Deck Andy C.: differenze tra le versioni

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==Biografia==
 
==Biografia==
  
Andy C. Deck (USA, 1968) vive e lavora a New York. Laureatosi in Letteratura Inglese all’Università del Michigan, studia a Parigi presso l'“École Nationale Supérieure des Arts e nel 1993 ottiene il MFA in Computer Art presso la “School of Visual di New York.<br>
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'''Andy C. Deck''' (USA, 1968) vive e lavora a New York. Laureatosi in Letteratura Inglese all’Università del Michigan, studia a Parigi presso l'"École Nationale Supérieure des Arts Décoratifs" e nel 1993 ottiene il MFA in Computer Art presso la "School of Visual Art" di New York.<br>
Dal 1990 Deck comincia a sviluppare software artistico, che inizialmente egli utilizza soprattutto per produrre cortometraggi. A partire dal 1994 si dedica alla realizzazione di quella che egli stesso definisce “arte pubblica per , portando avanti la ricerca nel campo delle potenzialità creative di Internet e dell'architettura del cyberspazio soprattutto attraverso i propri siti web, [http://www.artcontext.com www.artcontext.com] e [http://www.andyland.net www.andyland.net], in cui Deck non esita a mescolare arte ed attivismo, focalizzando la propria attenzione principalmente sui temi del consumismo, del pacifismo, della libertà d’espressione e dell’ambientalismo. In questi siti Deck offre, tra l’altro, software per il disegno collaborativo on-line (come Glyphiti e Open Studio) e una serie di riflessioni estetico-politiche sui sistemi di decodifica e sulle unità di misura delle immagini digitali, dai pixel alle icone, dall'Ascii agli standard di compressione non proprietari.<br>
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Dal 1990 Deck comincia a sviluppare software artistico, che inizialmente egli utilizza soprattutto per produrre cortometraggi. A partire dal 1994 si dedica alla realizzazione di quella che egli stesso definisce "arte pubblica per Internet", portando avanti la ricerca nel campo delle potenzialità creative di Internet e dell'architettura del cyberspazio soprattutto attraverso i propri siti web, [http://www.artcontext.net www.artcontext.net] e [http://www.andyland.net www.andyland.net], in cui Deck non esita a mescolare arte ed attivismo, focalizzando la propria attenzione principalmente sui temi del consumismo, del pacifismo, della libertà d’espressione e dell’ambientalismo. In questi siti Deck offre, tra l’altro, software per il disegno collaborativo on-line (come Glyphiti e Open Studio) e una serie di riflessioni estetico-politiche sui sistemi di decodifica e sulle unità di misura delle immagini digitali, dai pixel alle icone, dall'Ascii agli standard di compressione non proprietari.<br>
I progetti di Andy Deck sono stati presentati alle principali manifestazioni artistiche internazionali, come a Linz (1998), allo ZKM di Karlsruhe (1999) o la recente "Web Biennal" di Istanbul (2005), e recensiti da quotidiani e riviste, come lo svedese , il tedesco e la rivista elettronica .<br>
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I progetti di Andy Deck sono stati presentati alle principali manifestazioni artistiche internazionali, come "Ars Electronica" a Linz (1998), "Net_Condition" allo ZKM di Karlsruhe (1999) o la recente "Web Biennal" di Istanbul (2005), e recensiti da quotidiani e riviste, come lo svedese "Dagens Nyheter", il tedesco "Spiegel Online" e la rivista elettronica "Telepolis".<br>
Le opere di Deck sono state rappresentate al “New York Short Film and Video (1996), al (1997), all’“Art By (1998), al “Kentler International Drawing di New York (1998), al Prix Ars Electronica di Linz (1998), al “Machida City Graphics Arts di Tokyo (1999), su “bostoncyberarts.(1999), sul “Millennium Film (1999), su “turbolence.(1999), su “thing.(1999), ecc... Nel 2006 alcune opere di Deck sono state ospitate nella [http://www.http.uk.net HTTP Gallery] di Londra,  nella personale a lui dedicata dal titolo: [http://www.http.uk.net/docs/exhib9/exhibitions9.htm Open Vice/Virtue: The Online Art Context].<br>
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Le opere di Deck sono state rappresentate al "New York Short Film and Video Festival" (1996), al "Mac Classics" (1997), all’"Art By Numbers" (1998), al "Kentler International Drawing Space" di New York (1998), al "Prix Ars Electronica" di Linz (1998), al "Machida City Graphics Arts Museum" di Tokyo (1999), su "bostoncyberarts.org" (1999), sul "Millennium Film Journal" (1999), su "turbolence.org" (1999), su "thing.net" (1999), ecc... Nel 2006 alcune opere di Deck sono state ospitate nella [http://www.http.uk.net HTTP Gallery] di Londra,  nella personale a lui dedicata dal titolo: [http://www.http.uk.net/docs/exhib9/exhibitions9.htm Open Vice/Virtue: The Online Art Context].<br>
La maggior parte dei suoi lavori possono essere comunque reperiti sul sito: [http://www.artcontext.com www.artcontext.com].<br>
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La maggior parte dei suoi lavori possono essere comunque reperiti sul sito: [http://www.artcontext.net www.artcontext.net].<br>
Deck ha anche curato la rassegna on-line [http://www.turbulence.org/curators/deck/catchyName/index.html Catchy Name: An Idiosyncratic Concept] (2000), sul sito [http://www.turbolence.org turbolence.org], che comprende i lavori di artisti come Paul Thayer, Gicheol Lee, Eric Hreha e DJ Spooky, quattro progetti on-line in cui Deck indaga nuove potenzialità sonore.<br>
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Deck ha anche curato la rassegna on-line [http://www.turbulence.org/curators/deck/catchyName/index.html Catchy Name: An Idiosyncratic Concept] (2000), su [http://www.turbolence.org turbolence.org], che comprende i lavori di artisti come Paul Thayer, Gicheol Lee, Eric Hreha e DJ Spooky, quattro progetti on-line in cui Deck indaga nuove potenzialità sonore.<br>
A partire dal 1996 lavora anche come consulente per l’organizzazione no-profit “Ocean of attraverso la quale, in collaborazione con l'École Nationale Supérieure des Arts Décoratifs di Parigi, ha sviluppo vari progetti educativi.<br>
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A partire dal 1996 lavora anche come consulente per l’organizzazione no-profit "Ocean of Know" attraverso la quale, in collaborazione con l'École Nationale Supérieure des Arts Décoratifs di Parigi, ha sviluppo vari progetti educativi.<br>
Infine Andy Deck ha insegnato Media Design & Theory presso l’Università di New York, il “Sarah Lawrence e il di New York, la “Bowling Green State nell’Ohio, il nel New Jersey e la spagnola “Universidad Internacional Menendez . Attualmente egli è docente presso “The School of Visual di New York.<br><br>
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Infine Andy Deck ha insegnato Media Design & Theory presso l’Università di New York, il "Sarah Lawrence College" e il "City College" di New York, la "Bowling Green State University" nell’Ohio, il "Bloomfield College" nel New Jersey e la spagnola "Universidad Internacional Menendez Pelayo". Attualmente egli è docente presso "The School of Visual Art" di New York.<br><br>
  
