Derrida Jacques: differenze tra le versioni

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'''Personaggio o Gruppo:''' Jacques Derrida  
 
'''Personaggio o Gruppo:''' Jacques Derrida  
  
  
 
=== Biografia: ===  
 
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----[[Immagine:Derrida_piccola.jpg|right|frame|Jacques Derrida]]
  
Filosofo ed epistemologo francese, nasce a El Biar (Algeri) il 15 luglio 1930. Studia alla Ecole Normale Supérieure di Parigi sotto la guida di J. Hyppolite e di M. de Gaudillac. Qui si diploma con una tesi su Husserl (Il problema della genesi nella filosofia di Husserl, pubblicata nel 1990) e diventa in seguito “Maitres . Dal 1984 è direttore di studi all’ Ecole des Hautes Etudes en Sciences Sociales, Derrida ha sempre alternato la sua attività in Francia a periodi di insegnamento negli Stati Uniti, alla Johns Hopkins Umversity, a Yale (dove è nata un'importante scuola decostruzionista), alla Cornell University e a Irvine. Nel 1983 viene eletto direttore del College International de Philosophie. Con Heidegger, Husserl e Lacan, Derrida ha contribuito ad una rivisitazione dei concetti e delle categorie della filosofia classica occidentale. Abbagnano ha scritto che " al centro del progetto filosofico di Derrida troviamo l'idea di una decostruzione della metafisica della presenza che ha caratterizzato la tradizione filosofica occidentale ". Un rilievo particolare va fatto sulla "scrittura" di Derrida, poiché essa è essenziale per il suo discorso filosofico. La produzione di questo pensatore (si calcola che sino a oggi consti di circa 70 libri e di uno sterminato numero di saggi, per la maggior parte tradotti m moltissime lingue) è quanto mai varia e veramente inusuale per un filosofo, spaziando in campi estremamente eterogenei e misurandosi allo stesso modo con testi filosofici e letterari (Hegel, Husserl, Heidegger, Nietzsche, Mallarmé, Blanchot, Baudelaire Celan ecc). Ancor più sorprendente è il carattere specificamente testuale di tali scritti, cioè la loro strutturazione e la loro "materialità". Derrida è uno dei filosofi più attenti a forme di comunicazione multimediale, che coniugano cioè diversi mezzi espressivi e comunicativi (parola, immagine, accorgimenti tipografici), che si svolgono su più livelli e che sono inseparabili dal medium stesso. Una tale attenzione a come i testi sono fatti è nel decostruzionismo un fatto fondamentale. Più che un certo voler-dire (senso, significato o contenuto) è infatti il come i testi funzionano e sono fatti il tema principale della decostruzione.
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Filosofo ed epistemologo francese, nasce a El Biar (Algeri) il 15 luglio 1930. Studia alla Ecole Normale Superieure di Parigi sotto la guida di J. Hyppolite e di M. de Gaudillac. Qui si diploma con una tesi su Husserl (Il problema della genesi nella filosofia di Husserl, pubblicata nel 1990) e diventa in seguito “Maitres assistant”. Dal 1984 è direttore di studi alla Ecole des Hautes Etudes en Sciences Sociales, Derrida ha sempre alternato la sua attività in Francia a periodi di insegnamento negli Stati Uniti, alla Johns Hopkins University, a Yale (dove è nata un'importante scuola decostruzionista), alla Cornell University e a Irvine. Nel 1983 viene eletto direttore del College International de Philosophie. Con Heidegger, Husserl e Lacan, Derrida ha contribuito ad una rivisitazione dei concetti e delle categorie della filosofia classica occidentale.  
  
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Abbagnano ha scritto che "al centro del progetto filosofico di Derrida troviamo l'idea di una decostruzione della metafisica della presenza che ha caratterizzato la tradizione filosofica occidentale". Un rilievo particolare va fatto sulla "scrittura" di Derrida, poiché essa è essenziale per il suo discorso filosofico. La produzione di questo pensatore (si calcola che sino a oggi consti di circa 70 libri e di uno sterminato numero di saggi, per la maggior parte tradotti in moltissime lingue) è quanto mai varia e veramente inusuale per un filosofo, spaziando in campi estremamente eterogenei e misurandosi allo stesso modo con testi filosofici e letterari (Hegel, Husserl, Heidegger, Nietzsche, Mallarmé, Blanchot, Baudelaire, Celan ecc). Ancor più sorprendente è il carattere specificamente testuale di tali scritti, cioè la loro strutturazione e la loro "materialità". Derrida è uno dei filosofi più attenti a forme di comunicazione multimediale, che coniugano cioè diversi mezzi espressivi e comunicativi (parola, immagine, accorgimenti tipografici), che si svolgono su più livelli e che sono inseparabili dal medium stesso. Una tale attenzione a come i testi sono fatti è nel decostruzionismo un fatto fondamentale. Più che un certo voler-dire (senso, significato o contenuto) è infatti il come i testi funzionano e sono fatti il tema principale della decostruzione.
  
