Medialismo: differenze tra le versioni
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Medialismo: Termine coniato dal critico napoletano Gabriele Perretta e poi riproposto in articoli su riviste specializzate come Flash Art e anche in una mostra collettiva nell’ottobre 1993 al Flash Art Museum di Trevi (Perugia). Il medianismo non considera l'opera d'arte come totalità autonoma. Esso trova riscontro in un concetto di arte-costruzione libera e autonoma della mente e del sentimento. E consente un sistema di critica fondamentalmente estetico: un modo libero di recensire ed individuare i valori espressi in un certo prodotto poetico variandone continuamente il senso di ammirazione e di riconoscimento. A partire da ciò i medialismi smentiscono subito quell'apparente raccolta di segmenti artistici già visti. Il medialismo su piano dell'applicazione, pur prestandosi come tutt'altro che sistematico, si manifesta in diverse forme tra cui la pittura mediale, il medialismo analitico e l'anomia mediale. La pittura, ad esempio, agisce su un'ampia gamma iconografica evocando immagini frequenti dell'imprinting popolare; la medial-analysis, invece, muovendosi con particolare contrasto verso l'idealismo concettuale, sostituisce la formalizzazione estetica in tutte le sue derivazioni come processo stesso dell'opera; l'anomia mediale, infine, comprende artisti che intervengono sull'immagine del mondo dell'economia e degli affari o che comunque si spogliano delle rispettive identità anagrafiche e si pongono come collettivi di comunicazione. I medialismi nascono dalle ricerche sviluppate negli ultimi anni, analizzando le radici del lavoro di un novero di artisti italiani e stranieri e riconoscendone un fondamento comune che critichi il concetto stesso di genere usato dall'avanguardia. Individuare e scegliere l'area spetta al fruitore senza perdere di vista lo scenario socio-economico, iconografico e tecnologicamente avanzato che fa da sfondo. Unisce questi artisti il rifiuto di una manipolazione meramente descrittiva della comunicazione fondata sull'accumulo di discipline collaterali, assimilabili piuttosto alle realtà più disparate della trasfigurazione sociale. L'artista mediale infatti, non rifà il verso a nessuno strumento particolare dei mass-media; in effetti non è importante che ci sia un riferimento esplicito alla mediologia, ma è più importante che ponga in discussione e prenda le distanze da quella recente storia che voleva riportare i temi dell'arte al proprio specifico attestandosi su di un'ambigua filosofia di transizione. Tratto da G, Perretta, Medialismo, Milano, 1993. | Medialismo: Termine coniato dal critico napoletano Gabriele Perretta e poi riproposto in articoli su riviste specializzate come Flash Art e anche in una mostra collettiva nell’ottobre 1993 al Flash Art Museum di Trevi (Perugia). Il medianismo non considera l'opera d'arte come totalità autonoma. Esso trova riscontro in un concetto di arte-costruzione libera e autonoma della mente e del sentimento. E consente un sistema di critica fondamentalmente estetico: un modo libero di recensire ed individuare i valori espressi in un certo prodotto poetico variandone continuamente il senso di ammirazione e di riconoscimento. A partire da ciò i medialismi smentiscono subito quell'apparente raccolta di segmenti artistici già visti. Il medialismo su piano dell'applicazione, pur prestandosi come tutt'altro che sistematico, si manifesta in diverse forme tra cui la pittura mediale, il medialismo analitico e l'anomia mediale. La pittura, ad esempio, agisce su un'ampia gamma iconografica evocando immagini frequenti dell'imprinting popolare; la medial-analysis, invece, muovendosi con particolare contrasto verso l'idealismo concettuale, sostituisce la formalizzazione estetica in tutte le sue derivazioni come processo stesso dell'opera; l'anomia mediale, infine, comprende artisti che intervengono sull'immagine del mondo dell'economia e degli affari o che comunque si spogliano delle rispettive identità anagrafiche e si pongono come collettivi di comunicazione. I medialismi nascono dalle ricerche sviluppate negli ultimi anni, analizzando le radici del lavoro di un novero di artisti italiani e stranieri e riconoscendone un fondamento comune che critichi il concetto stesso di genere usato dall'avanguardia. Individuare e scegliere l'area spetta al fruitore senza perdere di vista lo scenario socio-economico, iconografico e tecnologicamente avanzato che fa da sfondo. Unisce questi artisti il rifiuto di una manipolazione meramente descrittiva della comunicazione fondata sull'accumulo di discipline collaterali, assimilabili piuttosto alle realtà più disparate della trasfigurazione sociale. L'artista mediale infatti, non rifà il verso a nessuno strumento particolare dei mass-media; in effetti non è importante che ci sia un riferimento esplicito alla mediologia, ma è più importante che ponga in discussione e prenda le distanze da quella recente storia che voleva riportare i temi dell'arte al proprio specifico attestandosi su di un'ambigua filosofia di transizione. Tratto da G, Perretta, Medialismo, Milano, 1993. | ||
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Contents
Titolo:
Medialismo
Autore:
Anno:
1993 d.c.
Luogo:
Sito web:
Descrizione:
Medialismo: Termine coniato dal critico napoletano Gabriele Perretta e poi riproposto in articoli su riviste specializzate come Flash Art e anche in una mostra collettiva nell’ottobre 1993 al Flash Art Museum di Trevi (Perugia). Il medianismo non considera l'opera d'arte come totalità autonoma. Esso trova riscontro in un concetto di arte-costruzione libera e autonoma della mente e del sentimento. E consente un sistema di critica fondamentalmente estetico: un modo libero di recensire ed individuare i valori espressi in un certo prodotto poetico variandone continuamente il senso di ammirazione e di riconoscimento. A partire da ciò i medialismi smentiscono subito quell'apparente raccolta di segmenti artistici già visti. Il medialismo su piano dell'applicazione, pur prestandosi come tutt'altro che sistematico, si manifesta in diverse forme tra cui la pittura mediale, il medialismo analitico e l'anomia mediale. La pittura, ad esempio, agisce su un'ampia gamma iconografica evocando immagini frequenti dell'imprinting popolare; la medial-analysis, invece, muovendosi con particolare contrasto verso l'idealismo concettuale, sostituisce la formalizzazione estetica in tutte le sue derivazioni come processo stesso dell'opera; l'anomia mediale, infine, comprende artisti che intervengono sull'immagine del mondo dell'economia e degli affari o che comunque si spogliano delle rispettive identità anagrafiche e si pongono come collettivi di comunicazione. I medialismi nascono dalle ricerche sviluppate negli ultimi anni, analizzando le radici del lavoro di un novero di artisti italiani e stranieri e riconoscendone un fondamento comune che critichi il concetto stesso di genere usato dall'avanguardia. Individuare e scegliere l'area spetta al fruitore senza perdere di vista lo scenario socio-economico, iconografico e tecnologicamente avanzato che fa da sfondo. Unisce questi artisti il rifiuto di una manipolazione meramente descrittiva della comunicazione fondata sull'accumulo di discipline collaterali, assimilabili piuttosto alle realtà più disparate della trasfigurazione sociale. L'artista mediale infatti, non rifà il verso a nessuno strumento particolare dei mass-media; in effetti non è importante che ci sia un riferimento esplicito alla mediologia, ma è più importante che ponga in discussione e prenda le distanze da quella recente storia che voleva riportare i temi dell'arte al proprio specifico attestandosi su di un'ambigua filosofia di transizione. Tratto da G, Perretta, Medialismo, Milano, 1993.