Napier Mark
Napier Mark
Biografia
Artista newyorkese che a metà degli anni Novanta abbandonò tele e pennelli per dedicarsi alla sperimentazione con i nuovi media. È uno degli artisti più completi della Net.art, perché ha una particolare sensibilità da pittore unita a una grande esperienza di internet e delle nuove tecnologie. Oltre ad avere notevoli intuizioni, possiede anche una profonda conoscenza dei meccanismi del web che gli consente di dar vita a net.opere come "Digital Landfill" che ci pone dinanzi a una discarica digitale, cioè a una schermata nella quale sono raccolte una serie di immagini in forma di collage di cifre binarie, testi, appunti, dati obsoleti, html inutilizzato e spam indesiderato. L’artista pone questi “detriti in rete consentendogli di mescolarsi e stratificarsi. La manipolazione dell'html è alla base della maggior parte dei lavori di Napier. Le applicazioni che elabora sovvertono le normali procedure di navigazione e restituiscono all' utente un'esperienza del Web nuova e sorprendente. Il progetto che lo ha reso noto al grande pubblico è "Distorted Barbie" (Barbie Distorta), lavoro ironico e dissacrante che si basa sulla distorsione di alcune immagini della bambola più famosa del mondo usando filtri di Photoshop. La Barbie, icona della cultura popolare Usa, viene trasformata e deformata, annullando così la sua proverbiale perfezione fino a renderla praticamente irriconoscibile.
Opere
- "The Distorted Barbie"
http://users.rcn.com/napier.interport/barbie/barbie.html
E’ un sito che offriva una serie di reinterpretazioni grafiche della bambola più famosa del mondo. Al modello "ideale" in commercio, Napier affiancava un'anoressica Kate Moss Barbie dagli occhi così grandi e liquidi che le pupille potevano galleggiarci dentro, una Barbie posseduta dal demonio, un pò invasata o una Barbie brutta e grassa, tutto sommato non dissimile da una comune teenager americana sovrappeso. L'esplicita volontà dell'autore di parodiare "uno dei simboli religiosi del nostro tempo", scatenò la reazione della Mattel. Minacciato legalmente per violazione di copyright, l'artista fu costretto a fare marcia indietro e a lasciare online una versione mutilata del sito, completata dalla sarcastica scritta "Barbie è un prodotto Mattel".
- "Shredder" (il Frammentatore) 1998
http://www.potatoland.org/shredder
Lo Shredder infatti non è un plug-in, ma un semlice programmino (applet) in Java, che si insinua come un un cuneo tra il server e il nostro browser. Alterando il codice Html, prima che Netscape o Explorer siano in grado di leggerlo, lo Shredder consente di visualizzare i file sorgenti delle pagine Html, sovrapponendoli al contenuto delle pagine stesse. Se lo si "punta" su una qualsiasi pagina Web che contiene immagini e testo, l'effetto è quello di un collage impazzito, in cui segni grafici e testuali si sovrappongono caoticamente al codice di controllo (le tag) che dovrebbe disporre i contenuti in modo funzionale. Da nascosto, il file di testo Html diviene palese, si fa segno grafico e metatestuale, elemento di costruzione autonomo, non più semplice contenitore o strumento per l'impaginazione. Alterando il codice Html, prima che il browser lo possa leggere, lo Shredder si appropria dei dati del Web, trasformandolo in un Web parallelo. I contenuti diventano grafica, il testo diventa grafica e l'informazione diventa arte. Dunque lo Shredder si appropria del Web, o del modo convenzionale in cui i browser lo rappresentano, per trasformarlo in qualcos'altro.
- "Riot"
http://www.potatoland.org/riot
Riprende i meccanismi dello Shredder, introducendo nuove funzionalità. Producendo un'effetto visivo di forte saturazione, Riot è infatti il primo browser multiutente. E cioè il primo browser che consente all'utente di visualizzare i contenuti dei siti che sta navigando simultaneamente a quelli scelti dagli altri utenti che sono collegati a Riot nello stesso momento. Il browser tiene infatti in cache (in memoria) tre Url per volta. Ogni volta che se ne seleziona una nuova, questa si sovrappone alle due più recenti, "espellendo" la terza dalla lista. Sebbene la posizione e le dimensioni dei singoli oggetti (immagini, link, testi) vengano notevolmente alterate, tutti i link rimangono attivi. Se digiti una Url nell’intervallo di tempo in cui la pagina si carica può essere già diventata la seconda della lista perché qualcun altro, nel frattempo ve ne ha già messa una sopra. Sovrapponendo più siti all'interno di un'unica finestra, Riot trasforma automaticamente l'utente in un'artista concettuale. Se Duchamp, con i suoi ready-made, metteva i baffi alla Gioconda e rovesciava i pisciatoi in fontanelle, l'utente di Riot può mescolare i siti porno con quelli d'arte, scienza e politica.
- "Feed"
http://www.potatoland.org/feed
E’un java browser che riduce la pagina web ad una griglia di testo e pixel, di cui analizza e scompone i colori fondamentali. Gli fu commissionato dal Moma di San Francisco. E’ il terzo browser messo a punto da Mark Napier. Già con "The Shredder" e "Riot", Napier aveva sondato la possibilità di esplorare la Rete in maniera alternativa, realizzando applicazioni che sovvertono le normali procedure di navigazione e restituiscono all'utente un'esperienza del web nuova e sorprendente. "Feed" trasforma l'interfaccia di navigazione in una specie di tavolozza digitale. Selezionando un indirizzo Internet e cliccando sulle varie funzioni a disposizione, l'utente assiste alla generazione automatica di un dinamico collage, risultato dell'analisi dei vari aspetti grafici e cromatici della pagina web prescelta. Per lanciarlo basta infatti collegarsi a Potatoland, il sito che raccoglie tutti i progetti dell'artista e accedere all'area contenente il browser.
- "Digital Landfill" 1998
http://www.potatoland.org/landfill
Una pattumiera digitale in continua evoluzione dove è possibile buttare i file del proprio cestino. Dati che si mischiano e si ricombinano come in una discarica pubblica, a strati e strati di immagini, animazioni, testi, link, indirizzi di posta o Url gettati da altri navigatori.
musei
Bibliografia
Sito web
Poetica
Se deformando le bambole, l'artista newyorkese aveva riutilizzato materiali protetti da copyright, con lo Shredder creava uno strumento per automatizzare questo processo sul Web. In questo caso, infatti, l'appropriazione non riguardava solo i contenuti, ma investiva anche lo strumento, non più in grado di funzionare come era stato progettato. Riot mette in discussione due assunti che diamo normalmente per scontati: la navigazione del Web come esperienza solipsistica e l'omogeneità dei contenuti all'interno di uno stesso sito. Mette in discussione le barriere e le convenzioni che separano i siti e i linguaggi della rete. L'obiettivo di questi esperimenti è quello di smontare una delle convenzioni più radicate della Rete, quella che imprigiona le informazioni nella familiare "forma-pagina" e trasforma il Web in una specie di enorme librone automatizzato.