Goya Francisco: differenze tra le versioni
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Nicoletta Frapiccini, Nunzio Giustozzi, "Le Storie dell'Arte", Età moderna e contemporanea, volume 3, pag 47-53. | Nicoletta Frapiccini, Nunzio Giustozzi, "Le Storie dell'Arte", Età moderna e contemporanea, volume 3, pag 47-53. | ||
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Versione attuale delle 20:28, 19 Giu 2017
Contents
- 1 Cognome Nome / Pseudonimo / Denominazione:
- 2 Biografia:
- 3 Sito web:
- 4 Poetica:
- 5 Opere:
- 6 Elenco esposizioni:
- 7 File multimediali:
- 8 Augmented reality:
- 9 Bibliografia
- 10 Webliografia:
- 11 Note:
- 12 Tipo di scheda:
- 13 Soggetto (categoria) da Thesaurus Pico Cultura Italia:
- 14 Soggetto (categoria, tags) a testo libero:
- 15 Voci correlate:
Cognome Nome / Pseudonimo / Denominazione:
Goya Francisco
Biografia:
Francisco Goya Y Lucientes nasce il 30 marzo 1746 a Fuendetodos, piccola borgata di Saragozza in Aragona, di cui è originaria la madre Gracia Lucientes, mentre il padre è un mastro doratore.
Francisco è il quarto figlio di sei, ma riguardo la sua infanzia e la sua prima giovinezza non abbiamo molte notizie. Nel 1759, all’età di tredici anni inizia a frequentare lo studio di José Luzán, artista abbastanza apprezzato che aveva studiato a Napoli presso il pittore Giuseppe Mastroleo. Successivamente Goya conosce il pittore aragonese Francisco Bayeu e lo segue a Madrid, poiché era stato chiamato da Anton Raphael Mengs, primo pittore del re. Nel 1763 partecipa al concorso indetto dall’Accademia de Bellas Artes di San Fernando di Madrid, senza ottenere alcun successo, come pure nel 1766.
Nel 1771 compie un viaggio a Roma e ottiene un altro insuccesso all’Accademia di Parma, il cui tema era un quadro raffigurante “Annibale che guarda dall’alto delle Alpi le terre d’Italia”. Al suo rientro in Aragona, sostenuto dal cognato, pittore piuttosto noto e da Mengs, riceve la sua prima commissione ufficiale relativa alle decorazioni della cappella di Nuestra Senora del Pilar a Saragozza (1771-1772) inoltre eseguì composizioni per la certosa di Aula Dei (1772-1774) e altri dipinti, il suo stile risente sempre dell’influenza di Corrado Giaquinto. Il 25 luglio 1773 Goya sposa a Madrid, Josefa, sorella di Bayeu, rafforzando così i rapporti con questa famiglia.
Il suo primo lavoro documentato a Madrid sono i cartoni per arazzi che gli vengono assegnati grazie alla raccomandazione del cognato, che all’epoca era il sostituto di Mengs presso la Real Fábrica de Tapices de Santa Bárbara; Goya riesce a mettersi in luce per la bellezza e freschezza d’invenzione dei suoi cartoni,ovvero dipinti ad olio perfettamente rifiniti e a volte di dimensioni enormi che i tessitori copiavano esattamente nella lana. Questi cartoni rappresentavano con grande vivacità ed espressività scene di vita popolare, in uno stile legato ancora alla tradizione settecentesca, che aveva nell’arte italiana, rappresentata dal napoletano Corrado Giaquinto e da Giambattista Tiepolo, il suo punto di riferimento. La maggior parte dei cartoni è conservata oggi al museo del Prado.
Ne eseguì non meno di una sessantina, in quattro periodi: 1774-1775, scene di caccia; 1776-1780, soggetti popolari; 1786-1788, il periodo più giocondo, ma nel quale inizia già ad emergere la sensibilità del pittore verso la sofferenza e la miseria; 1791-1792, nel quale i due temi, gioia e amarezza, sembrano incontrarsi. Negli stessi anni realizzò, per i duchi di Osuna, sei tele ove si intersecano gli stessi motivi (L’altalena, L’albero di cuccagna, La caduta, L’assalto alla corriera).
Il periodo che va dal 1776 al 1793 è il più felice della vita e della carriera di Goya. Nel 1778 ebbe accesso alle collezioni di corte, dove conobbe la pittura di Velàzquez, di cui incise all’acquaforte diciassette quadri; l’anno dopo fu ricevuto da re Carlo III; nel 1780 fu nominato accademico “de mérito” dell’Accademia di San Fernando e nel 1785 vicedirettore;nel 1784 nasce Francisco Javier, solo figlio vivente su cinque, nel 1786 ottenne la carica di “pittore del re” e nel 1789 quella di “pittore di camera”.