 
==Poetica==
 
==Poetica==
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Andy Deck è un artista impegnato nello sviluppo di processi collaborativi nel campo dell’arte e della connettività. Attraverso opere che spaziano dai cortometraggi ai calendari, dai giochi alle installazioni interattive e multi-user per il disegno, egli cerca di avvicinare l’arte alla vita quotidiana, sfidandone le convenzionali leggi della fruizione e della distribuzione. Al centro della ricerca estetica di Deck vi è soprattutto l’analisi e la riflessione sulla profonda alienazione generata dal consumismo passivo prodotto dalla modernizzazione. Per questo le sue opere sono sempre centrate sul coinvolgimento e la partecipazione attiva del pubblico che, dunque, non è più spettatore passivo, ma collabora in prima persona alla creazione delle opere, diventandone co-autore. Inoltre, attraverso la partecipazione attiva degli utenti, l'artista vuole mettere in discussione il controllo esercitato dalle corporations sulla comunicazione, sottolineando la necessità di utilizzare media e canali comunicativi indipendenti.<br><br>
 
Andy Deck è un artista impegnato nello sviluppo di processi collaborativi nel campo dell’arte e della connettività. Attraverso opere che spaziano dai cortometraggi ai calendari, dai giochi alle installazioni interattive e multi-user per il disegno, egli cerca di avvicinare l’arte alla vita quotidiana, sfidandone le convenzionali leggi della fruizione e della distribuzione. Al centro della ricerca estetica di Deck vi è soprattutto l’analisi e la riflessione sulla profonda alienazione generata dal consumismo passivo prodotto dalla modernizzazione. Per questo le sue opere sono sempre centrate sul coinvolgimento e la partecipazione attiva del pubblico che, dunque, non è più spettatore passivo, ma collabora in prima persona alla creazione delle opere, diventandone co-autore. Inoltre, attraverso la partecipazione attiva degli utenti, l'artista vuole mettere in discussione il controllo esercitato dalle corporations sulla comunicazione, sottolineando la necessità di utilizzare media e canali comunicativi indipendenti.<br><br>
  