 
=== Poetica: ===  
 
=== Poetica: ===  
 
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Secondo Derrida il carattere principale della filosofia occidentale è il logocentrismo o fonocentrismo, edificato sulla metafisica della presenza. A suo avviso, nella consuetudine occidentale la voce (phonè) gode di un primato dato che essa è avvertita e vissuta come qualcosa di presente e di immediatamente palese. La scrittura, invece, è caratterizzata dall'assenza totale del soggetto che l' ha creata: il testo scritto vive ormai di vita propria. La forma scritta, sottraendo il contenuto al suo ambito di origine e rendendolo utilizzabile al di là del suo tempo, ne assicura la sua decifrabilità e leggibilità illimitata. Su questa base si rende fattibile quella che Derrida chiama la (Derrida scrive diffèrance: la scrittura corretta del termine francese è diffèrence, la pronuncia dei due termini è la medesima, anche se si scrivono in modo diverso), un termine da lui foggiato che contiene i due significati fissati nel verbo "differire":
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Secondo Derrida il carattere principale della filosofia occidentale è il logocentrismo o fonocentrismo, edificato sulla metafisica della presenza. A suo avviso, nella consuetudine occidentale la voce (phonè) gode di un primato, dato che essa è avvertita e vissuta come qualcosa di presente e di immediatamente palese. La scrittura, invece, è caratterizzata dall'assenza totale del soggetto che l' ha creata: il testo scritto vive ormai di vita propria. La forma scritta, sottraendo il contenuto al suo ambito di origine e rendendolo utilizzabile al di là del suo tempo, ne assicura la sua decifrabilità e leggibilità illimitata. Su questa base si rende fattibile quella che Derrida chiama la "différance" (Derrida scrive diffèrance: la scrittura corretta del termine francese è diffèrence, la pronuncia dei due termini è la medesima, anche se si scrivono in modo diverso), un termine da lui foggiato che contiene i due significati fissati nel verbo "differire":
1) il segno è differente da ciò di cui prende il posto e, quindi, tra il testo e l'essere a cui esso rimanda c'è sempre una differenza, uno scarto che non può mai essere definitivamente riempito, ma lascia sempre unicamente tracce, da cui si diparte la pluralità delle letture e delle interpretazioni.  
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# il segno è differente da ciò di cui prende il posto e, quindi, tra il testo e l'essere a cui esso rimanda c'è sempre una differenza, uno scarto che non può mai essere definitivamente riempito, ma lascia sempre unicamente tracce, da cui si diparte la pluralità delle letture e delle interpretazioni.  
2) "differire" esprime anche rinviare, rimandare e, quindi, porre una lontananza tra noi e la cosa o parola assente nel testo: ciò vuol dire uscire dal egemonia della presenza, che contraddistingue il logocentrismo.
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# "differire" esprime anche rinviare, rimandare e, quindi, porre una lontananza tra noi e la cosa o parola assente nel testo: ciò vuol dire uscire dal egemonia della presenza, che contraddistingue il logocentrismo.
La "différance" è agli antipodi della identità e della presenza: quindi, nei testi la verità non è originaria né unitaria né mai compiutamente data, ma si trova come cosparsa. Secondo Derrida e' possibile andare oltre il logocentrismo e la metafisica della presenza attraverso una diversa strategia di lettura dei testi, che egli chiama decostruzione. In generale, si può dire che la decostruzione sia la messa in opera della "différance" nella lettura dei testi, ovvero l'atto di percorrere il processo opposto rispetto a quello che ha portato alla costruzione del testo, smontandolo e capovolgendone le gerarchie di significato, che la metafisica della presenza tende a privilegiare, in modo da sottrarsi alla bramosia della definitezza. La decostruzione, più che una pratica teorizzabile e replicabile, è qualcosa di simile all'esecuzione artistica. Per Deridda, con la decostruzione è possibile scorgere ciò che si avvicina dopo il termine della nostra epoca, ossia al di là dell'epoca della metafisica. Egli sostiene che l'essere si "differanza", si media nel linguaggio, si aliena però nel linguaggio, diventa altro da sé, si rende presente ma assente nello stesso tempo, diventa segno, traccia. La verità si muta in traccia, si inquina, si intacca nel linguaggio che è segno, si dà nel linguaggio ma nega di essere quello che è il linguaggio stesso. Non si può dire che il linguaggio ti faccia "arrivare" alla verità e nemmeno che nel linguaggio ci sia il darsi delle verità e dell'essere; ci sono solo tracce della verità, c'è la "differance" dell'essere nelle tracce di sé. Si sa ciò che il linguaggio dichiara, ma la verità, l'essere è il non detto del linguaggio. L'essere non si destina all'uomo nel linguaggio, ma si "differanza" nel linguaggio, e ciò di cui il linguaggio è "traccia". Ma cosa esiste allora? Esiste il parlare, il creare rapporti tra gli uomini ed il comunicare con il sistema delle comunicazioni; questo parlare però non contiene l'essere, solo le sue tracce. La "grammatica" del testo scritto è il luogo dove "si aliena" l'essere; non la "voce" in cui è meno evidente il "farsi differanza" dell'essere. Derrida usa il termine "differance" perché privilegia la scrittura sulla parola e soltanto scrivendo questa parola si riesce a capire il suo significato. La verità- l'essere non è nel "testo scritto" ma è "tra le righe", "nell'interlinea", nel "non detto" del testo scritto di cui il testo è la "traccia". Probabilmente, afferma Derrida con un altro confronto, noi abbiamo non l'Essere, ma il suo "simulacro". In questa situazione, il lavoro del filosofo è far capire che esiste questo "qualcosa" che è "fra le righe" del testo, capire che è "differance" non "identità", che