As We May Think: differenze tra le versioni
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Revisione 15:13, 21 Gen 2006
Autore: Bush Vannevar
Tratto da Noah Wardrip-Fruin, Nick Montfort (a cura di), (2003), The New Media Reader, The MIT Press, Cambridge, Massachussets:
As we my think:
Traduzione di Arabella Panichi:
Anno 1945:
Come potremmo pensare
As We May Think
Vannevar Bush
-L’EDITORE (l’Atlantic Monthly).
Questa non è stata una guerra di scienziati; qui tutti abbiamo avuto un ruolo. Gli scienziati, seppellendo la loro vecchia competizione professionale nelle ristrettezze date da una causa comune, hanno collaborato ottimamente e imparato molto. E’ stato esilarante sperimentare un vero e proprio lavoro di squadra. Ora, per molti, tutto questo pare volgere al termine. Cosa dovranno fare dopo gli scienziati. Per i biologi, e in particolar modo per gli scienziati medici, ci può essere assai poca indecisione, avendoli la guerra allontanati dalle loro vecchie strade. Molti certamente hanno avuto modo di proseguire le loro ricerche nei loro vecchi laboratori del tempo di pace. I loro obiettivi rimangono per lo più gli stessi. Sono stati i fisici quelli più dirottati, che si sono trovati a lasciare carriere accademiche per costruire strani aggeggi di distruzione, che hanno dovuto escogitare nuovi metodi per i loro compiti imprevisti. Hanno fatto la loro parte nel creare quei macchinari che hanno reso necessaria la resa al nemico, hanno lavorato in un unico sforzo coi fisici dei nostri alleati. Hanno sentito dentro di sé il brivido della conquista. Hanno fatto parte di una grande squadra. Ora, nel sopraggiungere del tempo di pace, ci si chiede dove questi troveranno obiettivi degni del loro genio.
Quali benefici permanenti abbiamo avuto dall’uso che l’uomo ha fatto della scienza, e dai nuovi strumenti che la sua ricerca ha reso possibili? Innanzitutto hanno aumentato il nostro controllo sull’ambiente materiale circostante. Hanno migliorato i nostri modi di mangiare, di vestirci, di vivere: hanno aumentato la nostra sicurezza e ci hanno parzialmente liberati dalla schiavitù verso un’esistenza vuota. Hanno ampliato le nostre conoscenze sui nostri processi biologici, di modo che abbiamo acquisito una progressiva libertà dalle malattie, e una più vasta prospettiva di vita. Ci stanno illuminando le interazioni tra funzioni fisiologiche e psicologiche promettendoci una migliore salute mentale.
C’è una montagna di ricerche in continua crescita.. Ma c’è sempre più certezza che ci stiamo facendo impantanare nell’allungamento delle specializzazioni. L’investigatore vacilla dinanzi alle scoperte e alle conclusioni di migliaia di altri lavoratori – conclusioni che lui non ha il tempo di afferrare, e ancor meno di ricordare, nel momento in cui appaiono. Tuttavia la specializzazione diventa sempre più necessaria per il progresso, e lo sforzo di collegare tra di loro le varie disciplini è superficiale rispetto a questo. Dal punto di vista professionale, i nostri metodi di trasmissione e revisione dei risultati della ricerca sono indietro di generazioni, e al momento sono assolutamente inadeguati per il loro scopo. Se l’insieme del tempo impiegato nella scrittura di opere e studi, e quello della loro lettura può essere valutato, la proporzione tra questi lassi di tempo può anche essere sconvolgente. Quelli che coscienziosamente cercano di tenere il passo col pensiero corrente, anche in campi ristretti, attraverso una lettura accurata e costante, probabilmente si tirerebbero indietro dinanzi a un esame calcolato per mostrare quanto dello sforzo compiuto nel mese passato può essere messo a disposizione. Il concetto che Mendel aveva delle leggi della genetica è rimasto oscuro al resto del mondo per una generazione, perché i suoi scritti non avevano raggiunto i pochi in grado di comprenderlo e di ampliarlo; e questo tipo di catastrofe viene indubbiamente ripetuto da tutti noi, ogniqualvolta che significative scoperte si perdono nel mare dell’irrilevante. La difficoltà sembra essere non tanto nel fatto che pubblichiamo eccessivamente, in visione dell’ampliamento e della varietà degli interessi del presente, ma piuttosto per il fatto che le pubblicazioni odierne sembrano andare oltre la nostra attuale capacità di sfruttare realmente l’idea pubblicata. L’insieme dell’esperienza umana va espandendosi con un ritmo prodigioso, e i mezzi che usiamo per tenere il filo attraverso la conseguente confusione, per concentrarsi sulla cosa realmente importante al momento, sono gli stessi che venivano usati ai tempi delle navi con vele quadrate Ma ci sono segni di cambiamento ora che nuove e più potenti strumentazioni divengono in uso. Fotocellule in grado di vedere nel senso fisico del termine, avanzate tecniche di fotografie che permettono d’immortalare ciò che si può, ma anche che non si può vedere, valvole termoioniche capaci di controllare potenti forze col dispendio di una quantità di potenza inferiore a quella impiegata da una zanzara per battere le ali, tubi a raggi catodici che rendono visibile un fatto così breve, che a confronto un micro-secondo appare un lungo periodo di tempo, combinazioni di relais che eseguono le suddette sequenze animate meglio di qualunque operatore umano e mille volte più veloce –ci sono grandi quantità di aiuti meccanici coi quali effettuare una trasformazione nei risultati ottenuti dalla scienza. Due secoli fa Leibnitz inventò una macchina calcolatrice che incarnava la maggior parte delle funzioni essenziali fornite dai nostri dispositivi a tastiera, ma non potette entrare in uso a quel tempo. L’economia del momento lo impediva: la quantità di lavoro richiesta dalla sua costruzione, quando ancora non esistevano i mezzi di produzione di massa, superavano di gran lunga quella che avrebbe dovuto risparmiare, considerando anche che tutte le sue funzioni potevano tranquillamente essere riprodotte tramite un uso adeguato di carta e matita. Per di più, tale macchina sarebbe stata frequentemente soggetta a guasti, il che non la poteva rendere completamente affidabile, poiché a quel tempo, e per ancora tanto tempo da allora,complessità e inaffidabilità sono stati sinonimi. Babbage, benché notevolmente supportato per i suoi tempi, non potette produrre la sua grande macchina aritmetica. La sua idea era abbastanza buona, ma i costi di costruzione e di manutenzione erano troppo alti. Avessero dato a un faraone un progetto dettagliato e comprensibile di un’auto, e li avesse lui capiti perfettamente, egli sarebbe ricorso a tutte le risorse del suo regno per creare le migliaia di pezzi necessari alla costruzione di una sola auto, e quella auto, si sarebbe guastata nel primo viaggio verso Giza. Macchine con parti interscambiabili possono ora essere costruite con poco dispendio di energie. A dispetto di cotanta complessità, esse risultano affidabili. Ne sono testimoni l’umile macchina da scrivere, o la macchina da presa, o l’automobile. I contatti elettrici hanno cessato d’incepparsi, una volta compresi a fondo. Prendiamo come esempio gli automatici scambi telefonici, che hanno centinaia di migliaia di simili contatti, e tuttavia sono affidabili. Una tela di ragno metallica sigillata in un sottile contenitore di vetro, un filo metallico riscaldato fino a un brillante bagliore; in breve, la valvola termoionica degli apparecchi radio, è fatto da centinaia di milioni, sbattuti in contenitori e collegati alla corrente – e funziona! Le sue sottilissime parti, la precisa locazione e disposizione di esse, richiesta dalla costruzione, avrebbe impegnato un artigiano della gilda per mesi, e adesso viene costruito per trenta centesimi. Il mondo è entrato in un’era di complessi ma economici dispositivi dalla grande affidabilità, e qualcosa è destinato a venir fuori da tutto questo
Un dato, se deve essere utile alla scienza, deve essere continuamente ampliato, immagazzinato, e soprattutto deve essere consultato. Oggi registriamo i dati convenzionalmente scrivendo e fotografando, seguiti poi dalla stampa, ma registriamo anche su film, su dischi di cera, e su lastre magnetiche. Anche se le nuove procedure di registrazione non appaiono palesemente, queste presenti sono certamente in una fase di modificazione e di estensione. Certamente il progresso della fotografia è ben lungi dal fermarsi. Lenti e materiali più veloci, macchine fotografiche più automatiche, composti sensibili a grana più fine per l’estensione dell’idea di micromacchina fotografica, sono tutti imminenti. Lasciateci proiettare questa tendenza verso un logico, se non inevitabile, risultato. Il cane della macchina fotografica (?) porta sulla sua fronte un piccolo bozzolo poco più grande di una castagna. Cattura immagini di 3 millimetri quadrati, da proiettarsi ed estendersi poi, il che, dopotutto, implica solo un fattore di 10 oltre la pratica attuale. La lente da’ una messa a fuoco universale, adattato ad ogni distanza dal solo occhio, semplicemente perché ha una breve lunghezza focale. C’è una fotocellula all’interno della castagna, dello stesso tipo di quelle che abbiamo su ogni tipo di macchina fotografica, che automaticamente regola l’esposizione per un vasto raggio d’illuminazione. C’è pellicola nella castagna per 100 esposizioni, e la molla per la sua chiusura e per lo scorrimento della pellicola è attorcigliata una volta per tutte, quando si è infilato il rullino. Produce il suo risultato a completamente a colori. Potrebbe anche essere stereoscopico, e immortalare con due occhi di vetro distanti l’uno dall’altro, giacché sorprendenti miglioramenti nelle tecniche stereoscopiche si trovano dietro l’angolo. La cordicella che fa scattare il suo meccanismo di chiusura potrebbe raggiungere la manica di un uomo, e facilmente allungarsi fino alle sue dita. Una rapida pressione, e l’immagine è catturata. Su di un paio di comuni occhiali c’è un quadrato fatto di linee sottili vicino alla cima della lente, al di fuori del normale campo visivo. Quando un oggetto appare in quel quadrato, significa che è ben allineato per la foto. Quando lo scienziato del futuro si muove per il laboratorio o per il campo, ogni volta che trova qualcosa degno di essere immortalato, attiva la chiusura dell’obiettivo, e il gioco è fatto, senza neanche sentire il click della macchina fotografica. Tutto questo è fantastico? L’unica cosa fantastica di tutto ciò, è l’idea di sviluppare tutte le foto derivanti dall’uso di un simile marchingegno (?). Ci sarà la fotografia a secco? Già adesso esiste in due forme. Quando Brady fece le sue foto della guerra civile, le lastre dovevano essere bagnate durante il tempo dell’esposizione. Ora invece devono essere bagnate durante il loro sviluppo. Forse nel futuro non dovranno essere bagnate affatto. A lungo si sono usate pellicole impregnate con colorante al diazo, che formano un immagine senza dover essere sviluppate, cosicché sono già lì pronte nel momento in cui la macchina è stata usata.. Un esposizione ai gas di ammonio distrugge il colorante non impressionato, e l’immagine può essere catturata nella luce e esaminata. Ora il processo è lento, ma qualcuno potrebbe trovare il modo di velocizzarlo, senza le difficoltà legate al problema della grana, che tiene impegnati i ricercatori della fotografia d’oggi. Spesso sarebbe vantaggioso poter far scattare la macchina fotografica, e vedere la foto immediatamente. Anche un altro processo oggi in uso è lento, e più o meno goffo. Per 50 anni sono stati usati fogli impregnati, che diventavano scuri laddove venivano toccati da un contatto elettrico, a causa dell’alterazione chimica prodotta dal composto a base iodica contenuto nel foglio. Sono stati utilizzati per fare registrazioni, poiché un ago può lasciarvi una traccia scorrendo si di loro. Se il potenziale elettrico dell’ago varia, allora la traccia diventa più o meno scura. Questo schema è adesso utilizzato nella trasmissione dei facsimile. L’ago disegna una serie di linee molto vicine l’una rispetto all’altra. Nel suo movimento, il suo potenziale viene alterato a seconda della corrente ricevuta attraverso fili, da una stazione più lontana, che produce tali variazioni secondo le indicazioni di una fotocellula che sta a sua volta effettua la scansione di un’immagine. In ogni istante, la scurezza del tratto viene regolata in base al punto che in quel momento la fotocellula sta osservando. Perciò, quando quest’ultima è stata percorsa tutta dalla fotocellula, ciò che riceviamo alla fine è una sua replica esatta. Una scena stessa può essere ripresa linea per linea da una fotocellula in questo modo, esattamente come una foto della scena. Tutto questo apparato costituisce una macchina fotografica con l’aggiunta, comunque dispensabile se si vuole, si poter ritrarre un immagine molto distante. E’ lenta, e l’immagine è povera di dettagli. Tuttavia, rimane un altro processo di fotografia a secco, nel quale l’immagine è già disponibile nel momento in cui viene catturata. Avrebbe un bel coraggio qualcuno a dire che un simile processo rimarrà per sempre lento, goffo e povero di dettagli. Gli strumenti della televisione oggi trasmettono qualcosa come 16 immagini al secondo, e ha solo due essenziali differenze rispetto al processo descritto sopra. La prima è che la registrazione è effettuata con un raggio di elettroni in movimento, e non con un ago , per il fatto che un fascio di elettroni può indubbiamente scorrere più velocemente. L’altra differenza sta semplicemente nell’uso di uno schermo che s’illumina momentaneamente nel punto in cui l’elettrone colpisce, invece di un foglio di carta trattata chimicamente, che viene alterata in maniera permanente. Questa velocità è necessaria per la televisione, per immagini in movimento piuttosto che per oggetti fermi. Usiamo la pellicola trattata chimicamente invece dello schermo, permettiamo all’apparato di trasmettere una figura sola, invece di una successione, e una rapida macchina fotografica per fotografie a secco è il risultato. La pellicola trattata ha bisogno di essere più veloce nell’azione rispetto agli esempi attuali, ma probabilmente potrebbe diventarlo. Più seria sarebbe l’obiezione che questo progetto richiede la messa della pellicola all’interno di una camera sotto vuoto, poiché gli elettroni si comportano normalmente solo in un ambiente così rarefatto. Questa difficoltà potrebbe essere evitata permettendo al fascio d’elettroni di giocare su una parte di una partizione, e pressando la pellicola a ridosso dell’altro lato, se questa partizione fosse tale da permettere agli elettroni di attraversare perpendicolarmente la sua superficie, e di evitare la loro dispersione sui lati. Certe partizioni potrebbero certamente essere costruite in forma grezza, e difficilmente riuscirebbero a tenere il passo con l’intero processo di sviluppo. Come la fotografia a secco, allo stesso modo la microfotografia ha ancora molta strada da fare. L’idea basilare di ridurre le dimensioni del dato registrato, e poterlo esaminare tramite una proiezione, piuttosto che direttamente, ha possibilità troppo grandi per essere ignorate. La combinazione tra proiezione ottica e riduzione fotografica, sta già dando risultati nei microfilm per scopi di studio e di ricerca, e le possibilità appaiono altamente suggestive. Oggi, col microfilm, riduzioni con un fattore lineare di 20, possono essere impiegate,l e tuttavia garantire assoluta nitidezza dell’immagine, quando il materiale è ingrandito per le analisi. I limiti vengono posti dalla grana della pellicola, l’eccellenza del sistema ottico, e l’efficienza della fonte di luce impiegata. Ognuno di questi fattori è in rapido miglioramento. Assumiamo un coefficiente lineare di 100 per l’uso futuro. Consideriamo pellicole dello stesso spessore della carta, benché pellicole ancora più sottili diverranno certamente disponibili. Anche in queste condizioni ci sarebbe un fattore di proporzione totale di 10.000 tra la massa di dati registrati su carta, e la loro replica su microfilm. L’enciclopedia britannica potrebbe essere ridotta alle dimensioni di una scatola di fiammiferi. Una libreria con milioni di volumi potrebbe essere compressa in un pezzo di scrivania. Se la razza umana ha prodotto nella sua storia, a partire dall’invenzione della stampa a caratteri mobili, un complesso di dati, tra riviste, giornali, libri, annunci,corrispondenza, opuscoli, corrispondenti al volume di un miliardo di libri, tutto questo potrebbe essere trasportato su di un pulmino. La mera compressione, ovviamente, non è abbastanza; abbiamo bisogno non solo di creare e immagazzinare un archivio, ma dobbiamo anche essere in grado di consultarlo, e ci occuperemo di questo aspetto della faccenda in un secondo momento. Anche la grande libreria moderna non viene generalmente consultata; sono pochi quelli che le danno una sbirciata. La compressione diventa comunque importante, quando arriviamo a parlare dei costi. Il materiale per la Britannica su microfilm, costerebbe un nichelino, e costerebbe un cent spedirla in qualsivoglia luogo. Quanto verrebbe a costare la stampa di un milione di copie? Per stampare un foglio di giornale, in un’edizione grande costerebbe una piccola frazione di centesimo. L’intero materiale della Brtiannca ridotta nella forma di un microfilm andrebbe su un foglio di 11 pollici e mezzo per 8 e mezzo. Una volta disponibili, con i mezzi di riproduzione fotografica del futuro, duplicati in grandi quantità verrebbero probabilmente a costare 12 cent al pezzo, oltre al costo del materiale. E la preparazione della copia originale? Questo va a introdurre il prossimo aspetto dell’intera faccenda.
Per registrare i dati, oggi facciamo correre il lapis su un foglio, o battiamo su una macchina da scrivere. Poi viene il processo di assimilazione e di correzione, seguiti da un intricato processo di composizione tipografica, stampa e distribuzione. Considerando il primo stadio del processo, l’autore del futuro cesserà di scrivere a mano o con la macchina da scrivere, e parlerà direttamente alla registrazione? Oggi fa questo indirettamente parlando ad uno stenografo o ad un cilindro di cera, ma gli elementi ci sono già tutti se vuole che la sua voce possa produrre direttamente un documento scritto. Tutto quello che deve fare è servirsi degli attuali meccanismi, e alterare il loro linguaggio. Ad una recente fiera mondiale, una macchina chiamata Voder era in mostra. Una ragazza premette uno dei suoi tasti, e una voce veniva emessa in maniera percettibile.. Nessuna corda vocale umana si è intromessa nella procedura in nessun punto; semplicemente i tasti hanno combinato delle vibrazioni elettricamente prodotte, e le hanno passate attraverso un altoparlante. Nei laboratori Bell c’e il contrario di questa macchina, il Vocoder. L’altoparlante è sostituito da una microfono, che riceve i suoni. Parlateci dentro, e il tasto corrispondente si muove. Questo potrebbe essere un elemento del sistema postulato. L’altro elemento si trova nella stenotipia, quel dispositivo per certi versi sconcertante che talvolta troviamo agli incontri pubblici. Una ragazza batte sui suoi tasti languidamente e guarda intorno alla stanza, e a volte colui che tiene il discorso, con uno sguardo inquietante. Da esso viene fuori una striscia scritta che riporta in un linguaggio foneticamente semplificato una registrazione di ciò che ha detto il parlante. Più tardi questa striscia viene riscritta nel comune linguaggio, poiché nella sua forma originale è comprensibile solo dagli iniziati alla sua lettura. Combiniamo questi due elementi, lasciate che il Vocoder usi la macchina stenotipia, e il risultato è una macchina che scrive quando le viene parlato. I nostri attuali linguaggi non si sono ancora adattati a questo tipo di meccanizzazione, è vero. E’ strano che agli inventori di linguaggi universali non sia venuta l’idea di produrne una più adatta alle tecniche per la trasmissione e la registrazione del parlato. La meccanizzazione potrebbe tuttavia forzare questa problematica, specialmente in campo scientifico, al che il gergo scientifico diventerebbe ancora meno comprensibile per il profano. Adesso possiamo immaginarci un investigatore del futuro nel suo laboratorio. Le sue mani sono libere, e lui non è legato da nessuna parte. Muovendosi in giro fotografa e commenta. Il tempo è stato registrato per tener le due registrazioni legate insieme. Se va dentro il campo potrebbe essere connesso via radio al suo registratore. Mentre riflette sopra le sue annotazioni la sera, nuovamente parla e commenta nel registratore. I suoi dati scritti, così come le sue fotografie, potrebbero essere in miniatura, così da proiettarle per le analisi. Molto bisogna che succeda, comunque, tra la raccolta dati e le osservazioni, l’estrazione di materiale parallelo dalle registrazioni esistenti, il finale inserimento di nuovo materiale nel corpo generale della nuova registrazione. Per il pensiero maturo non c’è nessun sostituto meccanico. Ma il pensiero creativo e quello essenzialmente ripetitivo sono cose molto differenti, poiché il secondo ha, e potrebbe essere, potenti aiuti meccanici. Aggiungere una colonna di cifre è un processo mentale ripetitivo, e fu relegato alle macchine lungo tempo fa. Vero, la macchina è talvolta controllata da una tastiera, e un minimo di attenzione è richiesta per la lettura delle suddette cifre, e per la pressione dei tasti corrispondenti, ma anche questo è evitabile. Sono state fatte delle macchine che leggeranno le cifre scritte con fotocellule, e quindi premeranno i tasti corrispondenti; queste sono combinazioni di fotocellule, per la scansione del carattere, circuiti elettrici per l’elaborazione delle conseguenti variazioni, e circuiti relé per l’interpretazione del risultato all’interno dell’azione dei solenoidi per premere i tasti. Tutte queste complicazioni sono necessarie per via del goffo modo che abbiamo imparato per scrivere le cifre. Se ne avessimo registrato il posizionamento, con una semplice combinazione di puntini su di un foglio di carta, il meccanismo di lettura automatica sarebbe stato relativamente più semplice. Infatti, se i punti sono dei buchi, abbiamo la macchina punzonatrice inventata molto tempo fa da Hollorith, avente come scopo il censo, e ora usato in ambito affaristico. Alcuni tipi di operazione complessi potrebbero difficilmente essere attuati senza queste macchine. L’addizione è solo un tipo di operazione. Per il calcolo aritmetico sono necessarie anche la sottrazione, la moltiplicazione, e la divisione, e in più qualche metodo per l’immagazzinamento dei risultati, di rimozione per ulteriore manipolazione, e registrazione dei risultati finali con la stampa. Le macchine di questo tipo sono ora di due tipi, macchine a tastiera per registrazioni e simili, controllate manualmente per l’inserimento dei dati, e di solito controllate automaticamente, almeno finchè ci si occupa della successione delle operazioni; ci sono poi macchine punzonatrici nelle quali le operazioni separate vengono solitamente delegate ad una serie di macchine, e le carte da punzonare vengono fisicamente passate da una macchina all’altra. Entrambe queste forme sono molto utili, ma per quanto riguarda i tipi più complessi di calcolo, sono tutte e due ancora in fase embrionale. Il rapido calcolo elettrico è apparso presto, dopo che i fisici lo hanno ritenuto comodo per contare i raggi cosmici. Per i propri scopi, i fisici si sono prontamente costruiti equipaggiamenti a tubi termoionici, capaci di contare impulsi elettrici al ritmo di 100.000 al secondo. Le avanzate macchine aritmetiche del futuro saranno di natura elettrica, e potranno centuplicare l’attuale velocità. Inoltre, saranno molto più versatili delle macchine attualmente in commercio, e saranno adattabili ad una vasta gamma di diverse operazioni . Saranno controllate tramite tessere di riconoscimento o pellicole, selezioneranno i propri dati e li manipoleranno seguendo le specifiche istruzioni inserite, e si presteranno in complessi calcoli aritmetici a velocità inimmaginabilmente alte, e produrranno risultati in forma tali da essere immediatamente pronte per la diffusione o per un’ulteriore modifica. Tali macchine saranno incredibilmente voraci. Ognuna di esse riceverà dati e istruzioni da una stanza piena di ragazze armate di semplici tastiere, e consegneranno fogli di risultati calcolati ogni pochi minuti. Ci sarà sempre un sacco di cose da calcolare nei complicati affari di milioni di persone che fanno cose complicate.
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I ripetitivi processi mentali non sono comunque limitati alla materia aritmetica e statistica. Infatti, ogni volta noi combiniamo e registriamo cose secondo processi logici prestabiliti; l’aspetto creativo del pensiero è implicato solo nella selezione dei dati e dei processi che devono essere impiegati, quindi, la manipolazione successiva è di natura ripetitiva, e perciò adatta ad essere relegata ad una macchina. Non tanto è stato fatto in queste righe là delle implicazioni dell’aritmetica, come si potrebbe aver fatto; primariamente, a causa della situazione economica. I bisogni del business e del mercato globale, evidentemente in attesa, hanno garantito l’avvento di macchine aritmetiche prodotte in massa non appena i metodi di produzione diventano sufficientemente avanzati. Con a disposizione macchine per l’analisi avanzata, una situazione del genere non si sarebbe posta, perché non risarebbe stato, e di fatto non c’è, nessun tipo di mercato esteso (?); gli utenti di metodi avanzati di elaborazione dei dati rappresentano una parte molto piccola della popolazione. Ci sono comunque delle macchine per la risoluzione delle equazioni differenziali – e pure integrali e funzioni. Ci sono molte macchine speciali, come un sintetizzatore armonico, che può prevedere le maree. Ce ne saranno molte di più nell’avvenire, che sicuramente passeranno prima per le mani degli scienziati, ed in un numero assai ridotto. Se il ragionamento scientifico fosse stato limitati ai processi logici e aritmetici, non saremmo andati lontano nella comprensione del modo fisico. Si potrebbe anche cercare di comprendere il gioco del poker esclusivamente in base a principi della probabilità e della matematica. L’abaco, con le sue pallottole mandate su e giù per le sue asticelle parallele, ha portato gli arabi alla numerazione posizionale e al concetto di zero molti secoli prima rispetto al resto del mondo, così utile, che viene usato ancora oggi. E’ un grido ben lungo, dall’abaco alle macchine a tastiera. Ma anche questa nuova macchina non porterà lo scienziato dove ha bisogno di andare. Anche la laboriosa e scrupolosa manipolazione de più alti matematici dovrebbero garantire sollievo, se chi ne fa uso è liberato dall’onere per qualcosa di più rispetto alle ripetitive scrupolose trasformazioni, in accordo con le regole esistenti. Un matematico non è uno che può prontamente manipolare le cifre; spesso non ci riesce. Non è neanche un uomo che può effettuare rapidamente la trasformazione di equazione tramite calcoli.
È innanzitutto un individuo abile nell’uso della logica simbolica ad un alto livello, e specialmente è un uomo dal giudizio intuitivo nella scelta di processi manipolatori che va a impiegare.
D’altro canto, dovrebbe avere la possibilità di voltarsi verso il suo meccanismo con la stessa fiducia con la quale si volta verso il motore della sua auto, verso l’intricato meccanismo che sta sotto la capotte. Solo allora i matematici potranno portare la crescente conoscenza dell’atomica all’utile soluzione degli avanzati problemi della chimica, metallurgia e biologia. Per questa ragione vengono messe a disposizione sempre nuove macchine per permettere agli scienziati di gestire la matematica avanzata. Alcuni di loro saranno sufficientemente bizzarri dal far adattare alle loro esigenze i più fastidiosi conoscitori dei presenti artefatti della civiltà
Lo scienziato comunque non è l’unica persona a manipolare dati e esaminare il mondo che lo circonda, anche se egli talvolta preserva l’apparenza, inserendo nella sua classe chiunque cominci a ragionare secondo la logica, molto similmente al modo in cui un capo di fabbrica viene elevato a cavaliere. Ogniqualvolta un processo mentale viene impiegato – cioè, ogni volta che la mente viaggia su binari accettati- c’è un’opportunità per la macchina. La logica formale è sempre stata considerata uno strumento perfetto nelle mani di un insegnante mentre esamina le anime degli studenti. E’ possibile costruire una macchina che manipolerà le premesse in accordo con la logica formale, semplicemente tramite un uso intelligente dei circuiti relé. Mettiamo una serie di premesse in dispositivo simile e giriamo la manovella, e prontamente fornisce le conclusioni una dopo l’altra, con non più errori di quanti ne farebbe una macchina a tastiera per le addizioni.
La logica può diventare enormemente difficile, e sarebbe bene dare più garanzie circa il suo uso. Le macchine per analisi più accurate solo di solito state le risolutrici i equazioni. Stanno venendo fuori delle idee per macchine trasformatrici di equazioni, capaci di riarrangiare le relazioni espresse da un’equazione secondo una logica ferrea e piuttosto avanzata. Il progresso in questo senso è parzialmente inibito dalla rozzezza con la quale i matematici esprimono le loro relazioni. Impiegano una simbologia che è cresciuta come Topsy, ed ha poca consistenza, un fatto strano in quello che dovrebbe essere il campo più logico..
Una nuova simbologia, probabilmente posizionale, deve apparentemente precedere la riduzione della trasformazione matematica a processo meccanico. Quindi, al di là della severa logica dei matematici, sta l’applicazione della logica nelle faccende quotidiane. Un giorno potremmo ricercare argomenti su di una macchina, con la stessa sicurezza che abbiamo nell’immettere le vendite nel registratore di cassa. Ma la macchina della logica non apparirà come un registratore di cassa, neppure se nella linea più aerodinamica.
Così tanto per la manipolazione delle idee e il loro inserimento in un archivio. Perciò sembriamo assai peggiori di prima – perché l’archivio può essere esteso all’infinito; tuttavia, anche ora nella sua enormità, facciamo fatica a consultarlo. Questa è una questione molto più ampia della mera estrazione dei dati a scopo di ricerca; richiede un intero processo, tramite il quale l’uomo può trarre vantaggio dall’intero bagaglio di conoscenze che ha ereditato. La primaria azione d’uso è la selezione, e qui ci fermiamo subito. Ci potrebbe essere un milione di buone menti, le esperienze sulle quali sono basati i loro pensieri sono incastonate nelle mura di una forma architettonica accettabile; ma se lo studioso può pervenire a solo uno per volta di essi ogni settimana, allora le sue sintesi difficilmente terranno il passo con la scena corrente.
La selezione, in questa sua vasta accezione è come un’ascia di pietra nelle mani di un ebanista. Tuttavia, nel senso stretto e in altre aree, qualcosa è già stato fatto meccanicamente sulla selezione. Il personale ufficiale di una fabbrica butta una risma di qualche migliaio di tessere d’impiegati, in una macchina selezionatrice, imposta un codice in accordo con la convenzione stabilita, e produce in breve tempo una lista di tutti gli impiegati e produce in poco tempo una lista di tutti i dipendenti che vivono a Trenton e sanno lo spagnolo. Anche dispositivi simili diventano troppo lenti quando c’è da far corrispondere una serie di impronte digitali con una di 5 milioni su di un file. Dispositivi di selezione i questo tipo saranno presto velocizzati rispetto al loro ritmo attuale di revisione dei dati di qualche centinaio al minuto. Con l’uso di fotocellule e di microfilm estrarranno l’oggetto desiderato alla velocità di mille al secondo, e ne stamperà duplicati.
Questo processo comunque è di semplice selezione: procede esaminando ognuno degli oggetti , tirando fuori quelli che rispondono a determinate caratteristiche. C’è un’altra forma di selezione meglio illustrata dall’automatico scambio telefonico. Componi un numero, e la machina seleziona e connette solo una tra un milione di stazioni possibili. Non è che le passa tutte in rassegna: presta attenzione solo alla classe indicata dalla prima digitazione, quindi solo alla sottoclasse indicata dalla seconda, e così via, e perciò procede rapidamente e in maniera quasi infallibile verso la seconda stazione. Richiede qualche secondo compiere la selezione, benchè il processo possa essere velocizzato, se una maggiore velocità fosse finanziata. Se necessario, potrebbe diventare estremamente veloce grazie alla sostituzione dell’attivazione a tubi termoionici con un’attivazione meccanica, di modo che l’intero processo di selezione impieghi non più di un centesimo di secondo. A nessuno verrebbe in mente di spendere i soldi necessari per un simile cambiamento nel sistema della telefonia,ma l’idea generale è applicabile in altri campi.
Prendete il prosaico problema dei grandi magazzini. Ogni volta che un carico viene venduto, c’è una quantità di cose che vanno fatte. L’inventario deve essere rivisto, bisogna dare credito all’uomo delle vendite per la vendita, la contabilità generale ha bisognosi un’entrata,e, più importante il cliente deve essere messo in conto. Un dispositivo generale di registrazione è stato sviluppato, grazie al quale gran parte del lavoro viene svolta nel modo più conveniente. L’uomo delle vendite mette su un piedistallo la tessera di riconoscimento del cliente, la sua tessera, e la tessera presa dall’articolo venduto – tutte tessere punzonate. Quando tira una leva, dei contatti avvengono dei contatti tra i buchi; nella fase cruciale il macchinario effettua i calcoli e le entrate necessari, e la corretta ricevuta viene stampata per l’uomo delle vendite, e, infine, per il cliente.
Ma ci potrebbero essere diecimila clienti nel magazzino che richiedono la stessa quantità di carico, e prima che l’intera operazione possa essere completata, c’è bisogno di qualcuno che scelga la tessera giusta e la inserisca nell’ufficio centrale. Ora la selezione rapida può solo può far scorrere solo la tessera giusta in posizione per pochi istanti, e restituirla subito dopo. Interviene tuttavia un’altra difficoltà. Qualcuno deve leggere il totale delle operazioni sulla tessera, affinché la macchina possa aggiungere il risultato dei suoi calcoli a questa cifra. Concepibilmente, le tessere potrebbero essere del tripodi quelle per la fotografia a secco che avevo descritto prima. I totali esistenti potrebbero essere letti da fotocellule, ed il nuovo totale essere inserito da un fascio d’elettroni.
Le tessere potrebbero essere in miniatura così che possano occupare uno spazio minimo. Devono muoversi velocemente. Non hanno bisogno di essere trasferite lontano, ma semplicemente in posizione affinché la fotocellula e il registratore possano operare su di loro. I puntini di posizione possono fornire i dati. Alla fine del mese una macchina può tranquillamente essere fatta per la lettura di questi, e poi stampare un comune scontrino. Con la selezione a valvole, nella quale nessuna parte meccanica viene impiegata negli interruttori, poco tempo è necessario per portare in uso la tessera corretta – un secondo dovrebbe esser sufficiente per l’intera operazione. L’intera registrazione sulla tessera potrebbe essere fatta con punti magnetici su di un foglio d’acciaio se desiderato, invece di dover osservare otticamente dei punti, secondo lo schema grazie al quale Poulsen molto tempo fa riuscì a mettere il parlato su di una fibra magnetica. Questo metodo ha il vantaggio della semplicità e facilità di cancellazione. Con l’uso della fotografia comunque si può pensare alle registrazioni in una forma ingrandita, seguendo il processo comune degli apparecchi televisivi.
Possiamo considerare la selezione rapida di questo tipo, e la proiezione a distanza per altri scopi. Essere in grado di digitare un foglio tra un milione (?) dinanzi ad un operatore in un secondo o due, con la possibilità di aggiungervi annotazioni in secondo momento, è un’idea suggestiva sotto tanti punti di vista. Potrebbe persino venire usato nelle librerie, ma questa è un’altra storia. Ad ogni buon conto, ci sono oggi alcune possibili interessanti combinazioni. Potremmo ad esempio parlare al microfono nella maniera descritta, in contatto con una macchina da scrivere a comando vocale, e quindi effettuare le nostre selezioni. Di sicuro batterebbe il commesso addetto agli archivi.
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Il vero cuore della questione della selezione, comunque, è ben più profondo di un ritardo nell’adozione di macchinari da parte degli archivi o di una mancanza di sviluppo dei dispositivi per il loro utilizzo. La nostra inettitudine nell’arrivare ai dati è più che altro provocata dall’artificiosità del sistema di indicizzazione. Quando i dati di qualunque tipo vengono messi in magazzino, vengono ordinati alfabeticamente o numericamente, e rintracciamo le informazioni cercando di sottoclasse in sottoclasse. Possono trovarsi in un posto solo, a meno che vengano usati duplicati; è necessario porsi delle regole per la ricerca delle informazioni, e le regole sono ingombranti. Trovato un oggetto, tuttavia, bisogna emergere dal sistema e rientrare in una nuova strada. La mente umana non funziona in questa maniera; essa opera tramite associazioni. Avendo un elemento tra le mani, salta subito al successivo, suggerito dall’associazione di pensieri, secondo un’intricata rete di contatti tra le cellule del cervello. Naturalmente, ha altre caratteristiche: i percorsi mentali che non vengono seguiti frequentemente sono portati a scomparire; gli elementi non sono pienamente permanenti, la memoria è transitoria. Tuttavia la velocità d’azione, l’intrico dei percorsi, il dettaglio delle immagini mentali ispira soggezione più di ogni altra cosa in natura. L’uomo non può sperare di poter duplicare perfettamente questo processo mentale artificialmente, ma certamente dovrebbe essere capace di imparare da esso. In piccola parte, potrebbe persino migliorare, avendo le sue registrazioni un permanenza relativa. La prima idea comunque da far derivare dall’analogia riguarda la selezione. La selezione fatta tramite associazione, anziché dagli indici, potrebbe tuttavia essere meccanizzata. Non possiamo quindi sperare di eguagliare la velocità con la quale la mente percorre i suoi percorsi intuitivi, ma potrebbe essere possibile battere la mente nel campo della permanenza e della chiarezza degli elementi riportati dal loro mucchio. Consideriamo un dispositivo del futuro per l’uso individuale, che sia una specie di archivio e libreria privata meccanizzata. Ha bisogno di un nome, e, per coniarne uno a caso, memex andrà bene. Un memex è un dispositivo nel quale un individuo immagazzina tutti i suoi libri, le sue registrazioni e comunicazioni, meccanizzato in modo tale da essere consultato con incredibile velocità e flessibilità. E’un intrinseco, allargato supplemento alla sua memoria. Consiste in una scrivania, e mentre può presumibilmente essere operato a distanza, è innanzitutto il mobile al quale egli lavora. Sopra di esso stanno schermi inclinati tralucenti, sui quali il materiale può venire proiettato per una lettura conveniente. C’è una tastiera, ed una serie di bottoni e di leve. Per il resto sembra una normale scrivania. Da una parte sta il materiale immagazzinato. Il problema della massa, è risolto da microfilm migliorati. Solo una piccola parte del memex è destinata all’immagazzinamento, il resto è dedicato ai suoi meccanismi. Comunque, anche se l’utente inserisse 5000 pagine al giorno di materiale, gli ci vorrebbero centinaia di anni per riempire lo spazio, quindi può produrre ed inserire materiale liberamente. La maggior parte dei contenuti per il memex vengono comprati su microfilm, pronti per essere inseriti. Libri di tutti i tipi, immagini, periodici, giornali sono perciò ottenuti e messi alloro posto. La corrispondenza per il business segue la stessa strada. E ci sono possibilità per entrate dirette. Sopra il memex c’è una piastra trasparente. Su di essa sono sistemate annotazioni, fotografie, memoranda, ogni tipo di cosa. Quando una di queste cose è in posizione, l’abbassamento di una leva la fa fotografare e depositare sul primo spazio disponibile in una sezione di un microfilm; la fotografia a secco stata impiegata. Ci sono naturalmente possibilità di consultazione delle registrazione, tramite il solito sistema di indici. Se l’utente vuole consultare un certo libo, digita il suo codice sulla tastiera, e la copertina del libro che stava cercando subito appare dinanzi a lui, proiettata su una delle sue posizioni i veduta. I codici frequentemente usati sono mnemonici, così che raramente egli debba andare a consultare il suo libricino di codici, ma quando si trova a farlo, la semplice pressione i un tasto lo proietterà per il suo uso. Inoltre possiede leve supplementari. Nel girare una di queste a destra, l’utente può scorrere il libro dinanzi a lui, ad una velocità che gli permette solo di dare uno sguardo ad ogni pagina. Se la si gira ulteriormente a destra, salta dieci pagine per volta, e un ulteriore tirata salta cento pagine per volta. Una flessione a sinistra della leva porta allo stesso risultato,però indietro. Un bottone speciale lo porta immediatamente all’indice. Ogni libro disponibile può perciò essere preso e consultato molto più facilmente che andandolo a cercare su di una mensola. Avendo l’utente diverse posizioni di proiezione, può lasciare un oggetto in proiezione, mentre ne richiama un altro. Può aggiungere annotazioni e commenti a margine, servendosi di un tipo particolare di fotografia a secco, e potrebbe persino essere impostato in modo tale da fare questo secondo uno schema a stilo (?), tipo quelli impiegati oggi nel teleautografo che possiamo trovare nelle sale d’attesa delle ferrovie, come se avesse davanti a sé fisicamente la pagina.