Oltre ad alcune composizioni religiose, a Saragozza e a Madrid, eseguì in quegli anni meravigliosi ritratti di personaggi dell’alta società. Fra scintilii di sete e di gioielli, le sue figure sono sempre un po’ rigide e fisse, ma i volti restituiscono una efferata penetrazione psicologica. Fra i ritratti più importanti e conosciuti troviamo quelli dell’attrice La Tirana e della Duchessa d’Alba, fra Goya e la quale la leggenda ha composto un romanzo d’amore non comprovato da alcuna testimonianza. Altri dipinti di questo periodo sono da ricordare le Ragazze al balcone, il gran quadro di Carlo IV e la sua famiglia, e le due Majas le “belle popolane”, eseguite nel 1805 circa per le raccolte del ministro Manuel Godoy, amante della regina. Accanto a essi dipinse anche scene di vita madrilena, sempre più tenebrose e quadri ove iniziano ad apparire fantastiche stregonerie (1788-89). Opera splendida, dello stesso anno, è la decorazione ad affresco della cupola della cappella di SanAntonio de la Florida a Madrid (nelle quali sono conservate le ceneri del pittore).
Nel 1792 una grave malattia rende Goya completamente sordo, il quale inizia a chiudersi in sé stesso e ad isolarsi, restando sempre più occupato con le fantasie e le invenzioni della sua immaginazione e con le osservazioni critiche e satiriche dell’umanità. In questo periodo inizia la serie di acquaforte dei Capricci (1799), che hanno per tema la follia, la retriva superstizione del clero spagnolo e la debolezza umana.Nel 1805 Il figlio Javier sposa Gumersinda Goicoechea, l’anno dopo nasce il nipote Mariano Goya.
Nel 1807 le truppe francesi invadono la Spagna. L’anno seguente il re abdica e il suo erede è costretto all’esilio. Inizia il periodo della guerra d’indipendenza, che agiterà la Spagna per cinque lunghi anni. Goya, ormai sessantaduenne, sceglie di restare in disparte ed esegue una nuova serie di incisioni dal titolo “Disastri della guerra”, in cui esprime tutto l’orrore della violenza e della crudeltà umana. Con la sconfitta di Napoleone e la salita al trono di Spagna del crudele sovrano Ferdinando VII nel 1814, l’assolutismo della monarchia e il potere della Chiesa vengono ristabiliti.Goya è costretto a difendere la “Maja desnuda” di fronte al tribunale dell’Inquisizione. Sfuggito alla condanna si dedica a svolgere alcuni lavori per il nuovo sovrano, per cercare di mantenere la propria posizione come “pittore di corte”.Oltre all’attività di ritrattista alterna la realizzazione di altre tele: scene di tragedia o di catastrofe, o di una serenità religiosa assai rara nella sua opera.
Del 1816 sono le trentatre tavole della Tauromachia; un’altra serie di incisioni, le Follie, iniziata contemporaneamente non sarà mai portata a termine.Nel 1819 acquista la casa della Quinta del sordo e lì dipinge alle pareti, tra il 1820 e il 1825, le Pitture nere, chiamate così perché prevalgono le tonalità cromatiche più cupe, che saranno staccate nel 1873 ed esposte a Parigi nel 1878, e successivamente donate al Prado dal barone d’Erlanger. Si tratta di opere dominate dalla paura, dal senso di vuoto e dalla bestialità, come esemplificato dall’immagine di Saturno che sbrana i propri figli. La disperazione raffigurata nelle “pitture nere” è anche quella di una Spagna dilaniata dalla guerra civile.
L’artista, nonostante la malattia, ha ancora un ‘intensa attività: gli ultimi dipinti sono veri capolavori, tra i quali il Ritratto di Juan Bautista de Muguiro, il Ritratto di Pio de Molina e la Lattaia di Bordeaux, Nel 1824, dopo un tentativo di ristabilire il governo liberale, Goya si trasferisce a Bordeaux, dove rimane fino alla morte, avvenuta il 16 aprile 1828.
Sito web:
Poetica:
L’arte di Goya ha aperto le porte alla pittura moderna: Delacroix, Daumier e Manet sono tra i più noti pittori che si sono ispirati a lui, è per questo che viene chiamato “il padre dell’arte moderna”.