è traccia dell'essere e non presenza. Il dovere del filosofo sarà quello allora di "decostruire" i testi, cioè smontarli, metterli in crisi, contraddirli. In questo modo il filosofo giunge, attraverso il suo lavoro di decostruzione, anche a forme di potere che stanno sotto a certi discorsi fatti passare per veri. Decostruire è anche chiedersi: chi dice una cosa del genere? Chi ha creato il discorso che stiamo leggendo? Perchè fa questo discorso? A che scopo? A chi giova questo discorso? Decostruire un discorso è mettere in crisi la sua pretesa di essere luogo della verità e nello stesso tempo smascherare chi usa questo testo per il suo potere: questo è per Derrida fare filosofia. Così si capisce che il vero modo in cui si aderisce alla verità è quello del " colpo di dadi "; quello in cui a caso scegli la tua opinione, decidi che in quel testo c'è l'essere (la verità): ma così facendo conferisci a quel testo un valore veritativo che esso non ha. ciò avviene perché non si è perfettamente coscienti che la verità è nello "spazio vuoto" che è in mezzo a "indecidibili" opposti. Questo o quello? Dentro o fuori? Prima o dopo? La risposta è "né l'uno né l'altro", ma lo spazio che è tra l'uno e l'altro, l'interlinea, l'indecidibile. Il "colpo di dadi" dice l'atto dell'uomo libero in ordine al verificarsi del "dire è": ma lo dice in corrispondenza a un non-cogliere l'essere, a un non-darsi a sufficienza dell'essere (e ciò è la sostanza della "differance"): siamo alla denuncia di una supposta costante sopravvalutazione paradossale dell'atto del soggetto di fronte alla persistente mancanza di realtà del darsi-dell'-essere: il soggetto "pretende" di colmare la "sufficienza" di un essere che "non-si-dà-sufficientemente". Ma questa concezione è presentata come "vera", e non come "non-sufficientemente-dantesi". L'essere - secondo Derrida - è stato da sempre considerato come pienamente attingibile grazie al linguaggio, mediante il quale la verità viene trasmessa da soggettività individuale ad una comunità, il che equivale ad oggettivare la verità stessa. Tuttavia, se la verità è evidenza intuitiva, debbono essere ridiscussi sia la struttura dell'esistente che quella della verità stessa. Il presente, è, in ultima analisi, un nulla differito ed il nulla un essere differente. In opposizione alla tradizione filosofica, che ha fondato la propria attività speculativa sull'assunto che esistono coppie concettuali che si risolvono dialetticamente, Derrida propone un'inversione di tale logica: il divenire precede l'essere e il nulla, e solo grazie alla differenziazione possono ri-costruirsi nuove soggettività. La de-costruzione diventa per Derrida il progetto di un " nuovo, nuovissimo illuminismo ", la costante preoccupazione per l'altro verso e per cui dobbiamo coltivare un' etica dell'ospitalità , ovvero l'apertura verso un avvenire che accade senza essere atteso, ad un dialogo che procede dal rispetto e che pone il tema della differenza come punto imprescindibile di partenza per un incontro fra gli uomini. Ecco il punto cruciale, secondo Derrida, del tema dello straniero, di "colui che viene da fuori", che "parla una strana lingua", che produce inquietudine e sospetto. Il tema dello straniero per Derrida diventa l'emblema di un'interrogazione che la società rivolge a se stessa. Grazie allo straniero la società non può fare a meno di interrogarsi sulla propria cultura, sulla lingua e le istituzioni giuridiche in vigore, in definitiva sul modo con cui attua una legge dell'ospitalità. Ma c'è anche un secondo aspetto, non meno significativo: le ampie meditazioni di Derrida sulla sepoltura, sul nome, sulla memoria, sulla follia che abita il linguaggio, l'esilio e la soglia, " sono altrettanti segnali rivolti alla domanda del luogo, che invita il soggetto a riconoscere d'essere per prima cosa un ospite ". Il filosofo ripercorre alcuni tratti del lavoro di Lèvinas, in particolare quelli in cui afferma che "il soggetto è un ospite" o che "il soggetto è un ostaggio". La tesi centrale di Derrida è che vi è un'impossibile convivenza, una sorta di lacerazione tra " l'ospitalità incondizionata che va al di là del diritto, del dovere o addirittura della politica " e " l'ospitalità circoscritta dal diritto e dal dovere ". In altri termini: " dando per buona l'ospitalità incondizionata, come dar luogo a un diritto, a un diritto determinato, limitato e delimitabile, in una parola calcolabile? ". Il problema dell'ospitalità, conclude l'autore, " è sovrapponibile al problema etico ".  
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La "différance" è agli antipodi della identità e della presenza: quindi, nei testi la verità non è originaria né unitaria né mai compiutamente data, ma si trova come cosparsa. Secondo Derrida è possibile andare oltre il logocentrismo e la metafisica della presenza attraverso una diversa strategia di lettura dei testi, che egli chiama decostruzione. In generale, si può dire che la decostruzione sia la messa in opera della "différance" nella lettura dei testi, ovvero l'atto di percorrere il processo opposto rispetto a quello che ha portato alla costruzione del testo, smontandolo e capovolgendone le gerarchie di significato, che la metafisica della presenza tende a privilegiare, in modo da sottrarsi alla bramosia della definitezza. La decostruzione, più che una pratica teorizzabile e replicabile, è qualcosa di simile all'esecuzione artistica. Per Derrida, con la decostruzione è possibile scorgere ciò che si avvicina dopo il termine della nostra epoca, ossia al di là dell'epoca della metafisica. Egli sostiene che l'essere si "differanza", si media nel linguaggio, si aliena però nel linguaggio, diventa altro da sé, si rende presente ma assente nello stesso tempo, diventa segno, traccia. La verità si muta in traccia, si inquina, si intacca nel linguaggio che è segno, si dà nel linguaggio ma nega di essere quello che è il linguaggio stesso. Non si può dire che il linguaggio ti faccia "arrivare" alla verità e nemmeno che nel linguaggio ci sia il darsi delle verità e dell'essere; ci sono solo tracce della verità, c'è la "differance" dell'essere nelle tracce di sé. Si sa ciò che il linguaggio dichiara, ma la verità, l'essere è il non detto del linguaggio. L'essere non si destina all'uomo nel linguaggio, ma si "differanza" nel linguaggio, e ciò di cui il linguaggio è "traccia". Ma cosa esiste allora? Esiste il parlare, il creare rapporti tra gli uomini ed il comunicare con il sistema delle comunicazioni; questo parlare però non contiene l'essere, solo le sue tracce. La "grammatica" del testo scritto è il luogo dove "si aliena" l'essere; non la "voce" in cui è meno evidente il "farsi differanza" dell'essere. Derrida usa il termine "differance" perché privilegia la scrittura sulla parola e soltanto scrivendo questa parola si riesce a capire il suo significato. La verità - l'essere non è nel "testo scritto" ma è "tra le righe", "nell'interlinea", nel "non detto" del testo scritto di cui il testo è la "traccia". Probabilmente, afferma Derrida con un altro confronto, noi abbiamo non l'Essere, ma il suo "simulacro". In questa situazione, il lavoro del filosofo è far capire che esiste questo "qualcosa" che è "fra le righe" del testo, capire che è "differance" non "identità ", che è traccia dell'essere e non presenza. Il dovere del filosofo sarà quello allora di "decostruire" i testi, cioè smontarli, metterli in crisi, contraddirli. In questo modo il filosofo giunge, attraverso il suo lavoro di decostruzione, anche a forme di potere che stanno sotto a certi discorsi fatti passare per veri. Decostruire è anche chiedersi: chi dice una cosa del genere? Chi ha creato il discorso che stiamo leggendo? Perché fa questo discorso? A che scopo? A chi giova questo discorso? Decostruire un discorso è mettere in crisi la sua pretesa di essere luogo della verità e nello stesso tempo smascherare chi usa questo testo per il suo potere: questo è per Derrida fare filosofia. Così si capisce che il vero modo in cui si aderisce alla verità è quello del " colpo di dadi "; quello in cui a caso scegli la tua opinione, decidi che in quel testo c'è l'essere (la verità ): ma così facendo conferisci a quel testo un valore veritativo che esso non ha. Ciò avviene perché non si è perfettamente coscienti che la verità è nello "spazio vuoto" che è in mezzo a "indecidibili" opposti. Questo o quello? Dentro o fuori? Prima o dopo? La risposta è "né l'uno né l'altro", ma lo spazio che è tra l'uno e l'altro, l'interlinea, l'indecidibile. Il "colpo di dadi" dice l'atto dell'uomo libero in ordine al verificarsi del "dire è": ma lo dice in corrispondenza a un non-cogliere l'essere, a un non-darsi a sufficienza dell'essere (e ciò è la sostanza della "differance"): siamo alla denuncia di una supposta costante sopravvalutazione paradossale dell'atto del soggetto di fronte alla persistente mancanza di realtà del darsi-dell'-essere: il soggetto "pretende" di colmare la "sufficienza" di un essere che "non-si-dà -sufficientemente". Ma questa concezione è presentata come "vera", e non come "non-sufficientemente-dantesi". L'essere - secondo Derrida - è stato da sempre considerato come pienamente attingibile grazie al linguaggio, mediante il quale la verità viene trasmessa da soggettività individuale ad una comunità, il che equivale ad oggettivare la verità stessa. Tuttavia, se la verità è evidenza intuitiva, debbono essere ridiscussi sia la struttura dell'esistente che quella della verità stessa. Il presente, è, in ultima analisi, un nulla differito ed il nulla un essere differente. In opposizione alla tradizione filosofica, che ha fondato la propria attività speculativa sull'assunto che esistono coppie concettuali che si risolvono dialetticamente, Derrida propone un'inversione di tale logica: il divenire precede l'essere e il nulla, e solo grazie alla differenziazione possono ri-costruirsi nuove soggettività . La de-costruzione diventa per Derrida il progetto di un "nuovo, nuovissimo illuminismo", la costante preoccupazione per l'altro verso e per cui dobbiamo coltivare un' etica dell'ospitalità, ovvero l'apertura verso un avvenire che accade senza essere atteso, ad un dialogo che procede dal rispetto e che pone il tema della differenza come punto imprescindibile di partenza per un incontro fra gli uomini. Ecco il punto cruciale, secondo Derrida, del tema dello straniero, di "colui che viene da fuori", che "parla una strana lingua", che produce inquietudine e sospetto. Il tema dello straniero per Derrida diventa l'emblema di un'interrogazione che la società rivolge a se stessa. Grazie allo straniero la società non può fare a meno di interrogarsi sulla propria cultura, sulla lingua e le istituzioni giuridiche in vigore, in definitiva sul modo con cui attua una legge dell'ospitalità. Ma c'è anche un secondo aspetto, non meno significativo: le ampie meditazioni di Derrida sulla sepoltura, sul nome, sulla memoria, sulla follia che abita il linguaggio, l'esilio e la soglia, "sono altrettanti segnali rivolti alla domanda del luogo, che invita il soggetto a riconoscere d'essere per prima cosa un ospite". Il filosofo ripercorre alcuni tratti del lavoro di Lèvinas, in particolare quelli in cui afferma che "il soggetto è un ospite" o che "il soggetto è un ostaggio". La tesi centrale di Derrida è che vi è un'impossibile convivenza, una sorta di lacerazione tra "l'ospitalità incondizionata che va al di là del diritto, del dovere o addirittura della politica" e "l'ospitalità circoscritta dal diritto e dal dovere". In altri termini: "dando per buona l'ospitalità incondizionata, come dar luogo a un diritto, a un diritto determinato, limitato e delimitabile, in una parola calcolabile?". Il problema dell'ospitalità, conclude l'autore, "è sovrapponibile al problema etico".  
  
  
 
=== Opere: ===
 
=== Opere: ===
 
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Tra le opere più importanti di Derrida ricordiamo: "Introduzione a 'L'origine della geometria' di Husserl" (1962), "La scrittura e la differenza" (1967), "Della grammatologia" (1967), "La voce e il fenomeno" (1967), "Margini della filosofìa" (1972), "La disseminazione"(1972), "Posizioni" (1972), "Glas" (1974), "La verità in pittura" (1978), "La carte postale. De Socrate à Freud et au delà" (1980), "Parages" (1986), "Psyché. Inventions de l'autre" (1987) "Limited Inc." (1988), "Dello spirito" (1988), "Donare il tempo. La moneta falsa" (1991) "Spettri di Marx" (1993), "Politiche dell'amicizia" (1994), "Addio a Emmanuel Lévinas" (1997). Un rilievo particolare va fatto sulla "scrittura" di Derrida, poiché essa è essenziale per il suo discorso filosofico. La produzione di questo pensatore (si calcola che sino a oggi consti di circa 70 libri e di uno sterminato numero di saggi, per la maggior parte tradotti m moltissime lingue) è quanto mai varia e veramente inusuale per un filosofo, spaziando m campi estremamente eterogenei e misurandosi allo stesso modo con testi filosofici e letterari (Hegel, Husserl, Heidegger, Nietzsche, Mallarmé, Blanchot, Baudelaire Celan ecc). Ancor più sorprendente è il carattere specificamente testuale di tali scritti, cioè la loro strutturazione e la loro "materialità". Derrida stesso, riferendosi ai rapporti di reciproco rimando intercorrente tra i suoi testi, parla di " strana geometria " o di "labirinto" (in "Posizioni"). Il loro carattere innovativo sfiora lo sperimentalismo in testi come "Envois", il cui carattere epistolare è indissociabile dal "contenuto", o "Tympan" (in "Margini della filosofia") e "Glas", la cui struttura interna non si presta ad una lettura tradizionale: essi si presentano infatti come un innesto di brani che generano un testo ibrido, "mostruoso", al punto che non si sa più qual è il testo principale e quale il commento o la nota. Una tale strutturazione interna ha lo scopo di mettere in discussione quella " linearità del significante " che costituisce uno degli assiomi principali dello strutturalismo e che risulta strettamente connessa alla scrittura alfabetica e alla concezione occidentale del tempo come successione di istanti-presenti. Derrida è anzi uno dei filosofi più attenti a forme di comunicazione multimediale, che coniugano cioè diversi mezzi espressivi e comunicativi (parola, immagine, accorgimenti tipografici), che si svolgono su più livelli e che sono inseparabili dal medium stesso. Una tale attenzione a cornei testi sono fatti è nel decostruzionismo un fatto fondamentale: esso incrina quella priorità dell'intelligibile sul sensibile che tradizionalmente si è espressa come secondarietà o addirittura inessenzialità dello scritturale e del materiale. Più che un certo voler-dire (senso, significato o contenuto) è infatti il come i testi funzionano e sono fatti il tema principale della decostruzione. Così, in La farmacia di Platone, egli mette in luce la contraddizione insita nello stesso pensiero di Platone: questi, infatti, da un lato condanna la scrittura, ma dall'altro lato definisce il pensiero come una forma di scrittura nell'anima.  
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Tra le opere più importanti di Derrida ricordiamo: "Introduzione a 'L'origine della geometria' di Husserl" (1962), "La scrittura e la differenza" (1967), "Della grammatologia" (1967), "La voce e il fenomeno" (1967), "Margini della filosofia" (1972), "La disseminazione"(1972), "Posizioni" (1972), "Glas" (1974), "La verità in pittura" (1978), "La carte postale. De Socrate à Freud et au delà" (1980), "Parages" (1986), "Psyché. Inventions de l'autre" (1987) "Limited Inc." (1988), "Dello spirito" (1988), "Donare il tempo. La moneta falsa" (1991) "Spettri di Marx" (1993), "Politiche dell'amicizia" (1994), "Addio a Emmanuel Lévinas" (1997).  
 
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Un rilievo particolare va fatto sulla "scrittura" di Derrida, poiché essa è essenziale per il suo discorso filosofico. La produzione di questo pensatore (si calcola che sino a oggi consti di circa 70 libri e di uno sterminato numero di saggi, per la maggior parte tradotti in moltissime lingue) è quanto mai varia e veramente inusuale per un filosofo, spaziando in campi estremamente eterogenei e misurandosi allo stesso modo con testi filosofici e letterari (Hegel, Husserl, Heidegger, Nietzsche, Mallarmé, Blanchot, Baudelaire Celan ecc). Ancor più sorprendente è il carattere specificamente testuale di tali scritti, cioè la loro strutturazione e la loro "materialità". Derrida stesso, riferendosi ai rapporti di reciproco rimando intercorrente tra i suoi testi, parla di "strana geometria" o di "labirinto" (in "Posizioni"). Il loro carattere innovativo sfiora lo sperimentalismo in testi come "Envois", il cui carattere epistolare è indissociabile dal "contenuto", o "Tympan" (in "Margini della filosofia") e "Glas", la cui struttura interna non si presta ad una lettura tradizionale: essi si presentano infatti come un innesto di brani che generano un testo ibrido, "mostruoso", al punto che non si sa più qual è il testo principale e quale il commento o la nota. Una tale strutturazione interna ha lo scopo di mettere in discussione quella " linearità del significante " che costituisce uno degli assiomi principali dello strutturalismo e che risulta strettamente connessa alla scrittura alfabetica e alla concezione occidentale del tempo come successione di istanti-presenti. Derrida è anzi uno dei filosofi più attenti a forme di comunicazione multimediale, che coniugano cioè diversi mezzi espressivi e comunicativi (parola, immagine, accorgimenti tipografici), che si svolgono su più livelli e che sono inseparabili dal medium stesso. Una tale attenzione a cornei testi sono fatti è nel decostruzionismo un fatto fondamentale: esso incrina quella priorità dell'intelligibile sul sensibile che tradizionalmente si è espressa come secondarietà o addirittura inessenzialità dello scritturale e del materiale. Più che un certo voler-dire (senso, significato o contenuto) è infatti il come i testi funzionano e sono fatti il tema principale della decostruzione. Così, in La farmacia di Platone, egli mette in luce la contraddizione insita nello stesso pensiero di Platone: questi, infatti, da un lato condanna la scrittura, ma dall'altro lato definisce il pensiero come una forma di scrittura nell'anima.  
  
 
=== Bibliografia: ===
 
=== Bibliografia: ===
 
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"Introduzione a 'L'origine della geometria' di Husserl" (1962)
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*"Introduzione a 'L'origine della geometria' di Husserl" (1962)
 
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*"La scrittura e la differenza" (1967)
"La scrittura e la differenza" (1967)
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*"Della grammatologia" (1967)
 
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*"La voce e il fenomeno" (1967)
"Della grammatologia" (1967)
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*"Margini della filosofia" (1972)
 
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*"La disseminazione"(1972)
"La voce e il fenomeno" (1967)
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*"Posizioni" (1972)
 
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*"Glas" (1974)
"Margini della filosofìa" (1972)
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*"La verità in pittura" (1978)
 
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*"La carte postale. De Socrate à Freud et au delà" (1980)
"La disseminazione"(1972)
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*"Parages" (1986)
 
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*"Psyché. Inventions de l'autre" (1987)  
"Posizioni" (1972)
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*"Limited Inc." (1988)
 
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*"Dello spirito" (1988)
"Glas" (1974)
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*"Donare il tempo. La moneta falsa" (1991)  
 
