Heidegger Martin

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Martin Heidegger (Messkirch, 26 settembre 1889 - Friburgo in Brisgovia, 26 maggio 1976)


Martin Heidegger


Biografia

M. Heidegger, nacque a Messkirch (nel Baden) in Germania nel 1889, in una famiglia cattolica, di modeste condizioni economiche; conseguì il dottorato nel 1914 all’Università di Friburgo dove diventò assistente di Husserl nel 1916; fu docente all’università di Marburgo dal 1923 e pubblicò Essere e tempo nel 1927, opera dedicata ad Husserl che lo propose come suo successore all’Università di Friburgo nel 1928; nel 1933 divenne rettore dell’Università di Friburgo e aderì al regime nazista. Nel 1934 si dimise dalla carica di rettore, occupandosi solo dell’insegnamento e dei suoi studi, non rinnegando mai la sua esperienza precedente; le conferenze del 1936 su L’origine dell’opera d’arte e su Hölderlin e l’essenza della poesia introdussero la nuova visione filosofica del cosiddetto ”secondo Heidegger”, sviluppata con la Lettera sull’umanesimo (1947); morì nella sua città natale nel 1976.


Poetica

Il primo Heidegger

La caratteristica fondamentale della sua filosofia è incentrata sull’uomo come esistenza, in tedesco Da-sein, “esserc-ci”, essere- qui, ma l’esistenza umana non è la stessa esistenza delle cose e degli animali, perché l’uomo è sì “gettato nel mondo”, come gli altri enti, in una determinata situazione, ma in lui c’è la specificità, tutta umana, di ri-progettarsi continuamente, di interrogarsi sulla vita e sulla morte, sull’essere e il nulla. Mentre “l’esistere” delle cose è un fatto meccanico, automatico, l’esistenza dell’uomo non è un dato di fatto, “come” esistere dipende solo da lui, quindi l’esistenza dell’uomo è possibilità, libertà, scelta; l’uomo non è qualcosa di definito, ma è “poter essere”, è il soggetto gettato sempre in una situazione concreta, in un mondo di cose e di uomini, “aperto” ad un mondo di cose e di significati che gli preesiste. Il mondo è caratterizzato dalla sua apertura al soggetto-uomo, al quale le cose appaiono come “utilizzabili”, cioè strumenti che hanno un significato per lui, per i suoi scopi, i suoi progetti- che “servono” a qualcosa- ; il mondo si dà al soggetto come una totalità strumentale: ogni cosa è uno strumento legato ad altre cose, che “rimanda”, ad altre cose, identificabili attraverso “segni”, che sono le modalità con cui le cose “si danno” al soggetto. Questi non è una tabula rasa, ma possiede da sempre pre-giudizi e pre-nozioni sul mondo, ha una pre-comprensione, cioè un orizzonte di senso, in cui inserire e interpretare, “comprendere”, le cose: la comprensione e la cura sono infatti i modi d’ essere del soggetto uomo (dell’esser-ci) in rapporto al mondo. La “cura” è la modalità di gettatezza dell’uomo in mezzo alle cose, la sua preoccupazione verso di esse e la loro utilizzabilità: è la dimensione della banalità, della quotidianità, della “ esistenza in- autentica”, espressa nel linguaggio dal “si dice” e dalla riduzione del discorso a “chiacchiera”; ma l’angoscia che prova l’uomo davanti alla prospettiva della “sua propria morte” può salvarlo dalla vita in autentica, svelandogli il nulla su cui si fonda il mondo e la sua stessa esistenza. L’uomo può così scegliere di “vivere autenticamente”, portando su di sé il peso della propria finitezza, “anticipando la propria morte” e tenendo presente la voce della coscienza che gli ricorda che il suo male è porsi nel mondo come cosa tra le cose.

Il secondo Heidegger

Il “secondo Heidegger” riconosce di aver compiuto l’errore di ricercare il senso dell’essere partendo dagli enti e in particolare dall’uomo che, quindi, non può riconoscersi come fondamento del mondo, del progetto in cui le cose appaiono, perché “gettato” in un’apertura che non gli appartiene, ma appartiene all’essere stesso: è l’essere che getta il progetto che è l’esser-ci, anche se è solo attraverso l’uomo che l’essere può “aprire” un mondo, in un rapporto di espropriazione-appropriazione. La colpa del completo e definitivo nascondimento dell’essere è per Heidegger da ricercarsi nella tecnica, che è lo strumento per assoggettare la natura e metterla a disposizione dell’uomo, che per salvarsi dal nichilismo, dal nulla in cui è caduto, dovrà disporsi all’ascolto dell’essere, rivolgendosi alla poesia, essenza di tutte le arti per il ruolo privilegiato che riconosce alla parola. Il linguaggio poetico, creativo, è “la casa dell’essere”, perché è l’unico in cui avviene l’auto-manifestazione dell’essere, l’accadere dell’essere nelle diverse aperture storiche. Di conseguenza il pensiero non può che essere pensiero ermeneutico, ascolto del linguaggio poetico, riflessione sui significati che esso trasmette, per cogliere attraverso di esso il senso del mondo, il nulla che è l’essere e che solo i poeti possono alludere con il linguaggio dei simboli e delle metafore: l’uomo deve farsi allora pastore dell’essere, prendendosi cura dell’essere e disponendosi all’ascolto della sua parola, esercitando un pensiero vicino alla poesia, quasi un pensare-poetare.

Opere

Gesamtausgabe

E' la collezione delle opere di Heidegger. Fra le più importanti ricordiamo:


Bibliografia

Anno Titolo Edizione italiana
1927 Essere e Tempo Bocca, Milano 1959
1929 Kant e il problema della metafisica Laterza, 1981
1936 L'origine dell'opera d'arte La nuova Italia, 1968
1947 Lettera sull'Umanesimo Adelphi, 1995
1953 La questione della Tecnica (in saggi e discorsi) Mursia, 1976
1957 Il principio di ragion sufficiente
1957 Identità e differenza
1959 In cammino verso il linguaggio Mursia, 1973
1969 L'arte e lo spazio Il melangolo, 1992

Webliografia