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Alla ricerca dell' "Opera al Telefono"
Peter Lunenfeld Art Center College di Design
I. Il World Wide Web come Arte attraverso la Comunicazione
"Ascoltatemi ora o ascoltatemi più tardi...Prendetelo insieme, guardatelo. Prendetelo insieme, Ma Bell. Come Ma Bell, ho la comunicazione ammalata" The Beastie Boys [1]
"E' nel processo di utilizzo dello strumento che noi dobbiamo incontrare realmente la qualità dello strumento" Martin Heidegger [2]
Quando si accede ai provider del servizio locale Internet, il primo suono
che si sente è familiare, sono i sette toni rassicuranti di una chiamata
locale. Certo non altrettanto familiari come gli scatti del disco
combinatore del telefono (i quali ora sono per l'orecchio ciò che la
litografia è per l'occhio), questi toni della composizione telefonica sono
il punto di partenza per le esplorazioni del WWW.
I collegamenti tra il telefono e le forme dei nuovi media non sono
accidentali come potrebbero sembrare di primo acchito. Si potrebbe
cominciare con la massima spesso ripetuta che il "cyberspazio è dove sei
quando sei al telefono". E' difficile stimare l'impatto dei Laboratori Bell
sulla storia della computazione, la costruzione a nodi della rete è basata
sul modello del sistema telefonico interstatale. Gli anni '90 hanno visto
pressioni crescenti esercitate dalle compagnie di telecomunicazioni come
Nynex e Pacbell per determinare come gli ambienti on-line saranno tassati --
il quale non è che la caratteristica per definire la prossima fase di
crescita del Web. E dall'avvento dei sistemi cellulari, i telefoni sono
improvvisamente di nuovo sexy.
Questa rilevanza attuale della telefonia suggerisce una riconsiderazione
della storia dell'arte come comunicazione nel XX sec, e il tema correlato
del modo in cui le tecnologie portano con sè il peso dell'arte. Con
l'instantaneità della posta elettronica si sta determinando una rinascita
della cultura epistolare, Internet diventa -come la telefonia- un mezzo
comunicativo per eccellenza. Il Web ha emozionato produttori culturali (un
termine più ampio e meno problematico di "artisti") come nessun altro
sviluppo tecnologico dall'arrivo del video. Fin dall'inizio, la gente ha
attinto alle proprie proprietà comunicative, alle proprie abilità di creare
un dialogo tra produttore e spettatore, che rappresenta il primo passo verso
lo scopo compreso in maniera confusa della pratica estetica completamente
interattiva. Con ilweb, il computer diventa uno strumento unico nella storia
dei mezzi audio-visuali: per la prima volta, la stessa macchina serve come
luogo di produzione, distribuzione e ricezione.
II. L'arte attraverso il telefono
Coloro che cercano sofisticate strategie per trasformare il web in un mezzo capace di portare il peso dell'oggetto estetico dovrebbero interrogarsi prima sui mezzi di comunicazione. Il passaggio dal mezzo di comunicazione alla forma dell'arte sarà negoziata con maggior successo sul Web di quanto non sia stato per il telefono? Un modo per generare nuove domande, se non risposte, è di investigare la storia del modo in cui gli artisti hanno utilizzato i canali aperti e reattivi di altri mezzi antecedenti per ottenere interventi estetici. C'è mai stata alcuna arte importante creata specificatamente per il telefono? Ed è ciò distinto dal fatto se c'è mai stata un'arte sul telefono? Una distinzione è d'obbligo, perché nella sua prima esistenza, le comunicazioni telefoniche funzionavano come sistemi di distribuzione di proto-mezzi di comunicazione di massa, lungo le linee dell'attuale televisione cablata. La storica dei media Carolyn Marvin menziona la storia dell'uso del telefono come mezzo di trasmissione di informazioni e intrattenimeo al volgere del secolo. Partendo da prima ancora, come il 1881, ci furono esperimenti in Europa e negli USA usando le linee telefonica per trasmettere notizie, sermoni e intrattenimenti da un posto a un altro. I sovrani avevano linee in diretta installate dai teatri dell'opera, capi di stato dal parlamento, e stazioni pubbliche del telefono trasmettevano nell'ultima parte del secolo dai teatri popolari. Il sistema di distribuzione telefonica punto a punto più sostenuto durò oltre tre decenni in Ungheria, dove Telefon Hirmondò fu un impianto fisso dal 1892 al 1925. Orientati ai parlanti Magyar, classi nazionaliste elevate, Telefon Hirmondò offriva una scaletta di resoconto del mercato, notizie politiche e di affari