Arte cinetica e programmata: differenze tra le versioni
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Revisione 14:44, 21 Gen 2006
Genere o movimento artistico: Arte cinetica e programmata
Personaggi o Gruppi: Gruppo T, Jean Tinguely, Panamarenko, Salvatore Scarpitta, Bruno Munari, Alexander Calder, il Gruppo Enne di Padova, il Gruppo Zero di Dusseldorf, Enrico Castellani, Enzo Mari, Gianni Colombo, Giovanni Anceschi, Davide Boriani, Alberto Biasi, Getulio Alviani, Dadamaino, l'inglese Bridget Riley, l'israeliano Agam, l'argentino Soto, il Gruppo GRAV (Groupe de recherche d’art visuelle) di Parigi, Jean Pierre Vasarely, il Gruppo Uno, Julio Le Parc.
Luogo: Si sviluppa principalmente in Europa e in Italia. Negli Stati Uniti successivamente gli stessi concetti prendono il nome di Optical art o Op art.
Si rivalutarono così le poetiche del Futurismo e del Dadaismo, del Costruttivismo, di De Stijl, del Concretiamo e della Bauhaus. Si formò una visione profondamente critica del mercato dell’arte e del commercio delle opere e si pensò che un’alternativa potesse essere la moltiplicazione a basso costo delle opere, per farne crollare il prezzo. In questa direzione si mossero gallerie d’arte come il MAC e l’Azimuth, e quest’ultima ospitò molti tra i principali esponenti dell’arte cinetica e programmata: gli italiani Enrico Castellani, Enzo Mari, Getulio Alviani, Dadamaino, l'inglese Bridget Riley, l'israeliano Agam, l'argentino Soto, e fra i gruppi il GRAV, il Gruppo N, il GruppoT, il Gruppo Uno, il Gruppo Zero, che cominciano ad operare a cavallo degli anni '50 e '60.
Negli Stati Uniti l’arte cinetica e programmata viene ribattezzata Op art, ovvero optical art, ed in questo momento raggiunge il suo momento di fama più importante. Da allora in poi inizia per questo movimento artistico la parabola discendente.
Lea Vergine, critica d’arte, afferma che proprio la sua fama è stata la causa della sua fine, poiché l’arte cinetica era diventata troppo famosa e quindi troppo banalizzata.
Inoltre all’epoca stava diffondendosi ovunque la Pop art americana, che rispetto all’arte cinetica e programmata non affrontava nessun tipo di critica al sistema dell’arte, anzi, lo sfruttava fino alla conquista di tutto il mondo artistico. Nemmeno l’impegno politico, tanto importante nell’arte cinetica e programmata europea, era più importante ormai. Il mercato alla fine vinse sugli ideali. Infatti la pop art può essere vista come un’anti arte programmata, che capovolge e ferisce tutti i movimenti artistici europei.
Il ruolo dell’artista ritorna centrale e così l’arte programmata, che aspirava ad un’arte collettiva, finisce nel dimenticatoio.
Nemmeno l’Op art riesce a contrastare nella sua patria questa sorta di monopolio della pop art.
Poetica: L’arte cinetica produce opere che sono aperte e programmate, nelle quali il movimento è fondamentale. Il moto in tali opere può essere reale, con l’apporto di meccanismi, oppure illusorio e ottico, ottenuto tramite effetti di luce. L’opera d’arte programmata ha un suo ritmo, che idealmente può anche ripetersi all’infinito. In questo tipo di opere è fondamentale il coinvolgimento psicologico dello spettatore. Possiamo individuare alcuni principi comuni che si riscontrano nell’arte cinetica e programmata, per esempio : l’importanza della progettazione e realizzazione di meccanismi cinetici (che dotano l’opera d’arte di movimento), la rilevanza dei giochi di luce e di una dimensione temporale; l’uso di materiali alternativi come plastica, metallo, carta e vetro; la ricerca di un’estetica basata sulla razionalità e sui movimenti ciclici. La dimensione concettuale, in definitiva è determinante in tutta la poetica dell’arte cinetica e programmata. La progettazione dell’opera infatti, studiata nei minimi particolari, prevede già l’intervento dello spettatore, la possibilità di interazione di fattori aleatori o proabilistici, addirittura statistici.. Un ulteriore caratteristica di molte opere cinetiche è quella di essere replicabili, in modo simile, in varie copie (come nel caso delle sculture da viaggio di Bruno Munari) usufruendo di tecniche industriali. La creatività, in definitiva, secondo questa corrente artistica, doveva andare in parallelo con la tecnologia ed il progresso scientifico. I sistemi di produzione dovevano essere al servizio dei meccanismi creativi dell’uomo. Attraverso la padronanza della scienza e della tecnologia l’arte programmata studiava la percezione umana e poteva quindi analizzare la realtà in maniera straordinaria.