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*"Spettri di Marx" (1993)
"La verità in pittura" (1978)
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*"Politiche dell'amicizia" (1994)
 
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*"Addio a Emmanuel Lévinas" (1997)
"La carte postale. De Socrate à Freud et au delà" (1980)
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"Parages" (1986)
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"Psyché. Inventions de l'autre" (1987)  
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"Limited Inc." (1988)
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"Dello spirito" (1988)
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"Donare il tempo. La moneta falsa" (1991)  
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"Spettri di Marx" (1993)
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"Politiche dell'amicizia" (1994)
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"Addio a Emmanuel Lévinas" (1997)
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=== Webliografia: ===  
 
=== Webliografia: ===  
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http://www.popcultures.com/theorists/derrida.html
 
http://www.popcultures.com/theorists/derrida.html
  
http://www.eb.com:180/bol/topic?idxref=198275 Deconstruction nell’Enciclopedia Britannica Online.
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http://www.eb.com:180/bol/topic?idxref=198275 Deconstruction nella Enciclopedia Britannica Online.
  
 
http://prelectur.stanford.edu/lectures/derrida/rorty.html Deconstructionist Theory di Richard Rorty. Estratto da The Cambridge History of Literary Criticism -- vol.8 From Formalism to poststructuralism. Cambridge University Press, 1995.  
 
http://prelectur.stanford.edu/lectures/derrida/rorty.html Deconstructionist Theory di Richard Rorty. Estratto da The Cambridge History of Literary Criticism -- vol.8 From Formalism to poststructuralism. Cambridge University Press, 1995.  
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Versione attuale delle 21:16, 26 Lug 2012

zeltroce Personaggio o Gruppo: Jacques Derrida


Biografia:


Jacques Derrida

Filosofo ed epistemologo francese, nasce a El Biar (Algeri) il 15 luglio 1930. Studia alla Ecole Normale Superieure di Parigi sotto la guida di J. Hyppolite e di M. de Gaudillac. Qui si diploma con una tesi su Husserl (Il problema della genesi nella filosofia di Husserl, pubblicata nel 1990) e diventa in seguito “Maitres assistant”. Dal 1984 è direttore di studi alla Ecole des Hautes Etudes en Sciences Sociales, Derrida ha sempre alternato la sua attività in Francia a periodi di insegnamento negli Stati Uniti, alla Johns Hopkins University, a Yale (dove è nata un'importante scuola decostruzionista), alla Cornell University e a Irvine. Nel 1983 viene eletto direttore del College International de Philosophie. Con Heidegger, Husserl e Lacan, Derrida ha contribuito ad una rivisitazione dei concetti e delle categorie della filosofia classica occidentale.

Abbagnano ha scritto che "al centro del progetto filosofico di Derrida troviamo l'idea di una decostruzione della metafisica della presenza che ha caratterizzato la tradizione filosofica occidentale". Un rilievo particolare va fatto sulla "scrittura" di Derrida, poiché essa è essenziale per il suo discorso filosofico. La produzione di questo pensatore (si calcola che sino a oggi consti di circa 70 libri e di uno sterminato numero di saggi, per la maggior parte tradotti in moltissime lingue) è quanto mai varia e veramente inusuale per un filosofo, spaziando in campi estremamente eterogenei e misurandosi allo stesso modo con testi filosofici e letterari (Hegel, Husserl, Heidegger, Nietzsche, Mallarmé, Blanchot, Baudelaire, Celan ecc). Ancor più sorprendente è il carattere specificamente testuale di tali scritti, cioè la loro strutturazione e la loro "materialità". Derrida è uno dei filosofi più attenti a forme di comunicazione multimediale, che coniugano cioè diversi mezzi espressivi e comunicativi (parola, immagine, accorgimenti tipografici), che si svolgono su più livelli e che sono inseparabili dal medium stesso. Una tale attenzione a come i testi sono fatti è nel decostruzionismo un fatto fondamentale. Più che un certo voler-dire (senso, significato o contenuto) è infatti il come i testi funzionano e sono fatti il tema principale della decostruzione.

Poetica:


Secondo Derrida il carattere principale della filosofia occidentale è il logocentrismo o fonocentrismo, edificato sulla metafisica della presenza. A suo avviso, nella consuetudine occidentale la voce (phonè) gode di un primato, dato che essa è avvertita e vissuta come qualcosa di presente e di immediatamente palese. La scrittura, invece, è caratterizzata dall'assenza totale del soggetto che l' ha creata: il testo scritto vive ormai di vita propria. La forma scritta, sottraendo il contenuto al suo ambito di origine e rendendolo utilizzabile al di là del suo tempo, ne assicura la sua decifrabilità e leggibilità illimitata. Su questa base si rende fattibile quella che Derrida chiama la "différance" (Derrida scrive diffèrance: la scrittura corretta del termine francese è diffèrence, la pronuncia dei due termini è la medesima, anche se si scrivono in modo diverso), un termine da lui foggiato che contiene i due significati fissati nel verbo "differire":

  1. il segno è differente da ciò di cui prende il posto e, quindi, tra il testo e l'essere a cui esso rimanda c'è sempre una differenza, uno scarto che non può mai essere definitivamente riempito, ma lascia sempre unicamente tracce, da cui si diparte la pluralità delle letture e delle interpretazioni.
  2. "differire" esprime anche rinviare, rimandare e, quindi, porre una lontananza tra noi e la cosa o parola assente nel testo: ciò vuol dire uscire dal egemonia della presenza, che contraddistingue il logocentrismo.

