Dall'organico al postorganico

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Il Corpo: dall'organico al postorganico

Il corpo da sempre viene utilizzato nella sua valenza simbolica come mezzo di comunicazione, di espressione artistica o come segnale di appartenenza e di identità. A seconda delle epoche e delle culture esso è esibito, ostentato, nascosto o addirittura ripudiato. E’ anche il luogo nel quale i detentori del potere concentrano le loro forze per attuare meccanismi di sopraffazione, basti pensare all’imposizione del velo che copre totalmente o parzialmente le donne di cultura araba. Il concetto di corpo ha subito profonde trasformazioni a partire dalla seconda metà del Novecento; in particolare dagli anni Sessanta esso viene utilizzato come strumento di opposizione alla società ponendosi come il fulcro attorno al quale ruotano quasi tutte le manifestazioni artistiche. Rappresenta il momento espressivo e creativo per eccellenza, il mezzo con cui si cerca di scardinare il sistema dell’arte basato sull’economia e sulla interrelazione dei ruoli di artista, gallerista, mercante, collezionista. E’ in questo periodo che nasce e si sviluppa il fenomeno della performance che, in quanto evento effimero e irriproducibile, riesce ad essere immune e a sfuggire a quel processo di mercificazione dell’arte visto come un grave minaccia e un limite alla libertà espressiva degli artisti. Adesso il soggetto prende il sopravvento sull’oggetto, il gesto sull’opera finita e definita. Così la nuova corporeità, il senso dell’effimero e gli impulsi controculturali alimentano un rinnovato gusto estetico destinato a caratterizzare le attività artistiche in tutti gli ambiti; quello teatrale con il living theatre, quello cinematografico con le tendenze underground e quello musicale con il movimento punk. Parallelamente si sviluppa il fenomeno della Body Art, un vero e proprio atto di radicalizzazione dell’espressività corporea i cui precedenti si potrebbero far risalire al teatro della crudeltà di Antonin Artaud 1 e alle performance di artisti come Yves Klein (Antropometrie) e Piero Manzoni (I corpi firmati, La merda d’artista). Tutto ciò conduce all’estremo il concetto di riappropriazione del corpo, finalmente libero dagli istinti repressi e dalle regole sociali e morali che lo avevano plasmato fin dall’infanzia. I tagli sulla pelle diventano un modo per raggiungere la profondità, sentire anche l’interno del proprio organismo e non viverlo soltanto come una superficie. La Body Art mette in scena il corpo come vittima di soprusi, violenza e atti di autolesionismo: emblematiche in tal senso sono le opere di Gina Pane che aveva scelto di rischiare la propria vita ogni volta che si esibiva. “La ferita è un segno dello stato di estrema fragilità del corpo [...] un segno che evidenzia la situazione esterna di aggressione, di violenza a cui siamo esposti [ Vito Acconci, sempre in quegli anni, definisce il corpo dell’artista come luogo di avvenimenti, come il dolore, la variazione di ritmi biologici, la resistenza fisica e psichica fino a modificarlo radicalmente. Nelle sue opere si mettono in discussione identità sessuali, fisiche e razziali; proprio l’ambiguità tra i generi maschile e femminile sarà il tema centrale per molti altri artisti; è la rivoluzione e la liberazione sessuale. E’ adesso che nasce il glam rock con una particolare estetica all’insegna della stranezza, del make up, delle paillettes e dei costumi esagerati e dà origine all’ iconografia della drug queen, del travestito e del viados. Si può parlare di un corpo in divenire, in continua evoluzione desideroso di mutare e di esprimersi non importa se attraverso il sangue e la violenza, il trucco o i travestimenti. Anche gli anni Novanta proseguiranno in questa direzione e proprio nel momento in cui la macchina trionfa e dilaga il corpo assume paradossalmente una centralità mai raggiunta prima. Tutto questo non senza contraddizioni poiché la corporeità viene esaltata e rinnegata al tempo stesso. La chirurgia può mutare le identità sessuali, innestare protesi artificiali o sostituire con meccanismi parti difettose; l’ingegneria genetica permette di clonare gli organismi; il corpo può quindi essere modificato per necessità o per piacere grazie alla tecnologia. La performance degli anni Novanta si allontana dalla dimensione ritualistica e intimistica tipica degli anni Settanta per avvicinarsi all’ibridazione della carne che si fonde con la macchina. Questo fenomeno di penetrazione tra corpo e tecnologia è la diretta conseguenza dei mutamenti sociali e culturali dell’età contemporanea.


Artisti come Orlan, Stelarc e Marcel.Lì Antunez Roca si inseriscono perfettamente con le loro performance in questo contesto di ibridazione tra organico e inorganico che spinge il corpo in una dimensione cyborg. Mutazione è la loro parola d’ordine. Orlan si sottopone da più di dieci anni ad interventi chirurgici per trasformarsi in un nuovo essere che tende alla bellezza classica, si tratta di una vera e propria riprogettazione del corpo che giunge a mettere in crisi il concetto di identità. Si parla di arte carnale [ Lo spagnolo Marcel.Lì Antunez Roca, uno dei fondatori del famoso gruppo teatrale Fura dels Baus, ha creato come Stelarc un’interfaccia del suo corpo e l’ha inserita in un computer collegato ad esso per mezzo di sensori avvalendosi tuttavia di tecnologie meno sofisticate. Marcel.Lì pone se stesso come protagonista di un videogioco che a tratti diventa pesante e pericoloso. Tutto ciò scardina l’idea che l’elemento virtuale sia inteso come un’entità insensibile e astratta. Il suo corpo è invece reale, la carne è al centro suo lavoro come testimonia la straordinaria scultura raffigurante un uomo che, come Frankenstein, é realizzato con carne di maiale cucito a mano; qualcosa di apparentemente grezzo che in realtà racchiude una tecnologia sofisticatissima.


1. A. Artaud, Il teatro e il suo doppio, Einaudi,Torino 2000

2. www.arkineos.it/rivista/corparc/corpuman.html(gennaio 2006)

3. M. Perniola, Il Sex appeal dell’inorganico, Einaudi, Torino 1994, p. 14

4. www.lattuadastudio.it/Artisti/Orlan/orlan2.htm (gennaio 2006)

5. www.decoder.it/archivio/shake/decoder/stela.htm (dicembre 2005)