Proiezione di diapositive a luce polarizzata di Bruno Munari. In quest’opera è di primaria importanza la stimolazione visiva dello spettatore che sperimenta nuovi effetti di luce e colori che nel mondo dell’arte non si erano mai visti. E’ la nascita dell’arte programmata ottica, che sperimenta nuovi materiali e nuove tecnologie per creare un nuovo tipo di estetica. Bruno Munari è uno degli autori che ha sempre cercato di usare materiali alternativi e leggeri come la plastica o innovativi come il metallo verniciato. La sua poetica risente delle teorie futuriste, corrente alla quale l’artista aveva aderito in giovane età.
5 movimenti sorpresa di Julio Le Parc. Quest’opera consiste in un totem modulare con elementi motorizzati. Ogni elemento è costruito per mutare forma attraverso l’interazione con lo spettatore. Per far cambiare le cinque parti dell’opera il fruitore ha a disposizione un joystick. Questa scultura cinetica interattiva è esteticamente rilevante per la sua asetticità e per il suo geometrismo. L’artista, sudamericano, testimonia la partecipazione di questo continente a questo genere di neoavanguardia, unica eccezione dell’epoca nel panorama artistico occidentale. Quando Le Parc spiega le funzioni della sua opera, inoltre, lo fa vestito in tuta da operaio, come fecero a loro tempo anche Tatlin e i docenti del Bauhaus, fornendo così un’imagine innovativa dell’artista che è anche tecnico, progettista e designer.
Luce prismatica di Alberto Biasi. L’artista, uno dei fondatori del Gruppo Enne di Padova, realizza quest’opera dal grande impatto ottico disponendo fasci luminosi di modo che rimbalzino contro oggetti prismatici riflettendo i colori nella stanza. Quest’opera rientra in tutto il filone dell’opera cinetica e programmatica che si occupa di fare opere con la luce, immateriali e che sfruttano le leggi della diffusione e della rifrazione ottica.
Light prism di Alberto Biasi. Uno dei principali componenti del gruppo Enne. Biasi in quest’opera crea una superficie calpestabile con luci che si rifrangono su prismi dando luogo ad un gioco di colori che da l’impressione allo spettatore di camminare su di un pavimento di luce. Il Gruppo Enne, così come il GRAV, percorreranno la tradizione concretista, mediante un rigoroso costruttivismo; non la rappresentazione del reale dunque ma un intervento ordinativo sulla confusione della realtà, un allontanamento per certi versi idealistico dall’entropia. Tendenza che si evince in quest’opera dalla geometria delle luci e dai geometrismi che esse formano.
Proiezione di diapositive a luce polarizzata di Bruno Munari. In quest’opera è di primaria importanza la stimolazione visiva dello spettatore che sperimenta nuovi effetti di luce e colori che nel mondo dell’arte non si erano mai visti. E’ la nascita dell’arte programmata ottica, che sperimenta nuovi materiali e nuove tecnologie per creare un nuovo tipo di estetica. Bruno Munari è uno degli autori che ha sempre cercato di usare materiali alternativi e leggeri come la plastica o innovativi come il metallo verniciato. La sua poetica risente delle teorie futuriste, corrente alla quale l’artista aveva aderito in giovane età.
5 movimenti sorpresa di Julio Le Parc. Quest’opera consiste in un totem modulare con elementi motorizzati. Ogni elemento è costruito per mutare forma attraverso l’interazione con lo spettatore. Per far cambiare le cinque parti dell’opera il fruitore ha a disposizione un joystick. Questa scultura cinetica interattiva è esteticamente rilevante per la sua asetticità e per il suo geometrismo. L’artista, sudamericano, testimonia la partecipazione di questo continente a questo genere di neoavanguardia, unica eccezione dell’epoca nel panorama artistico occidentale. Quando Le Parc spiega le funzioni della sua opera, inoltre, lo fa vestito in tuta da operaio, come fecero a loro tempo anche Tatlin e i docenti del Bauhaus, fornendo così un’imagine innovativa dell’artista che è anche tecnico, progettista e designer.