==Opere==
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==Alcune Opere==
  
*[http://www.artcontext.com/act/97/space Space Invaders Act 1732] (1996) è un videogioco ispirato al celebre che però, decontestualizzando protagonisti e azioni, sovverte le usuali regole di contrapposizione tra alieni-cattivi e terrestri-buoni, identificando i predestinati nei simboli negativi della vita reale, come i marchi dei prodotti commerciali della moderna società consumista.
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[[Image:Space_invaders_act_1732.jpg|left|frame]] [http://www.artcontext.net/art/97/space/invaders.php Space Invaders Act 1732] (1996) è un videogioco ispirato al celebre "Space Invaders" che però, decontestualizzando protagonisti e azioni, sovverte le usuali regole di contrapposizione tra alieni-cattivi e terrestri-buoni, identificando i predestinati "nemici" nei simboli negativi della vita reale, come i marchi dei prodotti commerciali della moderna società consumista.
*[http://www.artcontext.com/remote Commission Control] (1999) è un ibrido tra informazione ed opera d’arte, realizzata in collaborazione con Joe Dellinger, in cui Andy Deck svela i retroscena occulti dell'ambiente mediatico durante il bombardamento del Kosovo e spinge a riflettere sulla veridicità dell'informazione e sul potere dei media.
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*[http://www.artcontext.com/icontext Icontext] (1999) è un software che si serve delle immagini in formato Xpm. Essendo aperto e non proprietario, questo formato consente di consultare, con un editor di testo, l’indice dei colori di ciascuna immagine pixel per pixel. Disponendo di queste informazioni, Deck ha potuto associare ogni carattere della tastiera a un colore. Poiché le immagini di Icontext misurano 50x50 pixel, ogni Icontext contiene 2500 caratteri. Traducendo una scrittura formale (il codice che descrive il pixel) in una scrittura iconica, che associa un carattere a ciascun punto, il software effettua un curioso ribaltamento. Ci dice in sostanza, che per disegnare con il computer si possono usare dei colori (espressi in valori numerici) che equivalgono a un testo che rappresenta a sua volta un’immagine. Il cerchio si chiude, ma Icontext divide in due parti e rende palese quel processo di sintesi che i software grafici compiono proprio allo scopo di celare quei valori considerati inutili o ingombranti.
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[[Image:Commission_control.jpg|left|frame]] [http://www.artcontext.net/remote/enter.html Commission Control] (1999) è un ibrido tra informazione ed opera d’arte, realizzata in collaborazione con Joe Dellinger, in cui Andy Deck svela i retroscena occulti dell'ambiente mediatico durante il bombardamento del Kosovo e spinge a riflettere sulla veridicità dell'informazione e sul potere dei media.
*[http://www.artcontext.com/draw Open Studio] (2000) è uno studio virtuale aperto al pubblico che da visitatore diventa ora collaboratore attivo e creativo. L'interfaccia è un rifacimento di precedenti progetti, quali Blackboard (1997) e Graphic Jam (1999) realizzato con Marc Napier, che utilizzavano anch’essi processi di disegno collaborativo e si presenta come un editor grafico che in più permette il multi-user. Nel caso in cui più utenti siano collegati al sito nello stesso momento, essi possono realizzare una collaborazione creativa dipingendo entrambi sulla stessa lavagna. Si produce, così, una interazione visuale in cui lo schermo diviene una sottile barriera che, frapponendosi tra i due utenti, viene continuamente disegnata da entrambi i lati. Open Studio è lo spazio comunicativo di una relazione che da grafica può anche divenire verbale mediante la funzione di . Gli utenti possono, in tal modo, intraprendere una progettazione verbale, la realizzazione di un manifesto artistico o semplicemente scambiarsi due chiacchiere in tempo reale. Infine, le opere realizzate possono essere salvate in un grande archivio consultabile dai futuri archeologi o da curiosi del presente. La funzione “slide-permette di visualizzare i lavori archiviati mediante una sovrapposizione continua, realizzando così un effetto ulteriore derivante dall'opera di tutti i fruitori dell'opera. In questo collage in continuo fluire in cui i segni grafici di una realizzazione scompaiono coperti da realizzazioni successive, sono le opere che entrano in comunicazione (e non più solo gli autori) in una proiezione che ristruttura di continuo la rappresentazione sullo schermo.
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*[http://www.artcontext.com/novus Novus Extinctus] (2001) è un’opera firmata dal collettivo (formato da Andy Deck, Fred Adam e Verónica Perales) in cui gli autori hanno compilato una tassonomia dei nomi a dominio del web, creando un parallelo con l'impoverimento della biodiversità nel mondo reale. Ai domini inseriti dall'utente vengono fatti corrispondere domini fittizi che riflettono nomi di specie in estinzione, invitando a prima che scompaiano, il tutto generando del codice visuale a partire dal sito indicato con animazioni e ascii-art.