Una pittura animata da un sottile sarcasmo, al fine di evidenziare l'ignoranza, la superstizione e l'incapacità dei membri della classe dominante. Un evidente ritratto dei vizi e delle miserie umane, reso in chiave allegorica, sarcastica e satirica atta a una concreta denuncia sociale che raffigura i mali che affliggevano la società spagnola: la superstizione che si nutriva dell'ignoranza del popolo, la corruzione che dilagava tra il clero e la nobiltà. Un'artista che si oppone con vigore e intelligenza al regime d'ignoranza fondato sui dogmi della morale ortodossa cattolica. Voce isolata nel panorama artistico neoclassico, Francisco Goya rifiutò l'estetica astratta e idealizzante della sua epoca. La sua arte propone un rinnovamento che anticipa soluzioni espressionistiche, assolutamente in contrapposizione rispetto alla produzione contemporanea. Non professa un ritorno all’antico, ma il ritorno a un'energia vitale primordiale e non a un principio ideale. Una poetica grottesca che si scaglia sulla drammaticità controversa delle circostanze. Goya è stato artista alla corte spagnola per un tempo che abbracciò parte della sua vita, poetica artistica la sua, derivante e pregna di contaminazioni delle tecniche d’affresco di Mengs e del linguaggio espressivo di Velázquez. Fu un'artista che sperimentò in diversi campi artistici. Le incisioni a cui diede vita sono tutt’ora significative nel panorama artistico moderno.
La sua pittura, è riuscita a superare le diffuse idee neoclassiche, il gusto figurativo settecentesco per ottenere una nuova libertà espressiva propria del Romanticismo, di cui anticipò, con gran coraggio, i motivi fantastici più tenebrosi. E’ per questo che si può ritenere Goya come colui che emanò il primo impulso al Romanticismo, riuscendo ad attraversare tutte le gamme espressive, dalla dolcezza di ritratti di bambini alla sensibilità della Maja desnuda fino all’orrore delle scene di guerra. Egli volle condannare la menzogna, il pregiudizio, arrivando al rifiuto di modelli assoluti di bellezza. La forza visionaria dell’inconscio lo porta ad amare il colore e l’ombra per rappresentare i mali della mente umana che impediscono la ragione della storia.
Goya fu un genio creatore in continua evoluzione fino alla fine della sua vita, neanche i suoi ottantadue anni, la malattia, la sordità e i gravi problemi di vista riuscirono a fermarlo.
A questo punto viene da domandarsi il perché un artista della seconda metà del settecento possa trovarsi in un’enciclopedia libera riguardante l’arte delle reti. Cos’è che accomuna questo pittore alle odierne tecnologie? Sembrano due mondi completamente lontani, quello di Goya e quello nostro, soprattutto per ciò che riguarda la cultura, la morale, la quotidianità, eppure, se riusciamo ad allargare il nostro orizzonte oltrepassando la semplice definizione di “precursore dell’arte moderna”, scopriremo un grande intellettuale, che anticipò, quella che oggi è l’etica della rete. Forse questa è un’affermazione un po’ troppo azzardata, ma è curioso provare a sviluppare questo parallelismo.
Alla base della creazione dell’arti delle reti telematiche c’è il pensiero di costruire un’arte collettiva, che consente la libera circolazione del sapere, la condivisione di esperienze e di idee e che si oppone al pensiero dominante, cioè l’individualismo, il profitto, la proprietà privata e la passività sociale. La rete è come un’opera d’arte che permette la creazione cooperativa e lo scambio di saperi. In questa ottica lo spettatore non ha il semplice ruolo di partecipatore, ma diventa regista, grazie ad una partecipazione collettiva. La figura di Goya, attraverso le sue grandi opere, sembra voler trasmetterci proprio questo: egli è andato contro, quella che era la cultura dominante, per “gridare” al mondo intero, quello che non era soltanto il suo pensiero, ma era la rappresentazione di una collettività, quindi di ogni singolo individuo. Goya non si è nascosto dinanzi alla grande quantità di pregiudizi, menzogne, falli comuni propri di ogni società civile. Egli ha voluto render partecipe tutto il mondo delle tragedie della guerra, dello “scandalo del male” arrivando poi alla creazione delle “pitture nere”, che trasmettevano i gravi problemi di una società “marcia” trasformati anch’essi in incubi collettivi.
Quindi come si può dire che l’arte di Goya non fosse l’arte della conoscenza, della memoria, della cooperazione, del rispetto, dell’esperienza e della critica?!
Opere:
Pinturas negras:
Nel 1819 risultano estremamente espressive e molto suggestive le “pitture nere”, situate nella nuova casa, nella campagna madrilena, chiamata in maniera evocativa la “Quinta del Sordo” (quinta, in spagnolo, significa esattamente “casa di campagna”). I Dipinti interamente realizzati ad olio direttamente sull’intonaco, ricoprono le pareti della sua casa in cui si ritirò dopo l’assedio alla corte spagnola da parte di quella francese che vide quest’ultima sostituirsi alla precedente. Dipinti notevolmente considerevoli poiché sono espressione - riflesso delle turbe interiori che il pittore ha vissuto e ha osservato per innumerevoli anni. Scene fantasmatiche e visionarie, rese a tinte fosche, squarciate da vividi lampi di luce studiati per rendere con accenti drammatici episodi brutali e tetri. La protagonista spietata e prepotente degli eventi e della storia era sempre la stessa: la violenza. Appena terminate le pitture, Goya cede la casa ad un nipote e si rifugia in Francia per via degli stravolgimenti politici di cui il contesto storico parlava. Le opere in questione contano un numero esatto di 14 dipinti che si stagliano sulle pareti del soggiorno e della sala da pranzo, riflesso concreto delle personali turbe interiori di un artista che concludeva la sua esistenza scosso dalla sordità che si imponeva sulla sua lucidità intellettuale.
- "Il Sabba delle streghe (Il gran caprone)"; Madrid, Museo Nacional del Prado
Baudelaire definisce quest’opera in uno dei suoi celebri componimenti:
“Incubo colmo d’arcani senza fine; feti cotti in un sabba, su qualche orrida balza; laide streghe allo specchio; ignude ragazzine che per tentare il diavolo si tiran su la calza.”
Trovano spazio il “mostruoso” e il “satanico”, terrificante emergere dal lato demoniaco dell’uomo, evidente nei volti trasfigurati, grotteschi e dalle sembianze animalesche dei presenti che, in cerchio, offrono vittime umane al caprone. La figura diabolica del caprone si staglia su un assembramento indistinto di teste mostruose, scimmiesche (quasi un cumulo di teschi), contratte in smorfie. Il bianco degli occhi spicca a tratti sull’ammasso cupo. Goya, che non credeva all’esistenza della stregoneria, considerava quello che lui riteneva il mito del culto delle streghe come un’espressione del male che si annida nella mente di ogni essere umano. Su tutto il ciclo si percepisce l’eco ridondante dello stato interiore dell’artista, provato da una lunga malattia che l’aveva reso sordo, stanco del sangue e del dolore in cui Napoleone e i francesi avevano gettato la sua amata terra, incredulo dinanzi alle ingiustizie subite dal popolo spagnolo dopo la Restaurazione e la salita al trono di Ferdinando VI.
- "La famiglia Osuna" olio su tela del 1788; Madrid - Museo del Prado
- "Famiglia di Carlo IV " olio su tela del 1800-01;
- "Maja desnuda" olio su tela presumibilmente dipinto intorno al 1800-03; Madrid - Museo del Prado
Per molto tempo si è pensato che questa coppia di dipinti incarnassero la duchessa d’Alba, con la quale Goya ebbe una relazione amorosa, ma le forme ed i lineamenti della nobildonna non rispecchiano quelle della Maja, come emerge da alcuni ritratti che l’artista gli realizzò. Inoltre, si ritiene che i due quadri fossero montati in una doppia cornice e che un meccanismo permettesse di far scomparire la Maja vestida svelando, con un piccante artificio, la sottostante Maja desnuda.
Il secondo dipinto provocò l’ira del tribunale dell’Inquisizione, perché era il primo nudo femminile della pittura spagnola dopo la lontana Venere allo specchio di Velazquez; ciò era vitatissimo in quell’epoca. Una particolare caratteristica della Maja desnuda è l’illuminazione fredda e quasi irreale che rischiara le forme del corpo femminile. La Maja vestida compare più provocante, grazie al suo sguardo profondo ed allusivo; il suo volto prende un colorito più caldo ed acceso, riflettendo le preziose stoffe di cui è rivestita.
- "Maja vestita" olio su tela presumibilmente dipinto nel 1800-03; Madrid - Museo del Prado
- "Il 3 maggio 1808: fucilazione alla Montana del Principe Pio" olio su tela del 1814;
- Pitture nere della Quinta del Sordo" del 1821-23 ca. ;
- Decorazione ad affresco nell'Eremitaggio di S. Antonio de la Florida del 1798;
- Ultima comunione di Giuseppe Colasanzio" olio su tela del 1819 esposto nella Scuole pie di S. Antonio Abad;
- "La duchessa d'Alba" olio su tela del 1795 appartenente alla Collezione del Duca de Alba.
- "La marchesa de Pontejos" olio su tela del 1788 ca. esposto nella National Gallery di Washington.
- "La lampada del diavolo" olio su tela appartenente alla serie delle Stregonerie del 1797-98 esposto nella National Gallery di Londra.
- "I Capricci", 80 tavole(acqueforti e acquetinte),1799,Madrid,museo del Prado
I Capricci è la serie di incisioni più famosa del maestro spagnolo (1746 – 1828). Composta da 80 tavole (acqueforti e acquetinte) di grande formato, viene realizzata nel 1799. Il termine 'capricci' vuol significare quei pensieri bizzarri che fanno sorgere raffigurazioni di fantasia.Prima di lui artisti come il Tiepolo e il Piranesi avevano realizzato dei "Capricci", ma con Goya il genere raggiunge il suo culmine.
Goya aveva l' intenzione di rappresentare i pregiudizi, le menzogne, le superstizioni, le assurdità e gli inganni degli esseri umani. La sua satira colpiva ogni classe e categoria, non risparmiando la Chiesa, la nobiltà e la stessa famiglia reale. Le incisioni, stampate in 300 esemplari, furono messe in vendita nel febbraio del 1799 in un negozio di liquori e profumi nella stessa via in cui abitava Goya. Le intenzioni dell'artista erano di ottenere un buon guadagno e mise anche un annuncio pubblicitario su un giornale di Madrid, in cui spiegava il significato della sua raccolta. Annuncio pubblicitario dal Diario de Madrid del 6 febbraio 1799
"Una collezione di stampe dai temi capricciosi, inventate e incise all'acquaforte da don Francisco Goya. L'autore, essendo persuaso del fatto che la censura degli errori e dei vizi umani (benché propria dell'Eloquenza e della Poesia) possa anche essere oggetto della Pittura, ha scelto come argomenti adatti alla sua opera, tra la moltitudine di stravaganze e falli comuni di ogni società civile, e tra i pregiudizi e menzogne popolari, autorizzati dalla consuetudine, dall'ignoranza o dall'interesse, quelli che ha ritenuto più idonei a fornir materia per il ridicolo e a esercitare allo stesso tempo la fantasia dell'artefice. [...] La Pittura (come la Poesia) sceglie dall'universale ciò che giudica più consono ai propri fini: riunisce in un unico personaggio fantastico circostanze e caratteristiche che la Natura ha suddiviso fra molti, e da una tale combinazione, ingegnosamente disposta, deriva quella felice imitazione per cui un buon artefice acquisisce il titolo di inventore e non di servile copista. È in vendita in calle del Desengaño 1, nella bottega dei profumi e liquori al prezzo, per ogni collezione di 80 stampe, di 320 reales."
L'artista esplora un vasto panorama di comportamenti, dalla frivolezza delle giovani fanciulle che sperano di accalappiare un ricco marito spesso con l’aiuto di donne più anziane che dispensano loro consigli, alle condotte viziose degli uomini di potere invischiati in losche vicende di corruzione e prostituzione, alla vanità della nobiltà, spesso rappresentata con delle maschere nel loro continuo voler apparire ciò che non sono, o la cattiva educazione impartita da genitori poco accorti ai loro bambini. Un grande capitolo viene dedicato alla stregoneria, molto spesso ritratta nella sua più cruda bestialità; ne è un esempio la tavola Soffia, dove alcuni bambini vengono mangiati durante una festa notturna oppure in A caccia di denti dove una strega cava i denti ad un impiccato.
I Capricci non ebbero una fortuna immediata, al punto che Goya, dalla cui vendita sperava in un ottimo guadagno, si vide costretto a cedere l’intera prima tiratura al Re Carlo IV, in cambio di una borsa di studio per il figlio Javier. Il successo della serie aumentò con la seconda edizione del 1855, fino a diventare una delle opere grafiche più importanti e celebrate della storia dell’arte.
Elenco esposizioni:
File multimediali:
Video:
Audio:
Altro:
Augmented reality:
Latitudine:
Longitudine:
Link verso portali di augmented reality
Bibliografia
Francisco Calvo Serraler, "Goya", Electa Mondadori,1996
Enciclopedia Rizzoli Larousse, edizione 2001, Rizzoli
Nicoletta Frapiccini, Nunzio Giustozzi, "Le Storie dell'Arte", Età moderna e contemporanea, volume 3, pag 47-53.
Webliografia:
Note:
Tipo di scheda:
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Soggetto (categoria) da Thesaurus Pico Cultura Italia:
Artisti, Pittori
Soggetto (categoria, tags) a testo libero:
Pittura, Incisione