Luce prismatica di Alberto Biasi. L’artista, uno dei fondatori del Gruppo Enne di Padova, realizza quest’opera dal grande impatto ottico disponendo fasci luminosi di modo che rimbalzino contro oggetti prismatici riflettendo i colori nella stanza. Quest’opera rientra in tutto il filone dell’opera cinetica e programmatica che si occupa di fare opere con la luce, immateriali e che sfruttano le leggi della diffusione e della rifrazione ottica.
Light prism di Alberto Biasi. Uno dei principali componenti del gruppo Enne. Biasi in quest’opera crea una superficie calpestabile con luci che si rifrangono su prismi dando luogo ad un gioco di colori che da l’impressione allo spettatore di camminare su di un pavimento di luce. Il Gruppo Enne, così come il GRAV, percorreranno la tradizione concretista, mediante un rigoroso costruttivismo; non la rappresentazione del reale dunque ma un intervento ordinativo sulla confusione della realtà, un allontanamento per certi versi idealistico dall’entropia. Tendenza che si evince in quest’opera dalla geometria delle luci e dai geometrismi che esse formano.
Spazio elastico di Gianni Colombo del Gruppo T di Milano. Ambiente invaso da luci nel quale lo spettatore viene in contatto, attraversandolo, con elestici fosforescenti posti sulle pareti. In quest’opera l’ingegneria è usata per un’arte ludica. L’autore spiega che il fruitore dell’opera avrà delle reazioni fisiche in base alla sua percezione ambientale. Quest’opera richiama molte delle operazioni del Gruppo T, dove la materia sembra portata alla sua tensione massima, dove vengono sperimentate la capacità di interazione di un ambiente con l’uomo e le sue reazioni a tale ambiente. In questo caso lo spettatore deve intervenire non come semplice osservatore, ma come strumento che causa la reazione: il fruitore si muove nello spazio ed interagisce con gli eventi che lo circondano, attivandoli, mettendo a disposizione il suo sforzo fisico. Le operazioni arrivano così a lambire le poetiche della performance.
Architettura cacogoniometrica di Gianni Colombo. In questo environment d’artista ci troviamo di fronte un insieme di colonne storte che fanno vacillare il nostro senso dell’equilibrio e alterano la nostra percezione dello spazio. Rientrano in questa serie di ambienti anche i pavimenti, che l’artista inclina in vari modi spiazzando il fruitore dell’opera che viene chiamato ad attraversarli. Queste architetture sono dette cacogoniometriche perché l’artista ha preso due termini: kakos (brutto, difforme) e gonios (angolo) intendendo che la sua poetica consisteva nell’usare angoli che non fossero mai perpendicolari o paralleli, ma sempre acuti o ottusi.
Tavola di possibilità liquide di Giovanni Anceschi (1959). L’opera consiste in un tavolo mobile nel quale è inserita un’intercapedine semovente, contenente liquido colorato, che può essere ruotata. Lo spettatore quindi, interagendo con l’opera e modificandola, può rotare la struttura e comporre diverse forme colorate liquide.
Filiberto Menna, La linea analitica dell’arte moderna, Einaudi, Torino 1983 F.Popper, L'arte cinetica, Einaudi, Torino 70 Arte programmata, catalogo della mostra, Milano, 1962
Alexander Alberro, Blake Stimson, Conceptual art, a critical antology, 1999.
Rudolph Arnheim, Art and visual perception, a psicology of the creative eye, 1954.
Webliografia: http://www.artemotore.com/cinetica.html http://www.arte.go.it/mostre/arte_cinetica/ http://www.babelearte.it/glossario.asp?id=149 http://www.guzzardi.it/arte/pagine/correnti/artecinetica.html http://www.italica.rai.it/galleria/zoom/cinetica.htm http://www.artelab.it/cultura/enciclopedia/ correnti/artecinetica/corpo.htm http://www.marcolla.it/glossario/a/arte_cinetica.htm