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[[Image:Icontext.jpg|left|frame]] [http://www.artcontext.net/icontext/index.html Icontext] (1999) è un software che si serve delle immagini in formato Xpm. Essendo aperto e non proprietario, questo formato consente di consultare, con un editor di testo, l’indice dei colori di ciascuna immagine pixel per pixel. Disponendo di queste informazioni, Deck ha potuto associare ogni carattere della tastiera a un colore. Poiché le immagini di Icontext misurano 50x50 pixel, ogni Icontext contiene 2500 caratteri. Traducendo una scrittura formale (il codice che descrive il pixel) in una scrittura iconica, che associa un carattere a ciascun punto, il software effettua un curioso ribaltamento. Ci dice in sostanza, che per disegnare con il computer si possono usare dei colori (espressi in valori numerici) che equivalgono a un testo che rappresenta a sua volta un’immagine. Il cerchio si chiude, ma Icontext divide in due parti e rende palese quel processo di sintesi che i software grafici compiono proprio allo scopo di celare quei valori considerati inutili o ingombranti.
*[http://www.artcontext.com/glyphiti Glyphiti] (2001) è un progetto di disegno collaborativo che consiste in un’immagine composta da piccole unità grafiche (glyphs/glifi) modificabili in tempo reale dagli utenti attraverso un apposito software in java creato dall'artista. Lo schermo diviso in due, infatti, permette d'intervenire sulla porzione selezionata a sinistra, attraverso il mouse che o i pixel nell'ingrandimento di destra. Glyphiti funziona attraverso una serie di , sfruttando normali richieste a server web. Per l'artista penetrare il firewall funziona come metafora del più classico graffitismo: entrambe le attività necessitano infatti dell'appropriazione di spazi privati. Altra importante caratteristica del lavoro è la possibilità di poter aggiornare l'immagine quasi in tempo reale: essa diventa così viva, sempre pronta ad essere trasformata da un intervento a distanza, una lavagna magica disponibile 24 ore su 24 per segni casuali o interventi pregni di significato. Ispirato al lavoro di Kenneth Knowlton, che negli anni sessanta utilizzava i computer per creare glyph, Glyphiti è completamente modificabile, visto che l'intero codice sorgente è messo a disposizione di tutti sullo stesso sito con la più totale libertà d'utilizzo.
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*[http://www.artcontext.com/list/art/2002/boxplorer.html Boxplorer] (2002) è una provocatoria opera in cui, tramite un'applicazione con interfaccia web, si svuotano i siti trasformandoli in semplici schermi squadrati, che costituiscono, secondo l’autore, “una visione rettangolare del . Qualsiasi sito può essere sottoposto a questa , astraendone la struttura e svuotandolo dei contenuti, come una sorta di scheletro visto ai raggi X, che rende simili e tutte differenti le pagine web. Nelle intenzioni dell'artista, Boxplorer simboleggia un'ironica "purificazione" del web dalle controversie e dalla pubblicità.
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[[Image:Open_studio.jpg|left|frame]] [http://www.artcontext.net/act/00/openStudio Open Studio] (2000) è uno studio virtuale aperto al pubblico che da visitatore diventa ora collaboratore attivo e creativo. L'interfaccia è un rifacimento di precedenti progetti, quali Blackboard (1997) e Graphic Jam (1999) realizzato con Marc Napier, che utilizzavano anch’essi processi di disegno collaborativo e si presenta come un editor grafico che in più permette il multi-user. Nel caso in cui più utenti siano collegati al sito nello stesso momento, essi possono realizzare una collaborazione creativa dipingendo entrambi sulla stessa lavagna. Si produce, così, una interazione visuale in cui lo schermo diviene una sottile barriera che, frapponendosi tra i due utenti, viene continuamente disegnata da entrambi i lati. Open Studio è lo spazio comunicativo di una relazione che da grafica può anche divenire verbale mediante la funzione di "chat". Gli utenti possono, in tal modo, intraprendere una progettazione verbale, la realizzazione di un manifesto artistico o semplicemente scambiarsi due chiacchiere in tempo reale. Infine, le opere realizzate possono essere salvate in un grande archivio consultabile dai futuri archeologi o da curiosi del presente. La funzione "slide-show" permette di visualizzare i lavori archiviati mediante una sovrapposizione continua, realizzando così un effetto ulteriore derivante dall'opera di tutti i fruitori dell'opera. In questo collage in continuo fluire in cui i segni grafici di una realizzazione scompaiono coperti da realizzazioni successive, sono le opere che entrano in comunicazione (e non più solo gli autori) in una proiezione che ristruttura di continuo la rappresentazione sullo schermo.
*[http://turbulence.org/Works/imprimatur Imprimatur] (2005) è un tool free attraverso cui gli utenti possono contribuire a realizzare dei poster, con lo scopo di lanciare delle campagne mediatiche su determinati temi politici e sociali.
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*[http://www.artcontext.com/panel Panel Junction] (2005) è un’opera in cui l'artista seleziona i contributi inviati via e-mail dai visitatori e li assembla per andare a realizzare dei racconti grafici.
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[[Image:Novus_extinctus.jpg|left|frame]] [http://www.artcontext.net/novus Novus Extinctus] (2001) è un’opera firmata dal collettivo "Transnational Temps" (formato da Andy Deck, Fred Adam e Verónica Perales) in cui gli autori hanno compilato una tassonomia dei nomi a dominio del web, creando un parallelo con l'impoverimento della biodiversità nel mondo reale. Ai domini inseriti dall'utente vengono fatti corrispondere domini fittizi che riflettono nomi di specie in estinzione, invitando a "registrarli" prima che scompaiano, il tutto generando del codice visuale a partire dal sito indicato con animazioni e ascii-art.
*[http://www.artcontext.com/act/05/screeningCircle Screening Circle] (2006), commissionato dalla e dal e lanciato in Internet come parte del programma di “Node.è un progetto di disegno collaborativo che si ispira alla tradizione dei , in cui le donne preparavano e cucivano assieme piccoli quadrati di stoffa per creare i quilt scozzesi. I visitatori infatti possono accedere all’area di lavoro e partecipare collettivamente alla realizzazione di piccole icone grafiche in movimento, intervenendo in tempo reale sulle creazioni degli altri utenti. Le icone sono disposte in modo da formare i lati di un quadrato ed ognuna risulta composta da quattro fotogrammi, editabili singolarmente attraverso un tool che permette di scegliere tra nove colori disponibili. Lo scopo non è quello di arrivare ad un lavoro finito, ma, piuttosto, quello di lasciare un canale aperto all'invenzione e alla creatività dei partecipanti, archiviando sottoforma di loop continuo gli interventi che si susseguono nel corso delle diverse giornate. I disegni che compongono questo collage animato,  frutto di uno sforzo collettivo, vengono quindi messi liberamente a disposizione del pubblico. Screening Circle si pone, così, sulla linea di precedenti lavori di Andy Deck incentrati sui temi della partecipazione collettiva,  della creazione condivisa e del codice libero per sottolineare la necessità di arrivare, attraverso questa forma di "arte pubblica per internet", a nuovi spazi di comunicazione liberi e partecipati.<br><br>
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[[Image:Glyphiti.jpg|left|frame]] [http://artcontext.net/glyphiti/index.php Glyphiti] (2001) è un progetto di disegno collaborativo che consiste in un’immagine composta da piccole unità grafiche (glyphs/glifi) modificabili in tempo reale dagli utenti attraverso un apposito software in java creato dall'artista. Lo schermo diviso in due, infatti, permette d'intervenire sulla porzione selezionata a sinistra, attraverso il mouse che "spegne" o "accende" i pixel nell'ingrandimento di destra. Glyphiti funziona attraverso una serie di "corporate firewalls", sfruttando normali richieste a server web. Per l'artista penetrare il firewall funziona come metafora del più classico graffitismo: entrambe le attività necessitano infatti dell'appropriazione di spazi privati. Altra importante caratteristica del lavoro è la possibilità di poter aggiornare l'immagine quasi in tempo reale: essa diventa così viva, sempre pronta ad essere trasformata da un intervento a distanza, una lavagna magica disponibile 24 ore su 24 per segni casuali o interventi pregni di significato. Ispirato al lavoro di Kenneth Knowlton, che negli anni sessanta utilizzava i computer per creare glyph, Glyphiti è completamente modificabile, visto che l'intero codice sorgente è messo a disposizione di tutti sullo stesso sito con la più totale libertà d'utilizzo.
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[[Image:Boxplorer.jpg|left|frame]] [http://www.artcontext.net/art/02/box Boxplorer] (2002) è una provocatoria opera in cui, tramite un'applicazione con interfaccia web, si svuotano i siti trasformandoli in semplici schermi squadrati, che costituiscono, secondo l’autore, "una visione rettangolare del web". Qualsiasi sito può essere sottoposto a questa "cura", astraendone la struttura e svuotandolo dei contenuti, come una sorta di scheletro visto ai raggi X, che rende simili e tutte differenti le pagine web. Nelle intenzioni dell'artista, Boxplorer simboleggia un'ironica "purificazione" del web dalle controversie e dalla pubblicità.
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[[Image:Imprimatur.jpg|left|frame]] [http://turbulence.org/Works/imprimatur Imprimatur] (2005) è un tool free attraverso cui gli utenti possono contribuire a realizzare dei poster, con lo scopo di lanciare delle campagne mediatiche su determinati temi politici e sociali.
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[[Image:Panel_junction.jpg|left|frame]] [http://artcontext.net/act/05/panel Panel Junction] (2005) è un’opera in cui l'artista seleziona i contributi inviati via e-mail dai visitatori e li assembla per andare a realizzare dei racconti grafici.
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[[Image:Screening_circle.jpg|left|frame]] [http://artcontext.net/act/05/screeningCircle Screening Circle] (2006), commissionato dalla "Tate Online" e dal "Whitney Artport" e lanciato in Internet come parte del programma di "Node.London" è un progetto di disegno collaborativo che si ispira alla tradizione dei "circoli quilting", in cui le donne preparavano e cucivano assieme piccoli quadrati di stoffa per creare i quilt scozzesi. I visitatori infatti possono accedere all’area di lavoro e partecipare collettivamente alla realizzazione di piccole icone grafiche in movimento, intervenendo in tempo reale sulle creazioni degli altri utenti. Le icone sono disposte in modo da formare i lati di un quadrato ed ognuna risulta composta da quattro fotogrammi, editabili singolarmente attraverso un tool che permette di scegliere tra nove colori disponibili. Lo scopo non è quello di arrivare ad un lavoro finito, ma, piuttosto, quello di lasciare un canale aperto all'invenzione e alla creatività dei partecipanti, archiviando sottoforma di loop continuo gli interventi che si susseguono nel corso delle diverse giornate. I disegni che compongono questo collage animato,  frutto di uno sforzo collettivo, vengono quindi messi liberamente a disposizione del pubblico. Screening Circle si pone, così, sulla linea di precedenti lavori di Andy Deck incentrati sui temi della partecipazione collettiva,  della creazione condivisa e del codice libero per sottolineare la necessità di arrivare, attraverso questa forma di "arte pubblica per internet", a nuovi spazi di comunicazione liberi e partecipati.<br><br>
  