esteri, sport e performances notturne da posti simili all'Opera House della Maestà Ungherese al Teatro Folk [3]. La prima proposta per un'arte specificatamente telefonica fu una provocazione non realizzata proposta dai dadaisti a Berlino nel 1920. L'Almanacco Dada propose che un artista potesse avere un ordine per il dipinto attraverso il telefono, e averla realizzata da un'artigiano. [4] Nel 1922, Lázló Maholy-Nagy dichiarò di avere quindi ordinato 5 vasi in porcellana dipinti e smaltati da un'impresa di insegne. Concorde con Maholy-Nagy, questo TelephoneBilder come egli li chiamò, erano creati quando egli abbozza i suoi dipinti su carta milllimetrata con una tabella a colori dall'impresa di fronte a lui e rilascia le sue istruzioni via telefono al supervisore dell'impresa all'altro capo della linea. Moholy-Nagy scrisse anni dopo del procedimento: il supervisore "prendeva nota delle forme dettate nella posizione corretta. (era come giocare a scacchi per corrispodenza" [5]. E' sensato che nel periodo di massimo sviluppo del concettualismo, il telefono rientrò nelle pratiche artistiche. Nel 1969, il museo d'arte contemporanea di Chicago, aprì uno show intitolato "arte al telefono". Il museo chiese ad oltre 30 artisti , includendo noti concettualisti, come Joseph Kosuth di telefonare al Museo o di rispondere alle chiamate del museo e quindi di istruire lo staff del museo a proposito del contributo per la mostra che volevano. Il museo quindi produceva i pezzi della mostra e li mostrava. Fu prodotto un "catalogo-disco", pieno di registrazioni degli impegni tra gli artisti e il museo. [6] La proposta che preferisco per questa mostra è il sondaggio dell'artista inglese Fluxus, Georges Brecht, sulle opinioni pubbliche a proposito dei suoi piani di muovere la massa di terra dalle Isole Britanniche al Mar Mediterraneo. [7] Nel 1980, Allen S.Bridge fondò l'Apology Line a New York. Un progetto che testò i confini tra arte e la cultura della confessione in evoluzione dei mass media, Bridge inviava volantini per la città offrendo un numero di telefono che la gente poteva chiamare anonimanente per scusarsi dei peccati reali o immaginati. Queste confessioni erano quindi riproposte come installazioni, cassette audio, e dopo la trascrizione pubblicate nell'Apology Magazine [8]. Negli anni '90, ci sono stati anche alcuni artisti contemporanei che hanno esplorato le possibilità estetica della nostra comunicazione più stabile. [9]. A Santa Monica, California, Martin Kersels collegò il suo telefono e il fax per scatenare una cacofonia di suoni registrati così ogni volta la suoniera si spegneva l'intero assemblaggio poteva sfociare in pazzia, portando ogni tipo di dibattito nella galleria a una sosta forzata. [10] Nel 1997 Ian Pollock e Anet Silk organizzarono Local 411, un progetto di telefono sul dispiegamento non ricompensato di 4000 persone per pulire la strada dal Museo di Arte Moderna di San Francisco al Centro di Moscone Convention. Local 411 metteva in risalto installazioni di suoni e performances live, centrati attorna a un sistema interattivo di posta vocale, che interpretava narrazioni sull'area di ognuno di quelli che chiamavano. Come gli artisti ironicamente notarono, l'entrata al local 411 "era al prezzo di una normale chiamata telefonica, ogni carico per locale e lunghe distanze applicate come dazio" [11] Anche se questa indagine dell'arte attraverso il telefono è incompleta, la sua natura abbreviata è indicativa della limitata influenza del telefono nel corso dell'arte del XX sec., d' avanguardia o popolare. Ciò è ovviamente in duro contrasto rispetto all'impatto dei film, radio e televisione [12]. L'arte attraverso il telefono - da Moholy-Nagy a Pollack e Silk- non ha sviluppato forme o strategie specifiche per il medium stesso. Il telefono non può dare credito a un'unica pratica estetica, come registrare il suono ha avuto con il single del pop, la televisione (e la radio prima di essa) può dichiarare legami con la sit-com, o il cinema che ha la caratteristica della lunghezza narrativa. Il titolo del saggio evoca qualcosa che non è: non c'è stata un'opera al telefono, non gesamtkunstwerk per questo mezzo di comunicazione. Ciò non implica che il telefono non è importante (il telefono ha modellato la modernità tanto quanto i mezzi di broadcast), solo che la telefonia non è un sistema che ha generato oggetti culturali sufficienti e discreti per inserirsi nei discorsi della critica e storia dell'arte.
IV. Il cadavere elettronico e il questionario digitale
Così le elucubrazioni a proposito delle opere al telefono che saranno future, offrono un'investigazione del Web? Partendo da due usi predefiniti del Web come arte attraverso la comunicazione: l'Electronic Corpse (cadavere elettronico) e il Digital Questionnaire (questionario digitale). Il cadavere elettronico nell'era digitale prende atto da Exquisite Corpse (cadavere vivo), meglio conosciuto come il gioco "parlor" dei surrealisti nei quali la carta era piegata o le frasi o le immagini erano iscritte dentro quadranti, ogni persona ignara dei contributi degli altri. La carta era quindi dispiegata e la frase o il disegno veniva visto nella sua totalità di schegge. Il gioco prende il nome dalla prima frase prodotta usando questo metodo: "il cadavere vivo può bere il vino giovane". Anche se creato per permettere il vantaggio di una comunicazione non mediata tra individui in prossimità, il Cadavere vivo è stato l'ispirazione per generazioni di sperimentazioni e sue estensioni all'interno dei mezzi di comunicazione è stato inesorabile [13]. Ci sono innumerevolli progetti sul web che inviano bits e bytes di arte da un punto di trasformazione a un altro, e gli artisti continuano a esplorare il potenziale dei pezzi del cadavere elettronico, il progetto di testo basato sul web di Douglas Davis "La frase: l'espolosione dell'armadio virtuale" <math240.lehman.cuny.edu/art>, c'è un interessante ipertrofia come frase combinatoria è cresciuta almeno troppo da essere letta. Il pezzo di Davis è meno di una giustapposizione che una semplice massa additiva di quasi infiniti contributi dai browser dei siti. Mentre questa strategia può essere produttiva quando basata sul testo, le cose diventano letteralmente confuse, quando si tratta di immagini visuali . Nel 1964 André Breton, due anni prima della sua morte, affermò che una degli intenti del Surrealismo era di "giungere al punto al quale la pittura doveva essere fatta da tutti, non da uno" [14]. Il web gira attorno a questo punto, nel quale le immagini possono essere inviate con tanta facilità da una persona a un'altra.Il gruppo di Bonnie Mitchell all'Università di Syracuse sta realizzando versioni on-line del Cadavere Vivo per alcuni anni ora con progetti come ArteCatena (1993), il Viaggio digitale (1994), e Sentieri Diversi (!1995). Chainreaction(199) è descritto come un "progetto di arte collaborativa che coinvolge la manipolazione delle immagini digitali e l'integrazione a rete di comunicazioni visuali e un ambiente visuale...." gli artisti collaborano per costruire la struttura delle immagini che riflettono la molteplicità dell'esperienza <ziris.syr.edu/ChainReaction/public_html/chainReaction.html> La Mitchell non è la sola nel suo desiderio di usare il potenziale comunicativo del Web per inviare immagini in giro per la terra, ma la domanda se il suo sforzo è di valore è un problema che rimane non risolto. [15] Il problema con l'Electronic Corpse è che i processi aggiuntivi e le manipolazioni multiple non necessariamente riflettono una "molteplicità di esperienze", e infatti troppo spesso finiscono in una triste uniformità di confuse masturbazioni. Gli artisti (e gli sviluppatori dei siti) tendono a creare l'Electronic Corpse semplicemente mostrando che sono capaci di collaborazioni in rete, non perché lo sforzo collaborativo