Rosselli Franco: differenze tra le versioni
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E’ nato a Firenze dove vive e lavora, nel 1934. Espone dal 1961. Ha fatto parte dei gruppi autogestiti [[Astrattismo a Firenze|“Segno Rosso”]] e [[Astrattismo a Firenze|“il Moro”]]. Hanno scritto di lui Umberto Baldini, Ugo Barlozzetti, Piero Bigongiari, Vittoria Corti, Giorgio di Genova, Alberto Gallingani, Corrado Marsan, Eugenio piccini, G. Praeger, Vittorio Sgarbi, Marcello Venturoli. | E’ nato a Firenze dove vive e lavora, nel 1934. Espone dal 1961. Ha fatto parte dei gruppi autogestiti [[Astrattismo a Firenze|“Segno Rosso”]] e [[Astrattismo a Firenze|“il Moro”]]. Hanno scritto di lui Umberto Baldini, Ugo Barlozzetti, Piero Bigongiari, Vittoria Corti, Giorgio di Genova, Alberto Gallingani, Corrado Marsan, Eugenio piccini, G. Praeger, Vittorio Sgarbi, Marcello Venturoli. | ||
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E’ nato a Firenze dove vive e lavora, nel 1934. Espone dal 1961. Ha fatto parte dei gruppi autogestiti “Segno Rosso” e “il Moro”. Hanno scritto di lui Umberto Baldini, Ugo Barlozzetti, Piero Bigongiari, Vittoria Corti, Giorgio di Genova, Alberto Gallingani, Corrado Marsan, Eugenio piccini, G. Praeger, Vittorio Sgarbi, Marcello Venturoli.
“[…] È dunque comprensibile che nelle riflessioni dei filosofi — da Tommaso Moro, inventore del termine, a Campanella e Saint Simon - l'utopia abbia sempre avuto un carattere di concretezza che poi ha perduto nell'uso linguistico corrente, finendo paradossalmente per diventare sinonimo di impossibilità, di irrealizzabilità. L'Utopia di Tommaso Moro è una città organizzata in modo perfettamente razionale e morale, dove tutto risponde a una precisa funzione e concorre a un clima di assoluta concordia sociale. Penso a questo osservando i solidi geometrici delle Cattedrali dell'utopia di Franco Rosselli. I blocchi sfaccettati di Rosselli possiedono la tipica schematicità nella corrispondenza tra piano, ombra e colore delle Case all'Estacjue di Braque (1908) e l'essenziale plasticismo dei Paesaggi di Horta di Picasso (1910). Esiste tra Rosselli e i suoi illustri predecessori anche un'analoga tensione all'assoluto, intenta a cercare nel dato naturale la forma dell'essenza. Rosselli non ha però bisogno di inventare nessun tipo di immagine nuova, il suo non è un processo rivolto dal concreto all'astratto ma dall'astratto al concreto. Rosselli vuole rappresentare un concetto di cui si è sempre sottinteso l'irrappresentabilità, appunto l'utopia lo fa senza ricorrere al pretesto del mezzo simbolico, vuole che la rispondenza tra forma e significato sia tutt'altro che casuale o convenzionale. Trova una forma in cui natura e artificio, intuizione e ragione, realtà e immaginazione confluiscono armonicamente. Possiede colori e ombre che sono come quelli che appaiono in natura ma che sembrano qui trascenderli, sublimarli; ha una struttura allo stesso tempo unitaria e molteplice come un congegno architettonica di Van-Doesburg. E' chiaro: la forma dell'Utopia è l'utopia della forma assoluta, problema eterno della ricerca artistica. […]”
Vittorio Sgarbi