 
==Siti Web==
 
==Siti Web==
  
 
*[http://www.andyland.net www.andyland.net]
 
*[http://www.andyland.net www.andyland.net]
*[http://www.artcontext.com www.artcontext.com]<br><br>
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*[http://www.artcontext.net www.artcontext.net]<br><br>
  
 
==Bibliografia==
 
==Bibliografia==
  
==Sitografia==
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==Webliografia==
  
[[Categoria:Personaggi]]
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*[http://www.furtherfield.org/displayartist.php?artist_id=150 www.furtherfield.org]
[[Categoria:Deck_Andy]]
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*[http://rhizome.org/member.rhiz?user_id=3135 Rhizome.org]
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*[http://www.teknemedia.net/magazine/speciali/dettail.html?mId=1114 www.teknemedia.net]
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*[http://artport.whitney.org/gatepages/march01.shtml Whitney Artport]
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*[http://www.tate.org.uk/netart/screeningcircle www.tate.org]
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*[http://nodel.org/people.php?ID=98 NODE.London]
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*[http://on1.zkm.de/netcondition/projects/project19/bio ZKM: Zentrum für Kunst und Medientechnologie, Karlsruhe]
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*[http://iasl.uni-muenchen.de/links/lektion3.html IASL Online]
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[[Categoria:1968 d.c.]]
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[[Categoria:New York]]
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[[Categoria:Usa]]
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[[Categoria:Nord America]]
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[[Categoria:Arte delle reti]]
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[[Categoria:Net art]]
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[[Categoria:Deck Andy C.]]
 
[[Categoria:Scheda]]
 
[[Categoria:Scheda]]

Versione attuale delle 15:49, 4 Lug 2007

Andy C. Deck


Biografia

Andy C. Deck (USA, 1968) vive e lavora a New York. Laureatosi in Letteratura Inglese all’Università del Michigan, studia a Parigi presso l'"École Nationale Supérieure des Arts Décoratifs" e nel 1993 ottiene il MFA in Computer Art presso la "School of Visual Art" di New York.
Dal 1990 Deck comincia a sviluppare software artistico, che inizialmente egli utilizza soprattutto per produrre cortometraggi. A partire dal 1994 si dedica alla realizzazione di quella che egli stesso definisce "arte pubblica per Internet", portando avanti la ricerca nel campo delle potenzialità creative di Internet e dell'architettura del cyberspazio soprattutto attraverso i propri siti web, www.artcontext.net e www.andyland.net, in cui Deck non esita a mescolare arte ed attivismo, focalizzando la propria attenzione principalmente sui temi del consumismo, del pacifismo, della libertà d’espressione e dell’ambientalismo. In questi siti Deck offre, tra l’altro, software per il disegno collaborativo on-line (come Glyphiti e Open Studio) e una serie di riflessioni estetico-politiche sui sistemi di decodifica e sulle unità di misura delle immagini digitali, dai pixel alle icone, dall'Ascii agli standard di compressione non proprietari.
I progetti di Andy Deck sono stati presentati alle principali manifestazioni artistiche internazionali, come "Ars Electronica" a Linz (1998), "Net_Condition" allo ZKM di Karlsruhe (1999) o la recente "Web Biennal" di Istanbul (2005), e recensiti da quotidiani e riviste, come lo svedese "Dagens Nyheter", il tedesco "Spiegel Online" e la rivista elettronica "Telepolis".
Le opere di Deck sono state rappresentate al "New York Short Film and Video Festival" (1996), al "Mac Classics" (1997), all’"Art By Numbers" (1998), al "Kentler International Drawing Space" di New York (1998), al "Prix Ars Electronica" di Linz (1998), al "Machida City Graphics Arts Museum" di Tokyo (1999), su "bostoncyberarts.org" (1999), sul "Millennium Film Journal" (1999), su "turbolence.org" (1999), su "thing.net" (1999), ecc... Nel 2006 alcune opere di Deck sono state ospitate nella HTTP Gallery di Londra, nella personale a lui dedicata dal titolo: Open Vice/Virtue: The Online Art Context.
La maggior parte dei suoi lavori possono essere comunque reperiti sul sito: www.artcontext.net.
Deck ha anche curato la rassegna on-line Catchy Name: An Idiosyncratic Concept (2000), su turbolence.org, che comprende i lavori di artisti come Paul Thayer, Gicheol Lee, Eric Hreha e DJ Spooky, quattro progetti on-line in cui Deck indaga nuove potenzialità sonore.
A partire dal 1996 lavora anche come consulente per l’organizzazione no-profit "Ocean of Know" attraverso la quale, in collaborazione con l'École Nationale Supérieure des Arts Décoratifs di Parigi, ha sviluppo vari progetti educativi.
Infine Andy Deck ha insegnato Media Design & Theory presso l’Università di New York, il "Sarah Lawrence College" e il "City College" di New York, la "Bowling Green State University" nell’Ohio, il "Bloomfield College" nel New Jersey e la spagnola "Universidad Internacional Menendez Pelayo". Attualmente egli è docente presso "The School of Visual Art" di New York.