risulterà in qualcosa più ricco o più complesso che il lavoro fatto individualmente o off-line. Electronic Corpse tende ad essere la dimostrazione del potenziale creativo piuttosto che sistemi degni di un impegno critico. Se la relazione centrale del Electronic Corpse è inviare i dati da punto a punto, allora quello del Questionario Digitale (Digital Questionnaire) è la risposta ai dati. La versione meglio conosciuta del Questionario Digitale è di Komar e Malmid "Most Wanted Paintings", <www.diacenter.org/km/search/index.html>. Questo sito meglio consosciuto fa da canovaccio individuale a proposito dei loro gusti estetici. Basato su questo materiale empirico, gli artisti quindi dipingono e inviano in diversi paesi i dipinti desiderati di più e di meno. Il quadro dei MOst Wanted negli stati uniti è un territorio su larga scala con cervi che stanno in un lago sotto un cielo con George Washington che li guarda. il meno voluto (modernismo sia dannato) è un piccolo quadro, rossastra astrazione di forme triangolari. Con il suo brillante gioco sull'ossessione post-industriale del West con sondaggi e ricerche di mercato, Komar e Melamid esplorano e criticano la promessa utopica della risposta diretta dell'artista ai desideri del pubblico, senza soccombere a questa promessa [16]
Il questionario digitale è così ovviamente di risonanza con le capacità comunicative del web che gli artisti hanno creato dozzine di variazioni, dal profilo Techno-ethno-grafico al sito di Guillermo Gómez-Peña, Roberto Sifuentes e James Luna's Cybervato <es.rice.edu/projects/Rice_Gallery/Fall95/CyberVato/> al sito di Victoria Vesna, Bodies© INCorporated <www.arts.ucsb.edu/bodiesinc>.[17] Quali artisti vogliono l'informazione dai loro utenti, non è una questione da dibattere in questa sede. E' piuttosto appropriato chiedere cosa fanno con questi dati. In particolare, se gli artisti richiedono dati agli utenti e a turno promettono di rispondere ai loro dati, sono obbligati a rispettare queste promesse? Gli accessi alla corrisponderenza Bodies© INCorporated rafforzano proprio questo tema, in quanto si tratta per forza di un' tica. Questo sito invita i partecipanti (Vesna preferisce questo termine a "utente") a costruire un corpo virtuale a parti predefinite del corpo, mappe texture, e suoni. Il corpo virtuale dei partecipanti quindi lega la comunità più ampia dei proprietari del corpo del sito. Mettendo da parte la banale premessa del sito, la possibilità di creare una rappresentazione del sè (comunque modificata o mascherata) ha il suo fascino, e molta gente risponde al questionairo di Vesna nella speranza di vedere i loro corpi resi tridimensionalmente sul sito. Bodies© INCorporated promette una ricompensa per partecipare ma li consegna? Nell'estate del 1996, il tale Borsi Tebroc lasciò i seguenti messaggi al bulletin board del sito:
" ATTENZIONE PROPRIETARI DEL CORPO!!!! AVETE ASPETTATO OLTRE 3 MESI, 6 MESI, UN ANNO!"!!! Sedete al vostro monitor in attesa aspettando per una risposta di qualche tipo dagli accademici e teste tecniche che vi adescano all'interno di questo negozio del corpo che è il sito?? Raggiungente centinaia di proprietrai di corpo che si domandano dove sono i loro corpi!!ORRORe! Mandateci le vostre testimonianze, mandateci le vostre angosce, diteci i racconti di sventura!! SCRIVETE la linea dell'angoscia della costruzione del corpo..."
Sembrerebbe, a un primo passo dentro il vostro sito web, che la partecipazione può rendere benefici ad entrambe le parti. Invece, dopo parecchi mesi di attesa e di ascolti da altri avendo aspettando oltre un anno che il corpo concreto è a solo una via! Voi avete i nostri dati, ora cosa deve succedere per finire l'impiccio!!!
Una parte integrale della comunicazione stabilisce una struttura di reciprocità: se un lavoro sul web richiede input dagli utenti nella promessa di qualche forma di risposta, c'è un imperativo a cui rispondere. Invece come ogni generalizzazione nell'arte, questa significa deve essere trasgredita, specialmente se il pezzo è concettualizzato specificatamente per frustare questo genere di reciprocità, se la sua reale funzione come arte attraverso la comunicazione è di dimostrare la difficoltà della comunicazione.
V. LA KILLER APPLICATION?
Confondendo questa abilità del mezzo di comunicare è la sfida al reale status del WWW come Killer App di Internet. La Killer App (App è l'abbreviazione di Application) è invece un altro Gral dell'industria dei computer: la combinazione hardware/software che crea un intero segmento di mercato per se stesso. Per la prima generazione di personal computer IBM nei primi anni '80, La killer App furono i fogli di calcolo elettronici (particolarmente il Lotus 123) che convinsero milioni di imprese che dovevano computerizzare per competere. Per il Macintosh Apple alla fine degli anni '80, fu la pubblicazione desktop (resa possibile dallo sviluppo del Postscript e altri pacchetti WYSIWYG- ciò che vedi è ciò che hai). Per la Silicon Graphics negli anni '90, la Killer App è stata l'animazione 3D (realizzata da programmi come Alias, WaveFront e SoftImage). Il web stesso è stato acclamato come la Killer app di Internet poichè aggiunse un'interfaccia visuale decisiva a un mezzo precedentemente basato sul testo. Consideriamo la sequente questione: è il concettualismo la Killer App dell'arte della comunicazione basata sul web? La risposta a ciò è molto contraddittoria. innanzitutto, l'arte concettuale rivendicata come Killer App viola la vera premessa dell'arte concettuale, almeno come Sol LeWitt la definì nel 1969: "Le convenzioni dell'arte sono alterate dai lavori dell'arte....L'arte di successo cambia la nostra comprensione delle convenzioni attraverso l'alterazione delle nostre percezioni" [18]. Quindi, se l'arte concettuale ha la funzione di una Killer App, lo può fare per non più di un istante, perché la sua vera presenza potrebbe alterare le condizioni dela sua produzione e consumo. Da un'altro lato, che sia o no la Killer App, una fase concettuale rigorosa può liberare il web come arte attraverso la comunicazione dai peggiori fallimenti sia dell'Electronic Corpse che dal Digital Questionnaire. C'è un collegamento qui ai progetti col telefono esposti in precedenza: quei pochi progetti hanno un taglio concettuale, perché essi non sono semplicemente riguardo il comunicare. Anzi, essi interrogano la vera e propria idea di comunicazione.C'è molto che può essere fatto sia a livello concettuale sia strutturale col Web. Gli artisti possono esplorare la tirannia degli stessi browser, il modo per cui nessun titolo è presentato nel browser dominante senza avere la parola "Netscape" che la precede. In nessun altro mezzo d'arte è questo il tipo di sfacciato promozione commerciale permessa: almeno "stampata su carta Kodak" appare sul retro della fotografia [19] Troppi artisti hanno inviato le home page senza interrogarsi su quale proliferazione di rappresentazioni individuali comporta per la rappresentazione stessa. Se noi leggiamo il progetto di Douglas Hubler degli anni '70, "fotografare qualunque cosa sia viva", come una satira concettuale del piano di August Sander dei primi del secolo per visualizzare la registrazione di ogni categoria di cittadinanza tedesca, quali cose possiamo fare noi del Web? Se ognuno con un computer è un bel pò avanti per la sua home page, allora il web sta avanzando verso la mappa di Jorge Louis Borges grande quanto il mondo. Con il Web, il catalogo di Sander e l'idea di Hubler sono - come nella frase di Davis- ipertrofizzati, non in un modo metonimico ma piuttosto in una rappresentazione stretta. Altre aree fertili possono includere le caratteristiche uniche per l'infrastruttura dell'informazione in Internet: considerando il file FAQ, acronimo per Domande Frequentemente Richieste. Il FAQ è una straordinaria invenzione che divaga, uno strumento pedagocio generalizzato progettato per condurre i nuovi utenti a velocizzare un tema o un topic di discussione, per prevenire la ripetizione on-line senza fin di domande che sono state considerate stabilite. Qui c'è un'arena ideal per il lavoro concettuale che può assumere non semplicemente con il web ma con la vera nozione di saggezza ricevuta in un'era mai più comunicativa. Così, chi sta svolgendo un lavoro concettualmente di stimolo su Internet? Una risposta è jodi.org <www.jodi.org>. Come molti dei mezzi elettronici, i siti web possono essere criticati sulle stesse direzioni delle performances live (che sono basate sul tempo e non necessariamente accessibili al lettore) piuttosto che a oggetti discreti (che possono essere catalogati, registrati, e presubilmente visitati nello stesso stato nel quale essi sono stati descritti). Detto ciò, ci sono alcune impressioni di jodi.org all'inizio del 1997. La prima schermata è semplice: linee di caratteri verdi su uno schermo nero, con una funzione di evidenziatore verde che ruota ciclicamente. Gli utenti da molto tempo del computer proveranno le loro esperienze con una sfumatura di nostalgia: per me, i carattere, colori e lo schermo nero sono reminiscenze del primo computer portatile che ho mai usato, un piccoloKaypro con un minuscolo schermo monocolore. Non ci sono identificatori, non tracce di autorialità o proprietà, nessuna indicatione che cliccando su questo scehrmo essenzialmente senza significato saremo condotti all'interno del resto del sito. La schermata successiva che deve apparire crea uno spazio reticolato vagamente 3dimensionale, con frecce direzionate di diversi colori. Cliccando su ogni elemento di questa pagina, semplicement risistemi la struttura e la direzione delle frecce. Questa sezione è certamente interattiva ma assolutamente senza scopo. Ci sono altri nodi del sito, essi sono indipendenti, ma alcuni connessi nelle interrogazioni dello schematico: dalla mappatura a 2.5 dimensioni del primo reticolato, alla mcchina del tempo stampata in blu, alle interfacce dell'era dell'informazione che schernisce la capacità di essere "amichevole" con l'utente di così tanta parte del web. Eppure il sito è enigmaticamente soddisfacente, l'home page di jodi.org è veramente il centro del progetto, per questo è l'ì un segreto. La gnosi che apre ai confronti inzializzati di un aspetto centrale della produzione estetica di Internet: il WWW è un mezzo nel quale il codice creativo -HTML e VRML e tutti quelli che verranno- è visibile nello stesso momento come oggetto audio-visuale. Il codice visibile del web si differenzia dal cinema, nel quale i frame non sono visibili mentre il film è proiettato, o dal video, nel quale il segnale analogico della cassetta non è mai visibile attraverso lo stesso strumento come matrice di suoni-immagini. La vacuità di far pulsare il verde e il nero di Jodi.org non è così vacua come sembra, cioè: uno ha giusto il bisogno di saper dove guardare. Nella barra dei menu di Netscape, c'è un comando per vedere "Sorgente del Documento". il codice sorgente apapre come documento di testo, e cosa è rivelato è ciò che c'è, un intero livello di testo d'arte ASCII, pittorico "sotto" la superficie di jodi.org. Anche questo può essere una reminiscenza dei primi giorni della computer art nei primi anni '60 e '70 quando Snoopy e glia lberi di Natale composti dai caratteri alfanumerici sono stati inviati dalle telescriventi nei laboratori di computer in tutto il paese. Riferendosi al grafico del popolo della classe digitale emergente, e nel contestualizzare ciò on materiale riccamente associativo nel sito in HTML, jodi.org concettualizza il codice come essenziale alla struttura del Web come arte attraverso la comunicazione. Così, è jodi.org l'opera al telefono, la Killer App del Web? Ceramente no, ma quale piacere gnostico!
Nota: questo testo sarà pubblicata come "In Search of the Telephone Opera: From Communications to Art" in Afterimage v. 25, n. 1 (July/August, 1997).
[1] The Beastie Boys, "Get It Together", dall'album Ill Communication (Los Angeles: Capitol Records, 1994)
[2]Martin Heidegger, "le origini del Lavoro dell'Arte" in "Poesia, Linguaggio, Pensiero", trad. Albert Hofsteadter (New York: Harper and Row, 1975), p.33.
[3] Carolyn Marvin, "Quando le vecchie tecnologie sono Nuove: Riflessioni sulle comunicazioni nel tardo XIX sec." (New York: Oxford University Press, 1988), pp. 209-231.
[4] Richard Huelsenbeck, ed. Dada-Almanach (Berlin: Erich Reiss, 1920).
[5] Lázló Moholy-Nagy, "La nuova visione e sintesi di un'artista"(New York: Wittenborn, 1947), p. 79. Non è certo se Moholy Nagy, che era a Berlino nel 1920 vide lo spettacolo dadaista. C'è anche una discussione sul fatto che egli fosse veramente chiamato nel TelephonBilder. Lucia Moholy dichiara che essi furono infatti, apocrifi. Lucia Moholy, "Marginalien zu Moholy-Nagy - Moholy-Nagy Marginal Notes" (Krefeld, 1972), p. 76. Un tentativo di fondere insieme le diverse dichiarazioni e smentite si trova in Louis Kaplan, "I dipinti del Telefono: riagganciando Moholy," Leonardo v. 26, n. 2 (April, 1993), pp. 165-168.
[6] Vedi "L'arte attraverso il telefono" il catalogo su disco record-catalogue dello spettacolo, al Museo di Arte Contemporanea, Chicago, 1969. Ho racimolato molto da Eduardo Kac, "Aspetti dell'Estetica delle Telecomunicazioni" nel libro di John Grimes e Gray Lorig, eds., "Siggraph Visual Proceedings" (New York: ACM, 1992), pp. 47-57. Si può trovare on-line al sito: <www.uky.edu/FineArts/Art/kac/Telecom.Paper.Siggrap.html>.
[7] Maurice Tuchman, "un report sul programma di Arte e tecnologia del
Museo di Arte della contea di Los Angeles" (Los Angeles: Los Angeles County
Museum of
Art, 1971), p. 56.
[8] VEdi l'ultima intervista rilasciata dall'artista prima della morte: Allen S. Bridge, Apology Magazine: The National Confession Issue 2 (New York: ottobre, 1995).
[9] Come per l'arte dei media di telecomunicazioni, ci sono telegrammi della serie "Sono ancora vivo" di On Kawara, che egli spedì accesi e spenti fin dal 1970. Il fax influenzò i suoi progetti d'arte, come nel 1982 "il mondo in 24 ore" e "ParteciFAx" nel 1984. Come noi ci muoviamo tra ulteriori ibridi della comunicazione punto-a-punto e tecnologie di visualizzazione, ci sono gli happenings del circuito chiuso televisivo degli anni '60 e primi anni '70 a cui Nam June Paik partecipò, con videro lettere tra gli artisti e il famoso buco nella spazio, progetto del 1979 di Kit Galloway e Sherry Rabinowitz (which established the still extant Electronic Cafe International).
[10] Lo spettacolo teatrale stesso era intitolata "Oggetto del commerciante/operatore (con parlanti)" Vedi David Pagel, "Sedie Musicali," frieze 25 (November-December, 1995), pp. 42-43.
[11] Ian Pollock e Janet Silk's "Local 411" fu messo in scena dal 20 gennaio 1997 al 17 febbraio a S.Francisco.
[12] Il collegamento tra film e pratica dell'arte è semplicemtne troppo numerosa da elencare in questa sede. Un punto di partenza è il recente catalogo dello show "La sala degli specchi: Arte e Film dal 1945" organizzata da Kerry Brougher al Museo di Arte Contemporane, Los Angeles, nel 1996, edito da Russell Ferguson e pubblicato nel 1996 dal museo e dalla Monacelli Press, New York. Sulla radio, vedi Douglas Kahn e Gregory Whitehead, eds., "immaginazione senza fili: Suoni, radio e avanguardia" (Cambridge: MIT Press, 1992). La collezione più recente delle intersezioni tra tecnologie videro e pratica dell'arte è il libro: "Michael Renov e Erika Suderburg, eds.,"Risoluzioni: Pratiche del video contemporanee" (Minneapolis: University of Minnesota Press,1996). Il collegamento tra arte e televisione è meno avvincente, ma comunque discusso e presento. Le recenti manifestazioni includono Joshua Decter, "MI consegni alla realtà?" (o è tutto in tv, teoreticamente)" Art+Text 54 (May, 1996) e il decisamente minore "mitomania: fantasie, favole e pure bugie nell'arte americana popolare contemporanea " di Bernard Welt (Los Angeles: Art issues. Press, 1996).
[13] La lettera sull'arte di Ray Johnson degli anni '50 e '60 è ovviamente una derivazione del cadavere vivo come fu "Fax vivo" degli anni '80 di Craig Ede. UN libro di fumetti basato sul tema che fu edito da Art Spiegelman e R. Sikoryak, "Il cadavere della narrativa: una storia a catena di 69 artisti" (New York and Richmond VA: Raw Books and Gates of Heck, 1995); Il centro di disegno organizzò il più grande show di lavoro collaborativo intitolato "il ritorno del Cadavre Exquis" nel 1993, il quale fu mostrato al Museo di Arte di Santa Monica nel 1994. Infine, c'è un sito web proprio intitolato "equisite Corpse" organizzato dal Jager Di Poala Kemp design<www.jdk.com/e|c_Home.html>.
[14] André Breton, "Contro i liquidatori" in "Cos'è il surrealismo?", Scritti selezionati, editi ed introdotti da Franklin Rosemont (New York: Monad Press, 1978), pp. 351-354, p. 352. Breton sta certamente rimaneggiando la massima di Lautrémont: "La poesia deve essere fatta da tutti, non da uno."
[15] Vedi, per esempio, la Collaborative Internet Art Online (CIAO) <www.dcs.qmw.ac.uk/~andrewn/pages/research/ciao.htm>, che allo stesso modo which similarly tralascia le sue regole per la maggior parte non verificate.
[16] Most Wanted comincia nel 1994 come progetto off-line. Per una discuassione estesa di questo progetto, vedere Laurie Ouellette, "Dipingere con i numeri" Afterimage 23, n. 5 (March/April, 1996), pp. 6-7.
[17] Nel testo che accompagna la Techno-Ethno-Graphic Profile si legge quanto segue: "Il seguente questionario, condotto da antropologi sperimentali Chicano, The following questionnaire, tenta di indagare i desideri dell'intera cultura e concernenti l'arte degli utenti di Internet. I risultati possono essere utilizzati come una fonte di ispirazione per una serie di performances e "diorama viventi" che attualmente hanno luogo al 'DiverseWorks,' Houston. Perfavore rispondete alle domande più ampiamente possibile, e se voi preferite rimanere anonimi, va bene comunque. O carnali, stiamo cercando modi innovativi per utilizzare questa tecnologia."
[18] Sol Lewitt, "Frasi sull'arte concettuale" in Ellen H. Johnson, ed., Artisti americani sull'arte americana, dal 1940 al 1980 (New York: Harper & Row, 1982), pp. 125-127, p. 126.
[19] Fabian Wagmister solleva il tema della tirannia dei browser nella sua presentazione al mio seminario "Dialoghi Digitali", presso l' Art Center College of Design, Pasadena, May 29, 1996. Vedi il modo in cui i suoi studenti all'UCLA School of Film and Television's Laboratory for New Media hanno giocato con "Netscape:" le caratteristiche dei loro lavori, distanziando il più possibile i loro titoli dall'immagine aziendale <pixels.filmtv.ucla.edu>.