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Tutto questo è convenzionale, tranne che per la proiezione in avanti dei meccanismi e marchingegni presenti al giorno d’oggi. Acquista tuttavia fin da subito un passo in avanti verso l’indicizzazione associativa, l’idea di base della quale è un mezzo tramite il quale ogni oggetto può essere indotto alla selezione di un altro a piacimento. Questa è la caratteristica essenziale del memex. Il processo di analisi di due oggetti contemporaneamente è la cosa importante. Quando l’utente sta costruendo un collegamento, gli da un nome, lo inserisce nel suo taccuino dei codici, e quindi lo digita sulla tastiera. Dinanzi a lui ci sono due oggetti da associare, proiettati verso posizioni di veduta adiacenti. Alla base di ciascuno di questi c’è un certo numero di spazi vuoti dove inserire codici, e un ago impostato per indicare uno di questi per ogni oggetto. L’utente preme un singolo tasto, e gli elementi sono permanentemente uniti. In ognuno dei suddetti spazi appare un parola codice. Fuori campo, ma anche nello spazio, vengono inseriti una serie di punti per la lettura da parte della fotocellula., e su di ogni oggetto, la posizione di questi punti designa la posizione dell’altro oggetto nell’indice. Di conseguenza, in ogni momento, quando uno di questi elementi è visibile, l’altro può essere istantaneamente richiamato semplicemente premendo un tasto al di sotto dello spazio per il codice. Inoltre, quando tanti elementi sono stati uniti per formare un collegamento, possono essere rivisti uno per volta, rapidamente o lentamente usando una leva come quella impiegata nella lettura dei libri. E’ come se elementi provenienti da fonti largamente separate e uniti insieme per formare un nuovo libro. E’ molto più di questo, poiché qualunque oggetto può essere raggruppato in ulteriori percorsi. Il possessore del memex, lasciateci dire, è interessato nelle origini dell’arco e della freccia. Esattamente sta studiando perché l’arco corto turco era apparentemente superiore all’arco lungo inglese nelle battaglie delle crociate. Ha a disposizione dozzine di libri e di articolo riguardanti questa materia. Innanzitutto scorre un’enciclopedia, trova un interessante ma schematico articolo, e lo lascia proiettato. Quindi, in una storia, trova altro materiale pertinente, e lega i due insieme. Quindi va a costruirsi una rete di tanti elementi. Occasionalmente inserisce un suo commento, collegandolo all’argomento principale, o unendolo con una connessione particolare ad un altro. Quando diventa evidente che le proprietà elastiche dei materiali disponibili hanno avuto un ruolo fondamentale nel funzionamento dell’arco, si dirama verso testi sulla fisica e sui principi dell’elasticità. Inserisce una pagina di sue analisi personali scritte a mano. Quindi costruisce un percorso di suo interesse attraverso la massa di materiale disponibile. E i suoi collegamenti non spariscono. Diversi anni dopo, una conversazione con un suo amico si rivolge al bizzarro modo con cui la gente resiste alle innovazioni, anche a quelle di interesse vitale. Ha un esempio, il fatto che gli indignati europei avessero comunque fallito nell’adottare l’arco turco. In fatti ha una ricerca su di questo. Un tocco gli rende disponibile il libro dei codici. Premendo pochi tasti proietta l’inizio del percorso. Una leva lo fa scorrere a volontà, fermandosi nei punti d’interesse, distaccandosi per escursioni secondarie. E’ un aggancio interessante, pertinente alla discussione. Così imposta un riproduttore in azione, fotografa l’intera ricerca, e la passa al suo amico per il suo memex, per collegarla poi ad un percorso più generale.