Poetica

Andy Deck è un artista impegnato nello sviluppo di processi collaborativi nel campo dell’arte e della connettività. Attraverso opere che spaziano dai cortometraggi ai calendari, dai giochi alle installazioni interattive e multi-user per il disegno, egli cerca di avvicinare l’arte alla vita quotidiana, sfidandone le convenzionali leggi della fruizione e della distribuzione. Al centro della ricerca estetica di Deck vi è soprattutto l’analisi e la riflessione sulla profonda alienazione generata dal consumismo passivo prodotto dalla modernizzazione. Per questo le sue opere sono sempre centrate sul coinvolgimento e la partecipazione attiva del pubblico che, dunque, non è più spettatore passivo, ma collabora in prima persona alla creazione delle opere, diventandone co-autore. Inoltre, attraverso la partecipazione attiva degli utenti, l'artista vuole mettere in discussione il controllo esercitato dalle corporations sulla comunicazione, sottolineando la necessità di utilizzare media e canali comunicativi indipendenti.

Alcune Opere

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Space Invaders Act 1732 (1996) è un videogioco ispirato al celebre "Space Invaders" che però, decontestualizzando protagonisti e azioni, sovverte le usuali regole di contrapposizione tra alieni-cattivi e terrestri-buoni, identificando i predestinati "nemici" nei simboli negativi della vita reale, come i marchi dei prodotti commerciali della moderna società consumista.




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Commission Control (1999) è un ibrido tra informazione ed opera d’arte, realizzata in collaborazione con Joe Dellinger, in cui Andy Deck svela i retroscena occulti dell'ambiente mediatico durante il bombardamento del Kosovo e spinge a riflettere sulla veridicità dell'informazione e sul potere dei media.





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Icontext (1999) è un software che si serve delle immagini in formato Xpm. Essendo aperto e non proprietario, questo formato consente di consultare, con un editor di testo, l’indice dei colori di ciascuna immagine pixel per pixel. Disponendo di queste informazioni, Deck ha potuto associare ogni carattere della tastiera a un colore. Poiché le immagini di Icontext misurano 50x50 pixel, ogni Icontext contiene 2500 caratteri. Traducendo una scrittura formale (il codice che descrive il pixel) in una scrittura iconica, che associa un carattere a ciascun punto, il software effettua un curioso ribaltamento. Ci dice in sostanza, che per disegnare con il computer si possono usare dei colori (espressi in valori numerici) che equivalgono a un testo che rappresenta a sua volta un’immagine. Il cerchio si chiude, ma Icontext divide in due parti e rende palese quel processo di sintesi che i software grafici compiono proprio allo scopo di celare quei valori considerati inutili o ingombranti.


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Open Studio (2000) è uno studio virtuale aperto al pubblico che da visitatore diventa ora collaboratore attivo e creativo. L'interfaccia è un rifacimento di precedenti progetti, quali Blackboard (1997) e Graphic Jam (1999) realizzato con Marc Napier, che utilizzavano anch’essi processi di disegno collaborativo e si presenta come un editor grafico che in più permette il multi-user. Nel caso in cui più utenti siano collegati al sito nello stesso momento, essi possono realizzare una collaborazione creativa dipingendo entrambi sulla stessa lavagna. Si produce, così, una interazione visuale in cui lo schermo diviene una sottile barriera che, frapponendosi tra i due utenti, viene continuamente disegnata da entrambi i lati. Open Studio è lo spazio comunicativo di una relazione che da grafica può anche divenire verbale mediante la funzione di "chat". Gli utenti possono, in tal modo, intraprendere una progettazione verbale, la realizzazione di un manifesto artistico o semplicemente scambiarsi due chiacchiere in tempo reale. Infine, le opere realizzate possono essere salvate in un grande archivio consultabile dai futuri archeologi o da curiosi del presente. La funzione "slide-show" permette di visualizzare i lavori archiviati mediante una sovrapposizione continua, realizzando così un effetto ulteriore derivante dall'opera di tutti i fruitori dell'opera. In questo collage in continuo fluire in cui i segni grafici di una realizzazione scompaiono coperti da realizzazioni successive, sono le opere che entrano in comunicazione (e non più solo gli autori) in una proiezione che ristruttura di continuo la rappresentazione sullo schermo.


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Novus Extinctus (2001) è un’opera firmata dal collettivo "Transnational Temps" (formato da Andy Deck, Fred Adam e Verónica Perales) in cui gli autori hanno compilato una tassonomia dei nomi a dominio del web, creando un parallelo con l'impoverimento della biodiversità nel mondo reale. Ai domini inseriti dall'utente vengono fatti corrispondere domini fittizi che riflettono nomi di specie in estinzione, invitando a "registrarli" prima che scompaiano, il tutto generando del codice visuale a partire dal sito indicato con animazioni e ascii-art.



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Glyphiti (2001) è un progetto di disegno collaborativo che consiste in un’immagine composta da piccole unità grafiche (glyphs/glifi) modificabili in tempo reale dagli utenti attraverso un apposito software in java creato dall'artista. Lo schermo diviso in due, infatti, permette d'intervenire sulla porzione selezionata a sinistra, attraverso il mouse che "spegne" o "accende" i pixel nell'ingrandimento di destra. Glyphiti funziona attraverso una serie di "corporate firewalls", sfruttando normali richieste a server web. Per l'artista penetrare il firewall funziona come metafora del più classico graffitismo: entrambe le attività necessitano infatti dell'appropriazione di spazi privati. Altra importante caratteristica del lavoro è la possibilità di poter aggiornare l'immagine quasi in tempo reale: essa diventa così viva, sempre pronta ad essere trasformata da un intervento a distanza, una lavagna magica disponibile 24 ore su 24 per segni casuali o interventi pregni di significato. Ispirato al lavoro di Kenneth Knowlton, che negli anni sessanta utilizzava i computer per creare glyph, Glyphiti è completamente modificabile, visto che l'intero codice sorgente è messo a disposizione di tutti sullo stesso sito con la più totale libertà d'utilizzo.


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Boxplorer (2002) è una provocatoria opera in cui, tramite un'applicazione con interfaccia web, si svuotano i siti trasformandoli in semplici schermi squadrati, che costituiscono, secondo l’autore, "una visione rettangolare del web". Qualsiasi sito può essere sottoposto a questa "cura", astraendone la struttura e svuotandolo dei contenuti, come una sorta di scheletro visto ai raggi X, che rende simili e tutte differenti le pagine web. Nelle intenzioni dell'artista, Boxplorer simboleggia un'ironica "purificazione" del web dalle controversie e dalla pubblicità.



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Imprimatur (2005) è un tool free attraverso cui gli utenti possono contribuire a realizzare dei poster, con lo scopo di lanciare delle campagne mediatiche su determinati temi politici e sociali.






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Panel Junction (2005) è un’opera in cui l'artista seleziona i contributi inviati via e-mail dai visitatori e li assembla per andare a realizzare dei racconti grafici.







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Screening Circle (2006), commissionato dalla "Tate Online" e dal "Whitney Artport" e lanciato in Internet come parte del programma di "Node.London" è un progetto di disegno collaborativo che si ispira alla tradizione dei "circoli quilting", in cui le donne preparavano e cucivano assieme piccoli quadrati di stoffa per creare i quilt scozzesi. I visitatori infatti possono accedere all’area di lavoro e partecipare collettivamente alla realizzazione di piccole icone grafiche in movimento, intervenendo in tempo reale sulle creazioni degli altri utenti. Le icone sono disposte in modo da formare i lati di un quadrato ed ognuna risulta composta da quattro fotogrammi, editabili singolarmente attraverso un tool che permette di scegliere tra nove colori disponibili. Lo scopo non è quello di arrivare ad un lavoro finito, ma, piuttosto, quello di lasciare un canale aperto all'invenzione e alla creatività dei partecipanti, archiviando sottoforma di loop continuo gli interventi che si susseguono nel corso delle diverse giornate. I disegni che compongono questo collage animato, frutto di uno sforzo collettivo, vengono quindi messi liberamente a disposizione del pubblico. Screening Circle si pone, così, sulla linea di precedenti lavori di Andy Deck incentrati sui temi della partecipazione collettiva, della creazione condivisa e del codice libero per sottolineare la necessità di arrivare, attraverso questa forma di "arte pubblica per internet", a nuovi spazi di comunicazione liberi e partecipati.

Siti Web

Bibliografia



Webliografia