Fellini Federico: differenze tra le versioni

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== Bibliografia: ==
 
== Bibliografia: ==
Tullio Kezich, ''Federico Fellini,la vita e i film'',  Feltrinelli, Milano 2002
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*Tullio Kezich, ''Federico Fellini,la vita e i film'',  Feltrinelli, Milano 2002
Enrico Giacovelli, "Tutti i film di Federico Fellini", Lindau, Torino 2002
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*Enrico Giacovelli, "Tutti i film di Federico Fellini", Lindau, Torino 2002
Vittorio Spinazzola, "Cinema e pubblico. Lo spettacolo filmico in italia 1945-1965". Bompiani, Milano 1974
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*Vittorio Spinazzola, "Cinema e pubblico. Lo spettacolo filmico in italia 1945-1965". Bompiani, Milano 1974
Giovanni Grazzini, "Federico Fellini. Intervista sul cinema", Editori Laterza, Bari 2004
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*Giovanni Grazzini, "Federico Fellini. Intervista sul cinema", Editori Laterza, Bari 2004
Mario Verdone, "Federico Fellini", Il Castoro Cinema, Milano 2004
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*Mario Verdone, "Federico Fellini", Il Castoro Cinema, Milano 2004
  
 
== Webliografia: ==
 
== Webliografia: ==

Versione attuale delle 23:28, 30 Mar 2014

Federico Fellini

Personaggio:

Fellini Federico

Biografia:

Federico Fellini nasce a Rimini il 20 Gennaio 1920 da una famiglia piccolo borghese. Da ragazzo Federico frequenta il liceo classico e i suoi primi guadagni monetari derivano dalle caricature: infatti dato il suo talento, il gestore del cinema Fulgor gli commissiona ritratti di attori celebri che verranno esposti come richiamo. A 17 anni fonderà così, assieme all'amico pittore Demos Bonini, la bottega FEBO (dalle iniziali dei loro cognomi) nella quale si eseguono le caricature dei villeggianti. Si trasferirà a Roma, in teoria per seguire gli studi di giurisprudenza, ma in pratica inizia a lavorare seguendo le sue attitudini. Infatti sviluppa una sorta di collaborazione epistolare con giornali e rivisti, con il ruolo di disegnatore di vignette. E i rapporti diventano più professionali per quanto riguarda il settimanale fiorentino "420" e poi la collaborazione con il "Marc'Aurelio". Fin dai primi tempi del suo trasferimento a Roma ha anche modo di seguire il mondo dell'avanspettacolo e della radio per i quali comincia a scrivere copioni e gag. E proprio alla radio incontrerà nel 1943 Giulietta Masina che interpreta il personaggio, da lui ideato, di Pallina. Nello stesso anno i due si sposano. Per quanto riguarda il suo ruolo nel cinema, negli anni della guerra collabora ad una serie di film di buona qualità e diventerà subito dopo uno dei protagonisti del Neoralismo sceneggiando alcune delle opere più importanti, prima fra tutte Roma città aperta di Roberto Rossellini. Esordirà alla regia all'inizio degli anni '50 in collaborazione con Lattuada per il film Luci del varietà, film minore che però rivela le sue inspirazioni autobiografiche e il suo piacere verso certi ambienti come quello dell'avanspettacolo. L'anno successivo è la volta del suo primo film da solo, Lo sceicco bianco. Ma è nel 1953, con il film I vitelloni, che il suo nome varca i confini nazionali. Nel 1953 partecipa anche a un progetto messo in piedi da Zavattini, un film a episodi intitolato L'amore in città. L'episodio diretto da Fellini, Agenzia matrimoniale, è fra i più riusciti. Il primo Oscar arriva nel 1954 con uno dei suoi film più teneri e patetici, La strada. E' la storia di due artisti girovaghi che attraversano le povere regioni dell'Italia degli anni cinquanta. Il rapporto che li unisce è particolare, giocato sulla riconoscenza e sottomissione di Gelsomina nei confronti di Zampanò che le ha insegnato un mestiere e che scarica su di lei tutta la sua prepotenza e ottusità. Il secondo Oscar arriverà invece nel 1957 con Le notti di Cabiria. E ancora una volta la protagonista è Giulietta Masina. Qui è nei panni di Cbiria, una prostituta ingenua e generosa che paga con enormi delusioni la fiducia che ripone nel prossimo. Ma nonostante questi capolavori, il film al quale riconduciamo il nome di Fellini è sicuramente La dolce vita, film degli anni '60. Il film provoca scandalo, sopratutto negli ambienti religiosi: vengono rimproverati al regista una certa disinvoltura nel presentare le situazioni erotiche e di raccontare senza reticenze la caduta dei valori nella società. Nel 1962 Le tentazioni del dott. Antonio. Protagonista ancora una volta Anita Eckberg. Il film è una sorta di rivincita contro chi andò contro a La dolce vita ed è tutto giocato sugli incubi erotici che un manifesto pubblicitario provoca nrl protagonista. Il film forse più alto del regista è però Otto e mezzo. Vincitore dell'Oscar, racconta le crisi di un regista e le sue difficoltà a mettere insieme in maniera accordante i ricordi passati con il presente. Il mondo onirico si ripresenterà in tutti i film fino agli anni '60. Un esempio per tutti Giulietta degli spiriti. Sogni tradotti al femminile che fanno riferimento alle ossessioni di una donna tradita. Il decennio successivo si apre invece con una serie di film in cui affiora il passato riminese. Ne I clowns del 1970 un viaggio nel mondo del circo ci riconduce ai ricordi d'infanzia del regista e i personaggi della sua memoria saranno anche ripresi in Amarcord. Questo film del 1973 porta il quarto oscar a Fellini e segna il ritorno alla Rimini dell'adolescenza e i protagonisti sono la città stessa e i suoi personaggi. Ancora altri film fino ad arrivare all'ultimo, La voce della lunadel 1990. Nel film una grande amarezza diffusa nei confronti di un mondo che non sa ascoltare le cose più profonde perchè le soffoca con le sue luci ed il suo frastuono. Nel 1993 il quinto Oscar alla carriera e alla fine il 31 ottobre la morte.

