Glowflow: differenze tra le versioni

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Il computer permette di controllare tali configurazioni di luce, che vanno a costituire l’architettura artificiale dell’ambiente in cui ci si trova ad agire, dando vita ad uno spettacolo suggestivo. Myron Krueger nel testo Realtà Artificiale sottolinea come i partecipanti molto spesso si trovino a creare spontaneamente gruppi informali durante la performance collettiva, inventandosi ruoli, dandosi spiegazioni, reagendo in modi diversi alle stimolazioni luminose.
 
Il computer permette di controllare tali configurazioni di luce, che vanno a costituire l’architettura artificiale dell’ambiente in cui ci si trova ad agire, dando vita ad uno spettacolo suggestivo. Myron Krueger nel testo Realtà Artificiale sottolinea come i partecipanti molto spesso si trovino a creare spontaneamente gruppi informali durante la performance collettiva, inventandosi ruoli, dandosi spiegazioni, reagendo in modi diversi alle stimolazioni luminose.
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Glowflow era un ambiente controllato informaticamente di luce e suoni che rispondeva alle persone all'interno di esso: in una stanza buia e vuota, 4 tubi trasparenti erano attaccati alle pareti della galleria.
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Questi avevano particelle fosforescenti in acqua e ogni tubo conteneva un pigmento colorato diverso.
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La referenza visule era fornita dai tubi luminosi che erano posti in modo tale da distorcere la visione dello spettatore della stanza, facendola sembrare più grande nel centro.
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di conseguenza camminando per la lunghezza della stanza i visitatori avevano l'impressione di scendere rispetto alla propria posizione basata sulla direzione dei tubi.
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== Collezione ==  
 
== Collezione ==  

Revisione 13:03, 20 Giu 2007

Titolo

Glowflow

Autore

Krueger Myron

Anno

1969

Luogo

Prestentata la prima volta al Memorial Union Gallery dell'Università del Wisconsin

Sito web

Descrizione

Che la realtà artificiale potesse essere utilizzata non solo come strumento di comunicazione tra l' uomo e il computer ma anche come strumento di comunicazione tra più individui fu sperimentato inizialmente da Krueger Myron.

Con il suo primo esperimento il GLOWFLOW tentò di realizzare un ambiente reattivo in cui più individui potessero interagire con esso, la risposta del pubblico a tale esperienza fu molto positiva, segno che la realtà artificiale era realmente un luogo con potenzialità interattive molto ben più vaste di quanto ci si potesse immaginare.


In questa installazione ambientale lo spettatore si trova inserito in un ambiente con mini computer nascosti, sintetizzatori sonori e tubi riempiti con fluidi composti da particelle fosforescenti colorate. In base a placche sensibili alla pressione incastrate nel pavimento, il pubblico, compiendo alcuni passi, determina la fluttuazione nei tubi di vettori di luce istantanei, che sono accompagnati da suoni.

Il computer permette di controllare tali configurazioni di luce, che vanno a costituire l’architettura artificiale dell’ambiente in cui ci si trova ad agire, dando vita ad uno spettacolo suggestivo. Myron Krueger nel testo Realtà Artificiale sottolinea come i partecipanti molto spesso si trovino a creare spontaneamente gruppi informali durante la performance collettiva, inventandosi ruoli, dandosi spiegazioni, reagendo in modi diversi alle stimolazioni luminose.

Glowflow era un ambiente controllato informaticamente di luce e suoni che rispondeva alle persone all'interno di esso: in una stanza buia e vuota, 4 tubi trasparenti erano attaccati alle pareti della galleria. Questi avevano particelle fosforescenti in acqua e ogni tubo conteneva un pigmento colorato diverso. La referenza visule era fornita dai tubi luminosi che erano posti in modo tale da distorcere la visione dello spettatore della stanza, facendola sembrare più grande nel centro. di conseguenza camminando per la lunghezza della stanza i visitatori avevano l'impressione di scendere rispetto alla propria posizione basata sulla direzione dei tubi.


Collezione

Genere artistico di riferimento

Realtà Virtuale

Bibliografia

Webliografia

Media Art Net