La "différance" è agli antipodi della identità e della presenza: quindi, nei testi la verità non è originaria né unitaria né mai compiutamente data, ma si trova come cosparsa. Secondo Derrida è possibile andare oltre il logocentrismo e la metafisica della presenza attraverso una diversa strategia di lettura dei testi, che egli chiama decostruzione. In generale, si può dire che la decostruzione sia la messa in opera della "différance" nella lettura dei testi, ovvero l'atto di percorrere il processo opposto rispetto a quello che ha portato alla costruzione del testo, smontandolo e capovolgendone le gerarchie di significato, che la metafisica della presenza tende a privilegiare, in modo da sottrarsi alla bramosia della definitezza. La decostruzione, più che una pratica teorizzabile e replicabile, è qualcosa di simile all'esecuzione artistica. Per Derrida, con la decostruzione è possibile scorgere ciò che si avvicina dopo il termine della nostra epoca, ossia al di là dell'epoca della metafisica. Egli sostiene che l'essere si "differanza", si media nel linguaggio, si aliena però nel linguaggio, diventa altro da sé, si rende presente ma assente nello stesso tempo, diventa segno, traccia. La verità si muta in traccia, si inquina, si intacca nel linguaggio che è segno, si dà nel linguaggio ma nega di essere quello che è il linguaggio stesso. Non si può dire che il linguaggio ti faccia "arrivare" alla verità e nemmeno che nel linguaggio ci sia il darsi delle verità e dell'essere; ci sono solo tracce della verità, c'è la "differance" dell'essere nelle tracce di sé. Si sa ciò che il linguaggio dichiara, ma la verità, l'essere è il non detto del linguaggio. L'essere non si destina all'uomo nel linguaggio, ma si "differanza" nel linguaggio, e ciò di cui il linguaggio è "traccia". Ma cosa esiste allora? Esiste il parlare, il creare rapporti tra gli uomini ed il comunicare con il sistema delle comunicazioni; questo parlare però non contiene l'essere, solo le sue tracce. La "grammatica" del testo scritto è il luogo dove "si aliena" l'essere; non la "voce" in cui è meno evidente il "farsi differanza" dell'essere. Derrida usa il termine "differance" perché privilegia la scrittura sulla parola e soltanto scrivendo questa parola si riesce a capire il suo significato. La verità - l'essere non è nel "testo scritto" ma è "tra le righe", "nell'interlinea", nel "non detto" del testo scritto di cui il testo è la "traccia". Probabilmente, afferma Derrida con un altro confronto, noi abbiamo non l'Essere, ma il suo "simulacro". In questa situazione, il lavoro del filosofo è far capire che esiste questo "qualcosa" che è "fra le righe" del testo, capire che è "differance" non "identità ", che è traccia dell'essere e non presenza. Il dovere del filosofo sarà quello allora di "decostruire" i testi, cioè smontarli, metterli in crisi, contraddirli. In questo modo il filosofo giunge, attraverso il suo lavoro di decostruzione, anche a forme di potere che stanno sotto a certi discorsi fatti passare per veri. Decostruire è anche chiedersi: chi dice una cosa del genere? Chi ha creato il discorso che stiamo leggendo? Perché fa questo discorso? A che scopo? A chi giova questo discorso? Decostruire un discorso è mettere in crisi la sua pretesa di essere luogo della verità e nello stesso tempo smascherare chi usa questo testo per il suo potere: questo è per Derrida fare filosofia. Così si capisce che il vero modo in cui si aderisce alla verità è quello del " colpo di dadi "; quello in cui a caso scegli la tua opinione, decidi che in quel testo c'è l'essere (la verità ): ma così facendo conferisci a quel testo un valore veritativo che esso non ha. Ciò avviene perché non si è perfettamente coscienti che la verità è nello "spazio vuoto" che è in mezzo a "indecidibili" opposti. Questo o quello? Dentro o fuori? Prima o dopo? La risposta è "né l'uno né l'altro", ma lo spazio che è tra l'uno e l'altro, l'interlinea, l'indecidibile. Il "colpo di dadi" dice l'atto dell'uomo libero in ordine al verificarsi del "dire è": ma lo dice in corrispondenza a un non-cogliere l'essere, a un non-darsi a sufficienza dell'essere (e ciò è la sostanza della "differance"): siamo alla denuncia di una supposta costante sopravvalutazione paradossale dell'atto del soggetto di fronte alla persistente mancanza di realtà del darsi-dell'-essere: il soggetto "pretende" di colmare la "sufficienza" di un essere che "non-si-dà -sufficientemente". Ma questa concezione è presentata come "vera", e non come "non-sufficientemente-dantesi". L'essere - secondo Derrida - è stato da sempre considerato come pienamente attingibile grazie al linguaggio, mediante il quale la verità viene trasmessa da soggettività individuale ad una comunità, il che equivale ad oggettivare la verità stessa. Tuttavia, se la verità è evidenza intuitiva, debbono essere ridiscussi sia la struttura dell'esistente che quella della verità stessa. Il presente, è, in ultima analisi, un nulla differito ed il nulla un essere differente. In opposizione alla tradizione filosofica, che ha fondato la propria attività speculativa sull'assunto che esistono coppie concettuali che si risolvono dialetticamente, Derrida propone un'inversione di tale logica: il divenire precede l'essere e il nulla, e solo grazie alla differenziazione possono ri-costruirsi nuove soggettività . La de-costruzione diventa per Derrida il progetto di un "nuovo, nuovissimo illuminismo", la costante preoccupazione per l'altro verso e per cui dobbiamo coltivare un' etica dell'ospitalità, ovvero l'apertura verso un avvenire che accade senza essere atteso, ad un dialogo che procede dal rispetto e che pone il tema della differenza come punto imprescindibile di partenza per un incontro fra gli uomini. Ecco il punto cruciale, secondo Derrida, del tema dello straniero, di "colui che viene da fuori", che "parla una strana lingua", che produce inquietudine e sospetto. Il tema dello straniero per Derrida diventa l'emblema di un'interrogazione che la società rivolge a se stessa. Grazie allo straniero la società non può fare a meno di interrogarsi sulla propria cultura, sulla lingua e le istituzioni giuridiche in vigore, in definitiva sul modo con cui attua una legge dell'ospitalità. Ma c'è anche un secondo aspetto, non meno significativo: le ampie meditazioni di Derrida sulla sepoltura, sul nome, sulla memoria, sulla follia che abita il linguaggio, l'esilio e la soglia, "sono altrettanti segnali rivolti alla domanda del luogo, che invita il soggetto a riconoscere d'essere per prima cosa un ospite". Il filosofo ripercorre alcuni tratti del lavoro di Lèvinas, in particolare quelli in cui afferma che "il soggetto è un ospite" o che "il soggetto è un ostaggio". La tesi centrale di Derrida è che vi è un'impossibile convivenza, una sorta di lacerazione tra "l'ospitalità incondizionata che va al di là del diritto, del dovere o addirittura della politica" e "l'ospitalità circoscritta dal diritto e dal dovere". In altri termini: "dando per buona l'ospitalità incondizionata, come dar luogo a un diritto, a un diritto determinato, limitato e delimitabile, in una parola calcolabile?". Il problema dell'ospitalità, conclude l'autore, "è sovrapponibile al problema etico".


Opere:


Tra le opere più importanti di Derrida ricordiamo: "Introduzione a 'L'origine della geometria' di Husserl" (1962), "La scrittura e la differenza" (1967), "Della grammatologia" (1967), "La voce e il fenomeno" (1967), "Margini della filosofia" (1972), "La disseminazione"(1972), "Posizioni" (1972), "Glas" (1974), "La verità in pittura" (1978), "La carte postale. De Socrate à Freud et au delà" (1980), "Parages" (1986), "Psyché. Inventions de l'autre" (1987) "Limited Inc." (1988), "Dello spirito" (1988), "Donare il tempo. La moneta falsa" (1991) "Spettri di Marx" (1993), "Politiche dell'amicizia" (1994), "Addio a Emmanuel Lévinas" (1997). Un rilievo particolare va fatto sulla "scrittura" di Derrida, poiché essa è essenziale per il suo discorso filosofico. La produzione di questo pensatore (si calcola che sino a oggi consti di circa 70 libri e di uno sterminato numero di saggi, per la maggior parte tradotti in moltissime lingue) è quanto mai varia e veramente inusuale per un filosofo, spaziando in campi estremamente eterogenei e misurandosi allo stesso modo con testi filosofici e letterari (Hegel, Husserl, Heidegger, Nietzsche, Mallarmé, Blanchot, Baudelaire Celan ecc). Ancor più sorprendente è il carattere specificamente testuale di tali scritti, cioè la loro strutturazione e la loro "materialità". Derrida stesso, riferendosi ai rapporti di reciproco rimando intercorrente tra i suoi testi, parla di "strana geometria" o di "labirinto" (in "Posizioni"). Il loro carattere innovativo sfiora lo sperimentalismo in testi come "Envois", il cui carattere epistolare è indissociabile dal "contenuto", o "Tympan" (in "Margini della filosofia") e "Glas", la cui struttura interna non si presta ad una lettura tradizionale: essi si presentano infatti come un innesto di brani che generano un testo ibrido, "mostruoso", al punto che non si sa più qual è il testo principale e quale il commento o la nota. Una tale strutturazione interna ha lo scopo di mettere in discussione quella " linearità del significante " che costituisce uno degli assiomi principali dello strutturalismo e che risulta strettamente connessa alla scrittura alfabetica e alla concezione occidentale del tempo come successione di istanti-presenti. Derrida è anzi uno dei filosofi più attenti a forme di comunicazione multimediale, che coniugano cioè diversi mezzi espressivi e comunicativi (parola, immagine, accorgimenti tipografici), che si svolgono su più livelli e che sono inseparabili dal medium stesso. Una tale attenzione a cornei testi sono fatti è nel decostruzionismo un fatto fondamentale: esso incrina quella priorità dell'intelligibile sul sensibile che tradizionalmente si è espressa come secondarietà o addirittura inessenzialità dello scritturale e del materiale. Più che un certo voler-dire (senso, significato o contenuto) è infatti il come i testi funzionano e sono fatti il tema principale della decostruzione. Così, in La farmacia di Platone, egli mette in luce la contraddizione insita nello stesso pensiero di Platone: questi, infatti, da un lato condanna la scrittura, ma dall'altro lato definisce il pensiero come una forma di scrittura nell'anima.

Bibliografia:


  • "Introduzione a 'L'origine della geometria' di Husserl" (1962)
  • "La scrittura e la differenza" (1967)
  • "Della grammatologia" (1967)
  • "La voce e il fenomeno" (1967)
  • "Margini della filosofia" (1972)
  • "La disseminazione"(1972)
  • "Posizioni" (1972)
  • "Glas" (1974)
  • "La verità in pittura" (1978)
  • "La carte postale. De Socrate à Freud et au delà" (1980)
  • "Parages" (1986)
  • "Psyché. Inventions de l'autre" (1987)
  • "Limited Inc." (1988)
  • "Dello spirito" (1988)
  • "Donare il tempo. La moneta falsa" (1991)
  • "Spettri di Marx" (1993)
  • "Politiche dell'amicizia" (1994)
  • "Addio a Emmanuel Lévinas" (1997)

Webliografia:


http://prelectur.stanford.edu/lecturers/derrida Stanford Presidential lectures in the Humanities and Arts

http://humanitas.ucsb.edu The Voice of the Shuttle: Sezioni su Derrida e Decostruzione

http://popcultures.com Sarah Zupko's Cultural Studies Center

http://www.popcultures.com/theorists/derrida.html

http://www.eb.com:180/bol/topic?idxref=198275 Deconstruction nella Enciclopedia Britannica Online.

http://prelectur.stanford.edu/lectures/derrida/rorty.html Deconstructionist Theory di Richard Rorty. Estratto da The Cambridge History of Literary Criticism -- vol.8 From Formalism to poststructuralism. Cambridge University Press, 1995.

http://www.sou.edu/English/IDTC/People/derrida.HTM

http://www.press.jhu.edu/books/hopkins_guide_to_literary_theory/jacques_derrida.html The Johns Hopkins guide to literary theory and criticism

http://www.marxists.org/reference/subject/philosophy/works/fr/derrida.htm

http://lgxserver.uniba.it/lei/rassegna/derrida.htm Sito Web italiano per la filosofia

http://www.riflessioni.it/enciclopedia/derrida.htm

http://www.filosofico.net/derrida.htm

http://www.forma-mentis.net/Filosofia/Derrida.html