Sito web:

Poetica:

Il suo esordio alla regia fu molto prudente, poiché il suo primo film Luci del varietà era firmato anche da Alberto Lattuada, con il quale Fellini aveva collaborato alla sceneggiatura di Senza pietà e Il mulino del Po. Purtroppo l’esito fu meschino. Due anni più tardi ecco Lo sceicco bianco di cui il regista portò l’intera responsabilità. Ma anche questa volta un altro insuccesso, anzi, addirittura una catastrofe. Tanto che la carriera felliniana sembrava avviata verso un cammino impopolare. Ma solo un anno dopo un nuovo film, I vitelloni, diede a queste previsioni la smentita più clamorosa, collocandosi fra i maggiori successi del 1953-54: un successo che interessò anche le platee più schiettamente popolari. Nella stagione successiva il dialogo con gli spettatori trovò ulteriore impulso con La strada: con questo film la conferma del favore del pubblico apparve tanto più significativa in quanto Fellini mutò genere narrativo perché passò dalla commedia di costume d’ambiente neoborghese, tenuta su toni godibili pur nei risvolti acri, alla rappresentazione drammatica di un’infima condizione umana. Il film successivo, Il bidone, segnò una parziale battuta d’arresto nel crescente successo del regista, ma dopo con Le notti di Cabiria il prestigio di Fellini sul pubblico venne definitivamente assicurato. Verrà poi La dolce vita a fare di lui un divo su scala mondiale: masse di spettatori lo acclameranno come uno dei pochi registi capaci di mantenere, nella loro opera, un carattere di originalità personale, assicurandosi al tempo stesso un saldo rapporto con il mercato cinematografico. Il lungo tirocinio passato tra grandi come Rossellini, Lattuada, Germi, educò la sua vocazione di narratore, aprendolo alle astuzie del mestiere e consentendogli di valorizzare anche le antiche attitudini di caricaturista, giornalista umoristico e gagman. Ma le ragioni profonde del suo successo vanno cercate nel doppio gioco fra due atteggiamenti ad implicazione reciproca: il sarcasmo critico verso la dispersione dei sentimenti riscontrata nel mondo borghese, ed un entusiasmo fanciullesco per il paradiso perduto dell’autenticità esistenziale che appare così lontano dalla vita attuale ma così vicino a chi abbia intenzione di riconquistarlo con intenti puri. Nella prima fase felliniana, che va sino al film La dolce vita, questo ideale mitico fu collocato fuori dall’ordinamento sociale vigente: ne apparivano depositari i bravi padri di famiglia delle generazioni passate (I vitelloni) o i sottoproletari più avviliti (La strada, Le notti di Cabiria) o gli irregolari, gli sbandati compromessi nel peccato e nel vizio (Il bidone). Fellini rifiutava insomma il suo essere borghese, o almeno ostentava di farlo. E da questa insicurezza di fondo ne derivò il suo tormentarsi fra una fantasia ironica, che accusava la realtà e si enfatizzava in un espressionismo grottesco, ed una spiritualità, che nel suo candore elementare, non avrebbe potuto reggere da sola la mole figurativa del racconto. In seguito con il film 8½ l’ottica del