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Tipi completamente nuovi di enciclopedie appariranno, con una rete di collegamenti associativi, pronti per essere buttati in un memex, e lì ampliati. L’avvocato ha portata di mano le opinioni e le decisioni associate della sua intera esperienza, e di quelle degli amici e delle autorità. Un avvocato specializzato in brevetti, ha tutti le privative a portata di mano, con agganci familiari ad ogni punto dell’interesse del suo cliente. Il fisico, confuso dalle reazioni di un paziente, attiva il percorso assegnato allo studio dei precedenti simili, e scorre rapidamente attraverso storie di casi analoghi, con riferimenti a nozioni pertinenti di anatomia e istologia. Il chimico, combattendo con la sintesi di un composto organico, ha davanti a sé tutta la letteratura chimica, con agganci riguardanti le analogie tra composti, e altri sul loro comportamento fisico e chimico. Lo storico, con un vasto resoconto cronologico di un popolo, lo collega con un percorso che si ferma solo sugli elementi salienti, e può seguire in ogni momento percorsi contemporanei che lo conducono attraverso tutta la civilizzazione ad un’epoca in particolare. C’è una nuova professione nel divulgatore di percorsi, quelli che trovano soddisfazione nel compito di stabilire utili percorsi attraverso un’enorme massa di dati in comune. L’eredità dal generale diventa, non solo la sua aggiunta all’archivio dati del mondo, ma per le sue discipline l’intera impalcatura per la quale erano stati eretti (?). Perciò la scienza potrebbe implementare le modalità secondo le quali l’uomo produce, immagazzina e consulta la banca dati di una razza. Potrebbe essere sconvolgente delineare le strumentazioni del futuro più spettacolarmente,piuttosto che restare ancorati a metodi e elementi oggi conosciuti e sostenere un rapido sviluppo, come qui è stato fatto. Difficoltà tecniche di tutti i tipi sono state ignorate, certamente, ma ignorati sono stati anche i mezzi del futuro, che potrebbero arrivare ogni giorno per velocizzare il progresso tecnico con la stessa violenza con cui l’ha fatto il tubo termoionico. Di modo che l’immagine non sia troppo trita, con lo scopo di rimanere comunque coi piedi per terra, sarebbe ben menzionare anche una possibilità simile, poichè la profezia basata sull’estensione dei fatti concreti ha una sostanza, mentre la profezia tratta dallo sconosciuto è soltanto un dubbio tirare ad indovinare. Tutti i nostri passi nel creare o nell’assorbire materiale della registrazione procede attraverso uno dei sensi – il tatto quando tocchiamo i tasti, l’orale quando parliamo o ascoltiamo, la vista quando leggiamo. Non è possibile che un giorno la strada possa essere stabilita secondo un approccio più diretto? Sappiamo che quando l’occhio vede, tutte le informazioni che ne conseguono vengono trasmesse al cervello tramite vibrazioni elettriche attraverso il nervo ottico. Questa è un’analogia perfetta con le vibrazioni elettriche che avvengono nel cavo della televisione: riportano l’immagine dalle fotocellule che vedono l’oggetto alla trasmittente radio dalla quale è radiotrasmessa. Sappiamo in più che se ci avviciniamo a qual cavo con gli strumenti giusti non abbiamo bisogno di toccarlo: possiamo prendere quelle vibrazioni con l’induzione elettrica e quindi scoprire e riprodurre la scena che sta venendo trasmessa, proprio come il filo di un telefono può essere estratto per il suo messaggio. Gli impulsi che scorrono nei nervi del braccio di un dattilografo portano alle sue dita le informazioni che raggiungono il suo occhio o il suo orecchio, in modo che i tasti vengano premuti nel modo corretto. Non potrebbero questi impulsi essere intercettati o nella forma originale in cui le informazioni vengono condotte al cervello, o nella forma incredibilmente trasformata nella qual procedono verso la mano? Con la conduzione tramite ossa già introduciamo i suoni nei canali nervosi dei sordi in modo tale che possano sentire. Non è possibile che possiamo imparare a introdurli senza l’attuale impaccio comportato prima dal trasformare le vibrazioni elettriche in meccaniche, che il meccanismo umano prontamente ritrasforma di nuovo nella forma elettrica? Con un paio di elettrodi sul cranio oggi un encefalogramma produce tracce di inchiostro su carta, che riportano alcuni dei fenomeni elettrici che avvengono nello stesso cervello? Vero, il dato non è intelligibile, tranne quando segnala certi grossi malfunzionamenti nell’attività celebrale: ma chi oggi metterebbe dei paletti sul dove una cosa del genere ci possa portare nel mondo esterno tutte le forme d’intelligenza, sia di udito che di vista sono state ridotte alla forma di correnti variabili in un circuito elettrico in modo da poter essere trasmesse. Nel quadro umano accade esattamente lo stesso tipo di processo. Dobbiamo noi trasformarci in movimenti meccanici per procedere da un fenomeno elettrico all’altro? E’ un pensiero suggestivo, ma difficilmente può supportare la predizione senza perdere colpi con la realtà e la concretezza. Presumibilmente lo spirito dell’uomo dovrebbe essere elevato se questi è capace di vedere meglio il suo oscuro passato e analizzare con maggio completezza ed obiettività i suoi attuali problemi. Ha costruito una civiltà così complessa che ha bisogno di automatizzare le sue registrazioni più a fondo se vuole spingere il suo esperimento alla sua logica conclusione e non semplicemente impantanarsi sovraccaricando la sua memoria limitata. Le sue escursioni potrebbero diventare più piacevoli se riuscisse ad acquisire il privilegio di dimenticare le molteplici cose che non ha bisogno di avere direttamente a portata di mano, con la garanzia di poterle ritrovare, qualora gli tornassero utili. Le applicazioni della scienza hanno costruito per l’uomo una casa dotata di tutto, e gli stanno insegnando a viverci in salute. Gli hanno dato la possibilità di scagliare masse di persone l’una contro l’altra con armi crudeli. Potrebbero tuttavia permettergli davvero di comprendere la sua grande eredità, e crescere nella saggezza dell’esperienza della razza. Potrebbe morire in una guerra prima ancora di riuscire a maneggiarla correttamente per il suo vero bene. Tuttavia, nell’applicazione della scienza ai bisogni ed ai desideri dell’uomo sembrerebbe una fase singolarmente sfortunata per terminare il processo, o per perdere la speranza sui suoi risultati
IL "MEMEX"
Durante la seconda guerra mondiale Vannevar Buish aveva diretto l’ufficio per la Ricerca e lo Sviluppo Scientifico dell’Esercito, coordinando più di seimila scienziati. Si rese subito centrale il problema della gestione e del reperimento delle informazioni. Rimasto turbato dalle conseguenze e degli sviluppi della corsa alle armi durante il periodo della Guerra Fredda, Bush maturò la concezione di una tecnologia che allontanasse le distruzioni e conducesse alla comprensione.
I nuovi media saranno influenzati dall’idea di Bush in quella che è la loro specificità: creare collegamenti e percorsi attraverso informazioni secondo connessioni associative che cercano di riflettere, anche se parzialmente, i percorsi fatti dalle cellule del nostro cervello.
Vannevar Bush aveva riflettuto sulle conseguenze delle scoperte scientifiche, che avevano segnato la vita dell’uomo, potenziandone le capacità fisiche anziché quelle intellettive. Erano migliorati i modi di mangiare e di vestire; si era realizzata una progressiva libertà dalle malattie; si erano rese più veloci le comunicazioni tra gli individui grazie all’automatizzazione degli scambi telefonici; avanzate tecniche di fotografie che permettono di immortalare anche ciò che non si vede; i microfilm, con riduzioni che nonostante le forti riduzioni, garantiscono assoluta nitidezza dell’immagine, tanto che l’Enciclopedia Britannica potrebbe essere ridotta alle dimensioni di una scatola di fiammiferi.
o altro. In uno degli spazi trasparenti nella parte superiore del dispositivo si possono scrivere appunti o promemoria che, azionando una delle leve, possono essere fotografati e immagazzinati sul primo spazio vuoto a disposizione sulla pellicola; in tal modo possono essere consultati più volte senza andare persi.
La cosa più importante per Bush era che due dati potessero essere collegati fra loro, ma il suo assunto si basava sulla convinzione dell’innaturalezza dei consueti meccanismi di archiviazione dei documenti, catalogati secondo criteri alfabetici o cronologici. La mente umana non funziona in questo modo: nel ragionare e nel ricordare procede per associazioni, trascinando le idee che una dopo l’altra costituiscono il filo dei pensieri e questa macchina si collocava quindi come una estensione della mente.