorano,prospettivamente,per una partecipazione (creativa) popolare alla cultura artistica.