regista si spostò completamente all’interno dell’io: la psicoanalisi gli offrì uno strumento per reimpostare la sua ricerca dell’integrità umana mostrandogli la strada per una riconciliazione fra l’individuo ed il mondo. Il discorso felliniano si laicizzò, ma non razionalizzò, ed acquistò una compattezza maggiore esaltando al tempo stesso la ricchezza di metafore. Questa svolta nella carriera era legata alla conoscenza del freudismo : Fellini prese a strutturare il racconto filmico come una verifica di processi di rimozione attuati nella psiche, superati i quali, fosse possibile un reinserimento armonioso dell’individuo nel mondo; la memoria ed il sogno divennero così i medium attraverso i quali recuperare il senso della realtà: funzione analoga a quella assolta, durante il primo periodo della carriera felliniana, dall’arte, intesa in questo caso come spettacolo, che ci dava una rappresentazione suggestiva di sé e ci portava ad una comunicazione immediata con gli altri. Luci del varietà ci presentava la gente dell’avanspettacolo, Lo sceicco bianco i divi dei fotofumetti; ancora teatranti comparivano nei Vitelloni, mentre La strada era dedicato ai saltimbanchi girovaghi delle fiere di paese. Il motivo della recita compariva anche nel Bidone, con i travestimenti e le truffe macchinate dai tre protagonisti, mentre nelle Notti di Cabiria aveva un’ importanza centrale la scena con l’ipnotizzatore. Infine nella Dolce vita tutto era spettacolo, e la presenza dei paparazzi esaltava il carattere illusionistico delle notti romane. In questi primi film l’arte assumeva al tempo stesso un aspetto di mistificazione, esercitata falsificando sé stessi per indurre lo spettatore ad evadere dalla realtà, e contemporaneamente era il mezzo per raggiungere l’autenticità attraverso la fantasia creatrice, che restituendo all’io fiducia in sé lo rendeva capace di trasmettere la sua letizia al pubblico.

Opere:

Luci del varietà (1950)

Lo sceicco bianco (1952)

I vitelloni (1953)

Agenzia matrimoniale, episodio IV da L'amore in città (1953)

La strada (1954)

Il bidone (1955)

Le notti di Cabiria (1957)

La dolce vita (1960)

Le tentazioni del dott. Antonio, episodio II da Boccaccio '70 (1962)

Otto e mezzo (1963)

Giulietta degli spiriti (1965)

Toby Dammit, episodio III da Tre passi nel delirio (1968)

Block notes di un regista (1969)

Fellini satyricon (1969)

I clowns (1970)

Roma (1972)

Amarcord (1973)

Il Casanova di FedericoFellini (1976)

Prova d'orchestra (1979)

La città delle donne (1980)

E la nave va (1983)

Ginger e Fred (1985)

Intervista (1987)

La voce della luna (1989)

Bibliografia:

  • Tullio Kezich, Federico Fellini,la vita e i film, Feltrinelli, Milano 2002
  • Enrico Giacovelli, "Tutti i film di Federico Fellini", Lindau, Torino 2002
  • Vittorio Spinazzola, "Cinema e pubblico. Lo spettacolo filmico in italia 1945-1965". Bompiani, Milano 1974
  • Giovanni Grazzini, "Federico Fellini. Intervista sul cinema", Editori Laterza, Bari 2004
  • Mario Verdone, "Federico Fellini", Il Castoro Cinema, Milano 2004

Webliografia: